mercoledì 6 novembre 2024

Pietro Cavallero, il primo brigatista.

E' difficile immaginare che possa nascere qualche cosa di buono da un carcere, o meglio, che possa scaturire un sentimento di altissimo valore spirituale dall'esistenza di un uomo chiuso per moltissimo tempo in una prigione. Per dei reati gravi e pesanti che ha commesso in una vita precedente, una vita da criminale spregiudicato, violento e disinteressato alla vita degli altri, se non della propria. Un passato da rivoluzionario che voleva cambiare il mondo rapinando banche e uffici postali per finanziare una delirante rivoluzione del popolo contro gli imperi capitalistici dell'Occidente. Pietro Cavallero da Torino da molti considerato il primo vero brigatista della storia italiana. Pietro Cavallero, capo dell'omonima banda accusato di sparare rispondeva che anche gli americani in Viet-Nam sparavano e uccidevano; impuniti ammazzavano anche vecchi e bambini. La sua duplice storia di rivoluzionario e criminale finisce a Milano nel 1967 nel corso di una rapina iniziata male e finita anche peggio conclusasi con tre morti incolpevoli stesi sull'asfalto e una macchina che sfreccia per le vie della città con i fuggiaschi che sparano all'impazzata seguiti dalla polizia. Che li prende e li arresta. Poi i processi. L'opinione pubblica che stranamente non si divide: tutti colpevolisti. Pena di morte, impiccateli! Hanno ucciso degli innocenti che passavano di lì per caso. E invece no! Immagino con grande rammarico dei nostalgici dei bei tempi della forca Pietro Cavallero e complici finiscono in un carcere di cui tanti continuano a sperare che si butti via la chiave. In tanti, ma non tutti. Tra questi c'è Ernesto Olivero, il missionario laico fondatore del Sermig che stringe un patto con Cavallero. Entrambi vedono riflessi negli occhi una promessa di aiuto e di redenzione e così è. Pietro Cavallero completa un lungo cammino di penitenza. redenzione e sincero pentimento donandosi agli altri senza riserve e senza distinzioni come quei malcapitati che aveva falciato durante la fuga. Olivero si fida della sua promessa e gli tende la mano in verità una volta sola perché il detenuto Cavallero, ormai in regime di semi-libertà non verrà mai meno alla promessa. Morirà nel 1997 consapevole che un'altra vita non gli sarebbe bastata per pentirsi di tutto il male fatto. La difficoltà nell'immaginare cose buone e giuste da vicende come queste sta nella differenza tra chi quelle persone le avrebbe impiccate subito o sepolte nelle segrete per sempre e chi invece conosce il dolore fatto, commesso e subito e si impegna per redimersi. Come ha fatto Pietro Cavallero e come fanno quelli che scrivono e raccontano della sua vita che rimane comunque, per il suo epilogo, esemplare. Vivere in un Paese che ha sancito la funzione riabilitativa della pena per tutti i reati anche il più grave dovrebbe aiutarci a capire il senso che dà alla Giustizia la nostra Costituzione. Peccato che ancora tante persone, quando si tratta di punire, abbiano sempre una dannata fretta di chiudere la questione. 

lunedì 4 novembre 2024

Vecchi reati e nuove polemiche: il valore di una magistratura indipendente

La recente riesumazione di vecchi casi di cronaca risalenti agli angosciosi anni '70 quale la coda del processo a carico di alcuni partecipanti al rapimento che costò la vita ad una povera e incolpevole ragazza e l'emergere dalle nebbie del passato della figura che per anni aveva tenuto in conti in sospeso con la giustizia a fronte del rapimento di Vittorio Vallarino Gancia (siamo nel 1975) dovrebbe aiutare a capire quale fondamentale importanza abbia una magistratura autonoma ed indipendente. Anche se la domanda che verrebbe spontaneo porsi è quella di come collocare in una scala di priorità la riapertura di processi per fatti risalenti a più di mezzo secolo sarebbe anche opportuno considerare che nel periodo intercorso le indagini possono avere preso un nuovo corso anche a fronte di inedite testimonianze o confessioni; indizi allora ritenuti di poco conto, analizzati alla luce delle nuove e più moderne tecniche di indagine potrebbero avere aperto nuovi scenari o corroborato ipotesi investigative alle quali non si riusciva a dare un riscontro. Ma perché la riapertura di questi processi sono da considerarsi come una grande risultato per l'opera della magistratura e un punto a sfavore di chi della magistratura cerca di limitarne il potere, ma soprattutto l'autonomia? Chi accusa i magistrati di schierarsi apertamente su posizioni di sinistra o comunque contrarie all'azione di governo dovrebbe riflettere sull'assunto che l'azione della Magistratura penale è sempre obbligatoria qualora emerga un elemento che assuma valenza di reato: l'emergere di un dettaglio importante legato ad un crimine, per esempio o una nuova luce su alcuni elementi considerati di poco conto in precedenza. Nel caso del rapimento di Gancia gli imputati sono stati, benché ormai ultraottantenni, pericolosi esponenti delle Brigate Rosse che seminarono terrore e lutti lungo una buona quindici di anni. Nel corso dello scontro a fuoco ingaggiato con i rapitori per liberare l’ostaggio, venne uccisa la compagna di Renato Curcio e ferito gravemente un carabiniere. Un componente della banda riuscì a fuggire e non venne mai identificato. Oggi sono emersi nuovi elementi e si va a processo. Inizio il 25 febbraio 2025 ad Alessandria. L'altro importante caso di cronaca che sta tenendo banco in questi giorni nelle aule del tribunale di Como, è quello relativo al rapimento di Cristina Mazzotti, allora diciottenne mai tornata a casa viva. Un rapimento rocambolesco con trasferimenti tra il nord, la Calabria e ritorno, viaggi in treno e in auto che hanno implicato la collaborazione di molte persone che allora riuscirono a farla franca. Oggi, grazie al lavoro di giudici scrupolosi, si apriranno nuove ipotesi sul rapimento, sulle ragioni di quel periodo di violenza che non risparmiava nessuno fosse per puro e semplice bramosia di denaro o false ideologie aberranti. La riapertura di questi processi con i nuovi lampi di luce che comporteranno per la comprensione di fatti lontani nel tempo sono emblematici degli importanti e irrinunciabili risultati di una Magistratura indipendente che non soppesa l'influenza dei poteri, non determina scale di valori e priorità sulle indagini da svolgere e opera solo per auspicare che la fiducia dei cittadini nei confronti della giustizia non venga mai meno. Molto difficile invero nel clima arroventato di questi giorni dove le forze politiche di governo stanno gettando discredito su giudici e magistrati, colpendo inconsapevolmente un delicato strumento che opera per il progresso della democrazia.  


giovedì 10 ottobre 2024

Memorie arrugginite


E' una notizia che è passata un po' in sordina, ma dato che oggi ricorre il 61° l'anniversario della tragedia del Vajont vale la pena informare che è stata digitalizzata e resa consultabile da tutti l’intera documentazione processuale relativa alla catastrofe della diga. Si tratta di una mole enorme di documenti raccolti in circa duemila faldoni contenenti atti processuali, memorie difensive, piantine, rilievi, perizie e immagini, che grazie alla buona qualità della digitalizzazione, sono anche di ottima definizione. Tutta la documentazione è consultabile su un sito che fa riferimento ai Beni Culturali e che attinge dall'Archivio di Stato di Belluno. Questa notizia l'ho appresa dal curatore e animatore del canale YouTube Lost Structures che da molti anni si occupa di recuperare la memoria storica delle opere che un tempo fecero crescere il nostro Paese e che oggi vedono solo crescere le erbacce. Tornando al Vajont e ai materiali oggi consultabili è probabile che possa ancora esserci un ultimo sussulto vitale del desiderio di memoria e che nel giro di qualche anno possano vedere la luce opere che portino alla scoperta di realtà ancora inesplorate sulla tragedia. Paolini potrebbe scrivere una delle sue memorabili pièce teatrali sullo sviluppo dei processi giudiziari e mettere in scena la vergognosa strategia di spostare i processi in centro Italia, all'Aquila per la precisione, per scoraggiare l'assieparsi di parenti desiderosi di conoscere la verità e vedere i colpevoli condannati. Avvocati, storici, giornalisti, ricercatori o semplici appassionati potranno mettere le mani su un patrimonio di informazioni che, attraverso una strada piuttosto che un'altra, porterà sempre allo stesso traguardo: quanto è grande e vasta l'insipienza umana. Ma che senso ha oggi recuperare la memoria di fatti che oggi potrebbero essere finiti tranquillamente nel dimenticatoio? Un senso lo può dare il lavoro che sta facendo il canale YouTube Lost Structures che partendo da evidenze come complessi industriali e militari abbandonati, impianti, anche di svago e divertimento, diventati cumuli di macerie e rifiuti, luoghi di intenso sfruttamento economico quali miniere, linee ferroviarie, cremagliere, funicolari e impianti di risalita propone interessanti riflessioni circa le ragioni che hanno contribuito a concepire opere grandiose destinate sfidare il tempo, ma che si sono dovute accontentare di pochi decenni di attività. Gli interessanti commenti del curatore del canale, la documentazione a compendio delle riprese derivante delle sue ricerche personali, fortuiti ritrovamenti di evidenze trascurate per anni unite ad una robusta competenza nel settore delle tecnologie costruttive e impiantistiche ci portano a fare valutazioni sulle circostanze che contribuirono a investimenti di miliardi di lire (di allora) di cui oggi rimane solo ruggine e rovina. La guerra, innanzitutto, che fosse combattuta, difensiva o fredda ha disseminato il nostro Paese di fortificazioni, tunnel scavati nelle montagne, impianti per telecomunicazioni segrete, basi per antenne e segnalazioni altrettanto segrete. Poi l'economia, il boom con la fame di energia elettrica. Ecco, dunque, gli invasi e le turbine che sconvolsero la morfologia di montagne spettacolari e in alcuni casi, vedi Vajont appunto, anche la vita di intere comunità, ma che fornivano le energie per fare crescere l'Italia industriale, moderna e proiettata nel futuro. E infine il divertimento che spesso si esaurisce in impianti sciistici abbandonati, funivie mai rimesse in funzione, discoteche diventate palestra per vandalismi di ogni sorta. Ma non si pensi alla denuncia dello scempio perpetrato in ragione dell'interesse di pochi. Per esempio, gli impianti idroelettrici che Lost Structures ha fatto conoscere sono stati costruiti ai tempi delle prime ferrovie che attraversavano le valli che declinavano verso la pianura Padana. Con l'energia prodotta si muovevano i treni, i primi insediamenti produttivi nel settore tessile, meccanico e cartario attingevano forza motrice e le comunità circostanti beneficiavano di luce e energia elettrica. Gli impianti, prima del gigantismo della SADE ovviamente, erano relativamente piccoli, ben costruiti e concepiti con ridondanze in modo da potere essere potenziati a fronte di un incremento della richiesta di energia. Le strade di collegamento sono ancora oggi in uso e vengono percorse anche per escursioni su panorami fantastici. Oggi tutto questo non è più recuperabile. Niente potrà essere messo in funzione. L'obsolescenza, l'inattività qualche calamità come alluvioni e terremoti hanno fatto il resto. Non da ultimo lo spopolamento delle valli che non giustifica più investimenti di tale portata. Oggi è solo la memoria che ci porta a visitare questi posti, una memoria non storica o ideologica, ma materiale derivante proprio da quello che posso toccare e vedere. Se poi qualcuno, bravo, preparato e competente ci da una mano a capire, è meglio. 

www.youtube.com/@LostStructures

https://www.archiviodigitale.icar.ben...

giovedì 3 ottobre 2024

Chiodo scaccia chiodo

Nella solita logica punitiva salviniana le colpe dello scompiglio ferroviario dello scorso 2 di Ottobre che ha sconvolto Centro e Sud Italia sono di una ditta esterna che ha incautamente piantato un chiodo che ha generato, in stretta successione, la serie di eventi nefasti succeduti ieri.  I colpevoli sono già stati messi di fronte alle loro responsabilità, tuona il ministro, e per sempre privati del privilegio di lavorare in futuro per le ferrovie. Va bene, chi sbaglia paga, ma era proprio il caso di fare pubblica accusa dei pasticci combinati da altri. "E' colpa di un chiodo piantato maldestramente". Ma era il caso di dirlo? Ci vantiamo di avere uno dei sistemi ferroviari ad alta velocità più avanzati del mondo, ma diventa vulnerabile per un buco fatto da uno sconsiderato. Allora questo vuol dire che i nostri viaggi in treno possono essere messi a rischio per una sbadataggine, non escluso anche per colpa di un sorcio, che notoriamente è goloso di cavi elettrici. Ma prima di sparare a zero su qualcuno (topi compresi), non sarebbe meglio aumentare le verifiche di sicurezza immaginando tutti i possibili incidenti, dai più insignificanti, vedi chiodo, ai più catastrofici (esiste qualche cosa del genere che si chiama recovery plan e lo usano già anche nei ristoranti e negli stabilimenti balneari). E non sarebbe anche opportuno controllare l'affidabilità delle aziende che collaborano, prima che il danno venga causato e non fare la faccia cattiva dopo? E chi avrebbe la responsabilità di testare l'affidabilità dei collaboratori esterni. Le Ferrovie; ma dai? E poi è il caso di dire che le nostre ferrovie possono essere messe ko da un chiodo? Se qualche fanatico comunista, anarchico e ambientalista (per non menzionare altre categorie care al ministro Salvini) gli venisse in mente di piantare un altro chiodo, questa volta al nord. cosa avremmo il Paese bloccato per due chiodi?

Non poteva il ministro Salvini rispondere democristianamente con le solite frasi tipo "stiamo monitorando gli eventi, stiamo attuando i provvedimenti d'emergenza previsti, cercheremo le cause e i responsabili" sapendo che nessun responsabile sarebbe mai stato punito?

Non poteva Salvini non lasciarsi sfuggire per una volta l'occasione per stare zitto?

 

 

martedì 17 settembre 2024

Ma quali confini?


Salvini ha decisamente toccato il fondo con la sua retorica fuori luogo sulla difesa dei confini della patria. Ha funzionato per un po' giusto il tempo per prendere voti e acquisire notorietà, ma adesso la misura è colma. Inascoltabile. Anche perchè l'idea di difendere qualchecosa deve necessariamente essere abbinata ad un qualcuno da combattere. E nella retorica salviniana quasi mai chi attenta all'integrità della patria sono i profughi disgraziati, ma tutti quelli che ci girano intorno: ecco dunque le accuse agli operatori delle ONG, ai giudici, alla sinistra buonista, insomma tutto il mondo civile che semplicemente non la pensa come lui. E che non pensa neppure a lui. E' bene che Salvini, che adesso dovrà solo difendere se stesso dalle gravi accuse che gli sono state addebitate, sappia che qualcuno che difende la patria, lecitamente e onorevolmente, esiste veramente. In primis il presidente Mattarella sempre vigile nel difendere i confini della nostra Costituzione quando i principi fondanti che sono democratici, solidaristici e antifascisti vengono attaccati dalle manovre subdole di chi ritiene di poterle scardinare. Il suo operato è attento, inesorabile, puntiglioso e rigoroso. Mattarella difende i confini della Carta Costituzionale dagli attacchi che potrebbero minare la nostra idea di libertà e di convivenza. E non se ne vanta. E' la senatrice Segre che difende con forza e senza sconti i confini della civiltà dagli attacchi delle barbarie che ormai attentano continuamente alla storia del nostro Paese rileggendo i fatti più esecrabili del nostro passato recente con una ingiustificabile clemenza. Anche chi ha deciso di perlustrare il tratto di mare più segnato da invisibili lapidi del mondo e che aiuta dando una mano a chi di confini ne ha superati tanti, troppi e non vuole che il mare diventi il confine che non si riesce a superare. La mano tesa di chi li salva è la difesa della dignità dell'Uomo. Ma anche loro non se ne vantano. Al massimo presenziano al processo di Salvini a Palermo. E in ultimo, se proprio vogliamo fare della retorica, parliamo delle decine di migliaia di giovani italiani, tanti del sud, che sono morti difendendo, loro si, i confini della patria dell'Italia della guerra della prima guerra mondiale. Giovani e morti per ragioni indecifrabili, difficili da comprendere. Loro avrebbero diritto a dire che hanno difeso i confini della patria. Nessuno di loro ha potuto però difendersi dall'orribile macello della guerra. Salvini si consideri fortunato a non avere fatto la guerra. 

Genny 'a kultura

Il caso Sangiuliano non deve stupire per l'avvicendarsi delle situazioni scabrose e boccaccesche che hanno ravvivato questi ultimi giorni di un'estate afosa. Cambiano le latitudini, le lingue parlate, i colori dei governi, ma i clichè della vicenda sono sempre i medesimi: il potente di turno che perde la testa per un'avventuriera affamata di successo e di notorietà. Seguono le facilonerie, gli strafalcioni istituzionali, i gesti avventati seguiti da ripicche e ricatti. E tutto viene alla luce. Sangiuliano è saltato. Era il più debole tra tutta la compagine di ministri, il meno attrezzato (oltre che il meno preparato) e anche il meno dotato (phisique du rol). E allora ha dato fondo all'unica arma che aveva: il potere. Usandolo male come d'altra parte fanno tutti quelli di questo governo. Ma il potere è uno strumento che serve per governare il bene comune. Usato a sproposito è micidiale. Per tutti. 

giovedì 1 agosto 2024

Ma proprio lei?

 Ma come, proprio lei, Presidente Meloni, rintuzza la polemica sull'atleta algerina Imane Kelif? Giorgia Meloni "il" Presidente del Consiglio (per sua specifica richiesta) contro "il" campione di boxe algerino?

A questo punto è forse solo una questione di articoli?




martedì 30 luglio 2024

Opere di bene

A dimissioni avvenute, qualche considerazione sull'ex presidente della Liguria Giovanni Toti, che dopo ottanta giorni di reclusione domiciliare avrà ora tutto il tempo per preparare la sua difesa e arrivare ad una auspicabile assoluzione. Auspicabile perchè il buon Giovanni è assolutamente convinto di avere saggiamente e rettamente governato la Regione che i suoi elettori gli hanno affidato. La convinzione che abbia fatto solo del bene è talmente forte che i giudici in sede di valutazione, con immaginabile sconcerto, hanno preferito mantenere le misure cautelative perchè, a loro giudizio, l'indagato dimostra di non avere  compreso appieno i carichi di responsabilità penale che gli vengono addossati. Toti onesto, fino in fondo, vede solo il bene dove gli altri vedono il torbido. Tuttavia una considerazione un po' tendenziosa è giusto farsela: ma se anche non avesse fatto nulla di male, di bene che cosa ha fatto? E' possibile che un presidente di Regione passi buona parte del suo tempo (vedi fonti investigative) a bordo di barche di lusso di imprenditori che tengono in mano le principali attività economiche della città? E che discuta di concessioni di spiagge e accessi al mare a favore di speculatori edilizi che, nonostante il sacco edilizo della Liguria degli anni passati, continuano a costruire sulla riva del mare. E' che accordi spazi e terreni per la costruzione di centri commerciali di una nota catena che ha sempre osteggiato le cooperative a falce e carrello? Ma di buono per la sua terra che cosa faceva? Che provvedimenti ha preso per contrastare lo squilibrio idrogeologico che ad ogni temporale trasforma città e paesi in fiumane aquitrinose? Per migliorre il sistema viario che è un disastro ormai da anni? Per rivitalizzare una delle regioni con il più basso tasso di natilità d'Europa? Per i servizi sanitari che continuano ad essere tagliati rischiando di fare diventare borghi e paesi dell'entroterra dei villaggi fantasma? Toti non avrà fatto niente di male, ma neppure di bene.


martedì 9 luglio 2024

Captain Berlusconi speaking

Leonardo da Vinci, Marco Polo, Cristoforo Colombo, Silvio Berlusconi. Chi è l'intruso? Un grande scienziato e due famosi navigatori ognuno con il suo bell'aeroporto intitolato (rispettivamente Roma, Venezia e Genova) e un...politico? imprenditore? donnaiuolo? evasore? Berlusconi è una persecuzione per questo Paese. E' passato un anno dalla sua scomparsa e ancora riesce a fare quello che ha sempre fatto: dividere gli italiani. Anche da morto. Diciamo che i vivi comunque si danno da fare per assecondarlo. La mossa di Salvini di proporre l'intitolazione dell'aeroporto della brughiera al Berlusca ha lasciato molti dubbiosi e perplessi. Ma è il caso? Così presto? Ma che cosa avrà fatto per meritarselo. Diciamo poco, e sicuramente niente per l'aviazione. La conquista dei cieli dai fratelli Wright alle stazioni spaziali orbitanti sono il risultato di decenni di ricerche analisi, impegno intellettuale, prove e riprove, esperimenti e contro esperimenti. Insomma quello che si dice lo studio e il sacrificio. Oggi possiamo affrontare viaggi in aereo in sicurezza perchè ingegneri, ricercatori, fisici e studiosi si impegnano ogni giorno in scuole, università, centri di ricerche, gallerie del vento, laboratori e uffici di progettazione. Diciamoci la verità: a Berlusconi questa "roba" qui ha sempre dato un po' fastidio. Era lui che inviata le "belle ragazze" a sistemarsi sposando uno ricco e da premier inviatava gli imprenditori esteri a investire in Italia perché "ci sono delle belle segretarie". Le sue riforme per la scuola hanno contribuito ad una precarizzazione del corpo docente e a rendere la carriera da insegnante una strada di ripiego. E a prosciugare le già scarse risorse di cui la scuola italiana ha sempre avuto gran bisogno. Diciamocela tutta: fosse per la convinzione di Berlusconi verso lo studio oggi non avremmo neppure gli aerei con le ali di tela cerata. Ma lui sicuramente il suo contributo all'aviazione lo avrebbe dato: avrebbe inventato le hostess!

mercoledì 3 luglio 2024

Formidabili quei pazzi

Gli anni che hanno percorso la storia italiana che vanno dagli inizi degli anni '60 fino alla metà degli anni '70 sono stati gli anni del cosiddetto "disgelo costituzionale" quando cioè dall'immobilismo degli anni precedenti si decide di mettere mano alle riforme che la nostra Costituzione reclamava ormai da parecchi anni: scuola, diritti civili, lavoro, emancipazione femminile, mobilità sociale, sindacati e tutele operaie. Ma sono stati anche gli anni delle riforme a favore della salute soprattutto di donne, madri, minori e anziani. Compresa quella di una categoria di persone allora ritenute invisibile: i pazzi. Un’immagine di cosa fosse in quegli anni la condizione del malato psichiatrico ce la restituisce un podcast disponibile su Rai Play Sound che riprende tutti i servizi che la Rai trasmise sull'argomento in quegli anni. Le cure psichiatriche cominciarono a diventare argomento non più solo di medicina, ma anche di lotta, rivolta e "impegno" da parte di studenti, giovani medici, giornalisti e fotografi che entrarono di soppiatto nel mondo sospeso negli sterminati manicomi all’epoca ancora in funzione. Ma anche grandi firme della televisione di allora come Sergio Zavoli affrontarono gli scenari apocalittici che si presentavano ai giovani psichiatri che avevano altre idee sulle malattie mentali.  In primis Franco Basaglia direttore sanitario presso le strutture manicomiali che fecero da guida per la rivoluzione della legge 180 del 1978: Gorizia, Parma e Trieste. Entrare in un manicomio era un'esperienza allucinante. Ma la Rai ci entrò e diffuse immagini terribili e inimmaginabili in un periodo in cui la televisione di Stato non era ancora “lottizzata” ma dipendeva direttamente dagli umori del Governo per quanto riguardava scelte editoriali e palinsesti. Eppure il tema della cura del disagio mentale e della inadeguatezza delle strutture e delle persone deputate a proteggere il malato la Rai lo affrontò per tanti anni fino alla promulgazione della legge 180 del 1978 che eliminerà la vergogna dei manicomi e degli inumani trattamenti praticati da medici senza scrupoli - è emblematica la figura del professor Giorgio Coda detto l'"elettricista di Collegno" per l'uso spregiudicato dell'elettroshock - ma riaprirà nuove tensioni e criticità per molti versi dibattuti ancora oggi. La Rai di allora si fece carico di questo aspetto e lo illustrò con grande senso di responsabilità dando voce ai tanti, medici, infermieri, volontari, associazioni e politici, ma anche pazienti e ex malati che presero a cuore il problema del disagio mentale. Sopra tutte ovviamente la voce di Franco Basaglia e il suo costante impegno per traslare la visione del problema dalla malattia mentale alla persona coadiuvato dalla moglie Franca Ongaro e dalla giovane generazione di medici che iniziarono a lavorare con e come lui. Il podcast è un utile e interessante collage di documenti e testimonianze realizzate in tempi in cui era forte il timore che le forze che governavano il Paese potessero mettere tutto a tacere. Eppure giornalisti coraggiosi, capaci e sensibili hanno denunciato una situazione di enorme degrado che sarebbe difficilmente emersa. In un’Italia in cui il venerdì Santo si impediva che Carosello andasse in onda per assecondare il digiuno imposto per precetto, una bella conquista di impegno civile. 

Archivi della follia: in cerca di Franco Basaglia - Scritto e realizzato da Vanessa Roghi - Disponibile su RaiPlaySound

Mettiamoci la pezza

La senatrice Liliana Segre ha ritenuto opportuno chiedersi se sarà ancora necessario scappare dal proprio Paese per evitare nuove discriminazioni. Posso immaginare il dolore e la rabbia della senatrice che oltrepassati i novant'anni si trova ancora a dovere assistere all'ennesima sconcia rappresentazione di fanatici e teste rasate che inveiscono contro ebrei, diversi e avversari politici. Subito accorrono i rappresentanti dei partiti di maggioranza per escludere ogni pericolo di ritorni al passato, deportazioni, progrom o notte dei cristalli. 

Ma il fatto che una persona, si, basta anche una sola, abbia avvertito la sensazione di sentirsi in pericolo, comporta il fallimento della politica. Le rassicurazioni sono forse peggio del buco.

martedì 18 giugno 2024

(Ri)Giriamo il sasso


Dove erano tutti i fanatici dei saluti romani, degli attacchi omofobi, delle discriminazioni razziali, dell'apologia del fascismo, della rievocazioe dei forni crematori, dell'uomo solo al comando, del duce che ha fatto anche cose buone? Dove erano tutte queste figure mentre una giovane democrazia volgeva lo sguardo verso un futuro difficile e impervio? Erano personaggi che vagavano nell'ombra per nascondere segreti, confondere le tracce, contraffare le prove. Erano persone che agivano al crepuscolo. Difficili da prendere: scaltri, veloci, iperprotetti da guarentigie politiche ed economiche. Ma oggi è diverso. Una pietra levigata scaldata dal sole e delavata dalla pioggia una volta girata mostra al mondo la sua vita sotterranea fatta di vermi, larve, lombrichi che si agitano e si dimenano. Ecco chi sono queste figure che oggi vogliono riprendersi la scena con gesti plateali, affermazioni aberranti, conclusioni senza capo né coda. Scaldati dal sole che non hanno mai visto e inebriati dalla luce a lungo negata rivendicano il diritto di dire la propria. Senza limiti, scavalcando il normale buon senso della storia, in spregio alla sofferenza di coloro che questo Paese hanno contribuito a costruire. Fino a quando qualcuno rivolterà la pietra che ha mostrato al mondo il verminaio e il mondo al contrario tornerà ad essere quello dove un popolo civile potrà pensare di essere in una comunità di giusti. 

martedì 11 giugno 2024

"Dove eravamo rimasti?"

Mimmo Lucano è stato eletto al Parlamento Europeo e tornerà nuovamente anche a fare il sindaco della sua Riace. E' un po' il "dove eravamo rimasti?" di Enzo Tortora tornato dopo anni di penoso e ingiusto supplizio a fare la sua amata televisione. Mimmo Lucano ha subito detto che molte persone non sono contente del suo ritorno e ha citato un nome, sopra a tutti: Matteo Salvini. Ha ricordato l'accanimento con il quale un certo mondo gli si è rivoltato contro, le accuse che gli sono state mosse, il discredito della sua persona e il disprezzo del suo lavoro. Ma stia tranquillo il neo eletto: nessuno lo accuserà più. Nessuno lo accuserà di essere un delinquente, un colluso con le organizzazioni dei trafficanti di uomini. Nessuno oserà più alzare un dito contro di lui perchè Mimmo Lucano è tornato agli onori del mondo. I vigliacchi attaccano quando la preda è debole. Quando arranchi dentro una fossa loro ti calpestano le mani, ma se fai tanto di uscirne sono pronti a scappare. Sentono l'odore del sangue e istigano il popolo alla lapidazione, ma non tirano una pietra. Inneggiano alla guerra santa contro il nemico, ma sono i primi a defilarsi. Protetti da una carica, una divisa o un supposto privilegio abusano dei propri poteri per procurare ulteriori sofferenze a chi già soffre. Come il secondino sadico del Miglio Verde, che alla fine verrà fagocitato dalla propria malvagità. Nessuno di questi procurerà più fastidio perchè l'unica cosa di cui hanno paura è il coraggio. Degli altri.

martedì 4 giugno 2024

L'ultimo caduto della Guerra

Uno degli episodi più toccanti della famosa serie televisiva "The Twilight Zone" andata in onda negli Stati Uniti a cavallo degli anni '50 e '60 è quello ambientato ai tempi della guerra di Secessione nel corso della quale l'esercito americano si scontrò in una sanguinosa serie di battaglie campali contro gli Stati Confederati del Sud intenzionati a non cedere alla pressione degli Stati del Nord principalmente per l'abolizione della schiavitù. Abramo Lincoln era il Presidente e la guerra fu infine vinta dall'esercito federale; la popolazione nera americana potè ufficialmente dirsi libera anche se sarebbe stato ancora necessario percorrere una lunga e tortuosa strada che sarebbe passata anche attraverso la morte del presidente Lincoln assassinato per mano di un fanatico. Ma andiamo all'episodio: una turba disperata di soldati di entrambi gli schieramenti passa ininterrottamente davanti ad una casa in stile coloniale che vide sicuramente tempi migliori e che deve adesso adattarsi allo sfacelo della guerra persa e alla malinconia delle sale, un tempo fastose e adesso vuote e silenziose.  Seduta su una sedia con aria affranta e in preda a febbri maligne sta una donna dalla bellezza sfiorita. Aspetta il marito partito per la guerra con l'esercito sudista. Partito e non ancora tornato. Lavinia aspetta, ma tutto assume un'aspetto spettrale. La folla di disperati cammina in silenzio trascinandosi cenciosa, zoppa e mutilata. Passa un soldato sudista. Si offre di fare compagnia alla donna che accetta solo perchè con la chitarra rievoca una canzone che le ricorda Jud, suo marito. Passa un soldato a cavallo. Ha la divisa del nemico. Lavinia gli spara, ma lo sparo non lo scalfisce neppure. Non ha volto, non ha corpo. Ormai è solo uno spirito diretto verso un dove che nessuno conosce. Arriva anche Jud, ma anche lui deve andare non può fermarsi. E' indifferente ai progetti che gli espone la moglie per ripristinare la casa, piantare i fiori, badare al raccolto. Deve andare. Lavinia non capisce. E' sconvolta. Si getta a terra chiamando Jud. Ormai sulla strada non passa più nessuno se non un uomo vestito di nero con un cappello a cilindro in testa. Tende una mano gentile e premurosa alla donna che si rialza e lo guarda. E' Abramo Lincoln, l'ultima vittima della guerra. Le sorride e con tenerezza le indica la strada invitandola a seguire il marito. Anche lei ha superato la paura che tanto spaventa gli uomini perchè "la morte, fine necessaria, verrà quando verrà".

The Twilight Zone (Ai Confini della Realtà) Stagione 3 Episodio 4 - The Passersby - Trasmesso negli USA il 6 Ottobre 1961

giovedì 30 maggio 2024

Do you laic?

Forse è bene che qualcuno spieghi a Giorgia Meloni che uno stato laico non è quel posto meraviglioso dove non solo la religione non influenza la vita civile, ma anche dove una  comunità che forma un Paese con le proprie idee, e convinzioni religiose è in grado di esprimerle e praticarle senza  ingerenenze o limitazioni. Tutte le religioni, nessuna esclusa. Tenuto conto però dei molti impedimenti che vengono posti in essere quando si tratta di concedere spazi per la preghiera e le liturgie musulmane, sembra che la laicità vada, è il caso di dirlo, a farsi benedire. 

L'invocazione beffarda di Meloni ai magistrati spronati a indagare sull'Imam di Torino suona male in un Paese che invoca la laicità dimenticandosi che l'opera della Magistratura è indipendente e non ascolta richiami o direttive da nessuno, tanto meno dalla politica. Un altro bello scivolone sulla laicità. 

La nostra premier invoca l'intervento della Magistratura sull'Imam per supposta propoganda jihadista avvenuta in occasione dell'occupazione dell'università di Torino. E' doveroso certamente nel caso in cui si approfittasse di una sede istituzionale per diffondere proclami violenti indagare i facinorosi, processarli e condannarli. Ma se si fosse trattato di un'opinione politica espressa da un una persona sentimentalmente vicina ad un popolo che sta subendo un assurdo martirio per accusare gli autori di questa sciagurata carneficina, allora, forse è meglio parlare di libera espressione di un'idea e non si può accusare una persona di terrorismo solo perchè parla arabo. 

La presidente del consiglio richiama i principi della reciprocità asserendo che gli islamici pretendono di fare proseliti "a casa nostra" e poi impongono di togliere il crocefisso dalle aule. A parte il fatto che il crocefisso andrebbe subito tolto da tutti i locali pubblici, non per imposizione altrui, ma per intelligenza e spirito laico dello Stato che deve evitare tutto quanto può essere divisivo. Come capita spesso con l'avvento del populismo al potere si tende spesso (e malignamente) a confondere fede e tradizione. Il simbolo della cristianità appeso ad un muro come la pizza e il parmigiano e guai a chi ce li toglie. 

La nostra premier dovrebbe fare molta attenzione prima di lanciare strali contro gli esponenti di altre religioni, in primis musulmani, trincerandosi dietro le supposte attività di terrorismo o di radicalizzazione di giovani universitari. Il processo di integrazione del nostro Paese, è lungo e complesso, ma soprattutto delicato e la consapevolezza che centinaia di migliaia di uomini e donne di buona volontà lavorano quotidianamente per formare gli italiani di domani dovrebbe fare pensare prima di parlare. 

giovedì 9 maggio 2024

L' America in bianco e bianco


"Gli italiani sono solo quelli con la pelle bianca", ha dichiarato quel tale che dismessa la divisa da militare si sta prodigando per raccogliere consensi e portare le sue belle idee nel cuore dell'Europa. "Quelli che hanno la pelle nera li rispetto, ma non sono italiani" ha rintuzzato il generale, giusto per ribadire il concetto. Peccato perchè il vero punto della questione non è la nazionalità concessa per supposte virtù cromatiche, ma un senso più alto di "nazione" (in questo caso si può dire) che abbia solidi presupposti di apertura e disponibilità nei confronti di chi, venedo da fuori, ci porta diversità di vedute, ovvero ricchezza culturale. Sicuramente Vannacci non è il primo a vedere con una scala cromatica ridotta la società in cui vive. Gli Stati Uniti degli anni '50 nel periodo del boom economico seguito al dopoguerra sognavano ancora una società di soli bianchi, possibilmente biondi, protestanti e di origini anglosassoni. I neri semplicemente non esistevano; gli era preclusa ogni presenza nei quadretti idilliaci che rappresentavano il più alto standard di vita dell'occidente. Le prove schiaccianti sono le pubblicità che campeggiavano sui giornali e sulle riviste rivolte alla classe media americana alla ricerca dei simboli del benessere: automobili, elettrodomestici, viaggi. Non c'è una faccia nera, non una. Solo bianchi, belli, sani e felici. Li trovi su lucenti automobili cariche di cromature, soddisfatti davanti all'apertura di un frigorifero pieno di prelibatezze e estasiati durante il decollo dell'aereo che li porterà in Florida per le vacanze di Natale. Non si considera che all'autolavaggio che ha reso brillante la macchina nuova ci lavori un ragazzo di colore, che il latte, la birra che riempiono il frigorifero siano stati consegnati da un fattorino nero e che l'addetto ai bagagli dell'aeroporto di partenza sia un uomo con la pelle nera che in vita sua ha fatto solo lavori di fatica. Eppure c'era già stato Lincoln, l'esercito sudista e schiavista era stato battuto, i soldati afroamericani avevano combattuto in Europa, erano sbarcati in Normandia per liberarci dalle dittature. Ma questo non sembrava interessare a chi insisteva in una rappresentazione di un'America mono razza, mono colore, mono religiosa. Bisognerà aspettare la fine degli anni '60 per vedere finalmente su una pubblicità una famiglia di neri che sceglie un'automobile in una concessionaria. Nel frattempo avevano anche ammazzato un leader afroamericano e un probabile presidente che si batteva per i pari diritti di tutte le minoranze. Poi, molto dopo, è arrivato Vannacci che ci crede veramente, ma soprattutto ciecamente considerato che il mondo, anche quello delle pubblicità specchio dei tempi, è rappresentato con tutti i colori del mondo. 


giovedì 18 aprile 2024

La forza della reazione

Dice bene il giudice Gherardo Colombo nel suo podcast "lo Stato parallelo" (lo trovate su Rai Play Sound) dove racconta il suo operato di procuratore alla ricerca delle trame legate alla loggia P2: ogni qual volta arrivano ondate di progresso sociale e civile, ovvero quando uno dei precetti fondamentali della nostra Costituzione viene attuato, la reazione interviene con azioni rivolte a diminuirne gli effetti. Così è stato agli inizi degli anni '70 con le conquiste dello Statuto dei Lavoratori, i movimenti operai e sindacali. l'affermazione del divorzio e la legge sull'aborto. Tutto il resto del decennio è stato un susseguirsi di attentati, stragi e omicidi che non sempre possono essere spiegati con il terrorismo e gli anni di piombo. Le trame nascoste dallo Stato erano all'opera per cercare di eliminare le conquiste della democrazia. La forza della "Reazione", molto bene espressa dalla loggia P2 e da buona parte dei suoi appartenenti, era all'opera con l'intento primario di costringere il Paese in uno stato di perenne terrore. 

Le cose non sono cambiate di molto, ma gli scenari si. Oggi le spinte verso il miglioramento del nostro Paese provengono soprattutto dalla capacità di assecondare o contrastare il processo di integrazione con le persone che hanno scelto di lasciare il proprio Paese e venire a vivere in Italia. Questo vuol dire riconoscere le diversità, e soprattutto immaginare quale potrà essere l'immagine del futuro degli italiani. Chi non riesce a fare uno sforzo per immaginare la società futura si trincera dietro la difesa delle tradizioni accusando di tradimento chi svende la propria identità in nome del supposto "buonismo" di cui, secondo la destra nazionalista che ci governa, sarebbero affette tutte le forze progressiste della sinistra. Chi invece intravede quello che potrà avvenire in un futuro prossimo comincia a mettere in atto le scenografie del domani. Come don Claudio Borghi che ha dato il via ai festeggiamenti per la fine del Ramadan mettendo a disposizione gli spazi comuni della sua parrocchia di Renate in Brianza, ospitando i duecento musulmani che hanno condiviso con altrettanti cristiani i cibi e le bevande di questo rito. La reazione non si è fatta attendere. Il capogruppo della lega in Regione si è subito dato da fare per sottolineare l'opportunità di una simile iniziativa stigmatizzando che un territorio che dovrebbe essere sottoposto all'esclusivo dominio della cristianità possa diventare terra di conquista di musulmani. Interpellato in merito don Borghi non si è speso in azzardate giustificazioni. Ha semplicemente ribadito quello che un vero cristiano dovrebbe avere ben presente: siamo figli dello stesso Dio. Oggi è Renate, ma l'anno prossimo ci saranno molte altre Renate e altri don Claudio che spalancheranno le porte degli oratori ai fratelli musulmani che verranno in pace. Questa si chiama integrazione. Chi resiste dovrà farsene una ragione.

giovedì 11 aprile 2024

Berlusconi Turrito

E' di questi giorni la notizia che il Governo italiano abbia dato il via libera all'emissione di un francobollo dedicato a Silvio Berlusconi. L'uscita è prevista a giugno in occasione dell'anniversario della morte. 

Un po' difficile da credere, ma in fondo non è poi così sbagliato ricordare con un francobollo un personaggio come Berlusconi. Di grandi cose ne ha fatte, ma certo non tutte egregie. Però, era proprio il caso di ricordarlo dopo neanche un anno dalla morte? Non sarebbe stato meglio fare decantare i suoi trascorsi? Così tanto per non appesantire quell'aria di agiografia forzata che necessariamente l'immagine vorrà trasmettere.


Ma poi chi usa ancora i francobolli? L'effige di Berlusconi (ma davvero scriveranno "il Berlusca"?)  non viaggerà poi tanto per posta ordinaria. Forse qualche vecchio nostalgico approfitterà per mandare una spiritosa cartolina agli amici del bar in occasione di qualche gita. L'uso esiguo e rarefatto che si fa di lettere e cartoline non fomenterà la notorietà del nostro personaggio tra le leve più giovani abituati ad altre missive. Interesse collezionistico? Forse, ma non si poteva continuare allora con la serie dell'Italia Turrita? 

A proposito di collezionisti: chi ha conoscenza dei francobolli usciti durante il periodo della Repubblica sa che i francobolli possono essere emessi anche per commemorare le disgrazie. Ecco...



giovedì 21 marzo 2024

Le nostre tradizioni

Il vescovo di Asti, monsignor Marco Prastaro, ha scritto una lettera rivolta alla comunità dei fratelli e delle sorelle musulmane per augurare che il periodo del Ramadan coincida con un un periodo di rinnovamento interiore che possa generare opere di misericordia. La parole contenute nella lettera toccano molti punti che le due religioni hanno in comune, soprattutto un cammino verso pace e giustizia. 

Questa lettera è un'iniziativa che aveva cominciato il predecessore di monsignor Prastaro, monsignor Ravinale ed è sempre risultata molto gradita alla comunità dei musulmani della città. A fine Ramadan l'imam di Asti invita sempre il vescono alla festa rituale. 

Una bella iniziativa che sicuramente scalda i cuori di chi crede che una perfetta integrazione tra culture diverse sia possibile quando persone intelligenti e volenterose si mettono in gioco aprendo il proprio cuore verso lo straniero. La strada a volte è segnata; altre volte bisogna cercarla. Il vescono di Asti, ma anche il preside della scuola di Pioltello la strada l'hanno dovuta cercare. Probabilmente è quella che porterà ai frutti migliori, ma per molti non lo è. 

A quei pochi che credono che si tratti di sottomissione e sudditanza verso chi vuole stravolgere "le nostre tradizioni" rispondono ancora i tanti che credono che la prevalenza sia solo quella del rispetto.

P.S.: quando si sente il politico di turno tuonare contro lo straniero che vuole privarci delle "nostre tradizioni" riferendosi alle grandi celebrazioni cristiane provo un certo imbarazzo. Le tradizioni sono il panettone, il pandoro, la colomba e l'uovo. Natale e Pasqua fanno parte della religione. In mezzo c'è solo ignoranza e supponenza.

Uomini di buona volontà

 Il Papa che dice parole di pace è sicuramente un buon Papa accettato da tutti. Il Papa che tuona contro la guerra va ascoltato, ma a molti da un po' fastidio che si occupi di aspetti di geopolitica invece che di anime e dogmi. Se poi arriva a raccomandare ad uno dei contendenti di adoperarsi per la pace allora è un invito alla resa, un inchino alle prevaricazioni del più forte. Eppure chi è cristiano dovrebbe avere bene in mente che il mondo migliore è fatto dalle persone di buona volontà. Quante volte abbiamo sentito parlare di uomini di buona volonta? Il Vangelo ci svela tanti uomini di buona volontà: dal padre del figliol prodigo al ladrone che si pente in croce. Ecco chi sono gli uomini di buona volontà: semplicemente sono coloro che sanno tendere una mano aperta per dire: io sono qua e sono pronto a confrontarmi con te se anche tu sei disposto a farlo come me. Senza false intenzioni, senza pregiudizi. Non è facile. Eppure io sono sicuro che Papa Francesco intendeva proprio questo. L'Ucraina faccia un passo avanti e riconosca un terreno sul quale trattare lasciando perdere il passato e guardando solo al futuro. Perché gli ucraini, come anche tutti i popoli in guerra, la cosa che desiderano di più è il futuro. Il passato, in fondo, sarà presto solo un libro di storia. 

martedì 12 marzo 2024

Strappata ai giochi

 Il paese era molto piccolo e non si poteva considerare una rinomata località di villeggiatura estiva. Di quelle che le altolocate famiglie genovesi eleggevano come destinazione mondana per le vacanze. Era comunque in una bella posizione: aria e acqua buona, gente tranquilla molto affezionata e riguardosa nei contronti della famiglia Peregalli anche perchè la signora Letizia aveva parenti originari di lì. Puntuali come ogni anno arrivavano verso la fine di giugno per stabilirsi nella bella casa acquistata e di recente ristrutturata dall'ingegnere. La famiglia arrivava in carrozza seguita da tre o quattro carri con i bagagli, dei mobili nuovi, stovigliame, bottiglie di vino e regali quasi per tutti. La signora Peregalli, a scignua, come era chiamata cominciava a diramare ordini, indicazioni e raccomandazioni affinchè tutto venisse sistemato in fretta nella grande casa. Allora le vacanze potevano iniziare. Il giovane Giovanni Battista, per tutti Giobatta, guardava con curiosità quel movimento. Si ricordava che l'anno prima aveva conosciuto la figlia piccola della coppia, Emanuela, chiamata in casa Molly, una bambina molto delicata che veniva sorvegliata senza sosta dalle due bambinaie che si portavano dietro. La rivide. Pensò che doveva essersi sbagliato con un'altra persona. La figura che vide era diversa da quella bambina allegra e vivace che ricordava; pallida e magra. Solo gli occhi restituivano la vitalità che lui ricordava. Cercò subito di farsi avanti per salutarla, ma la sorveglianza delle governanti non gli permise di avvicinarsi. Allora la chiamò, ma lei fece finta di non averlo sentito continuando a giocare con i fratelli. La sera a tavola suo padre commentò l'arrivo della famiglia Peregalli senza particolare interesse a differenza degli altri anni quando l'insediamento della famiglia per le vacanze significava per lui un notevole incremento di lavoro. Augusto, infatti, buon carpentiere riusciva sempre a farsi commissionare qualche lavoro dall'ingegnere. Ma durante quell'estate per suo padre era diverso. Aspettava delle risposte da alcuni compaesani parttiti per gli Stati Uniti per fare fortuna. Aspettava che si aprisse una porta anche per lui. Ma la risposta tardava ad arrivare. Le occasioni per vedere Molly erano molto poche. Eppure l'anno prima era facile incontrarsi per strada, fare anche una corsa o un gioco tutti insieme. Quell'anno no. Dicevano che l'ingegnere era diventato un uomo d'affari molto importante a Genova e addirittura pareva che volesse entrare in politica. E allora la gente del paese sosteneva che come tutte le famiglie benestanti ci tenessero a mantenere le distanze. Giobatta non capiva molto di quei discorsi. Però Molly la guardava solo di sfuggita e lei continuava ad ignorarlo. Solo di domenica a messa riusciva almeno ad incrociare i suoi occhi; aspettava che lei gli passasse davanti per andare verso i banchi in prima fila per poi alzarsi di scatto fingendo di dovere andare a prendere qualche cosa fuori dalla chiesa. Notava che la governante interveniva subito per allontanare la bambina che si faceva docilmente trascinare. Una domenica in chiesa decise che doveva fare un passo avanti: alle fine della messa rimase seduto sulla panca, aspettò Molly che passava e le prese la mano. Lei la strinse debolmente, portandosela dietro per pochi passi, poi mollemente la lasciò andare. Era morbida, ma fredda. Camminava senza guardarlo, ma lui sapeva che erano vicini come non sarebbero stati mai più. La notizia arrivò pochi giorni dopo. Tutta la famiglia di Giobatta sarebbe andata in America. La partenza era molto vicina. Il carro che li avrebbe portati alla stazione e poi col treno a Genova era già pronto con i bagagli e con tutti quegli averi che è possibile portarsi dietro in un viaggio in nave così lungo. Sua madre piangeva. Suo padre era nervoso mentre controllava che tutto fosse assicurato al carro. Giobatta guardava le facce di tutti quelli che erano venuti per salutare e augurare buona fortuna. Vide anche Molly. Scese dal carro e corse vero quella bambina così indifferente. La guardò negli occhi e le diede il suo regalo, un burattino di legno fatto con semplici listelli di legno tenuti assieme da ganci di metallo per poterlo muovere e fargli assumere buffe posizioni. Era molto bello e lui ne era molto fiero. Glielo offrì e lei lo prese e lo guardò finalmente. Subito arrivarono la governante che liberò Molly da quella situazione imbarazzante strappandole dalle mani il gioco e suo padre che gli disse di tornare subito sul carro. 

Ormai la nave era lontana dalla costa. Suo padre lo teneva in braccio e guardava la costa. Vedeva ancora le luci della città, la lanterna. Sentiva che piangeva. Lui guardava dalla parte opposta, verso il mare aperto è già vedeva la fiaccola della statua della Libertà. 

Un anziano signore cammina lungo i viali del cimitero monumentale di Staglieno. Lo precede muovendosi a passo d'uomo una lucente macchina americana guidata da un autista in livrea. L'uomo cammina e tiene un bastone in mano. E' molto elegante e nonostante il viso invecchiato e il fisico incurvato ha un incedere deciso e sicuro. Ogni tanto si ferma a guardare qualche tomba. Cerca di ricordare nomi, volti e storie, ma gli è molto difficile. Un groviglio di rovi, erbacce e piante rampicanti che coprono una cappella attira la sua attenzione. Si avvicina curioso e con il bastone scosta la vegetazione per scoprire la statua funebre di una bambina che anni di incuria hanno reso ormai un rudere scrostato. Ma il volto della bambina si vede ancora; sorride e tiene in mano, appoggiato alla gonna un burattino di legno tutto snodato in una buffa posizione. Legge solo una parte dell'epitaffio, quella rimasta: Molly Peregalli che strappata ai giochi...

mercoledì 6 marzo 2024

Non basta essere bravi

 Nel periodo in cui in Italia si sviluppava l'industria automobilistica, oltre a Fiat e Lancia, tra Torino e Milano, nascevano una miriade di piccole officine dedite alla costruzione di auto. Alcune arrivarono a sfornare alcune centinaia di esemplari l'anno, altre poche decine o unità. Si trattava di ottimi prodotti, ben costruiti, robusti e destinati a durare. L'Itala l'auto che vinse la Pechino Parigi del 1907 ben rappresenta questo tipo di produzioni. Purtroppo quasi tutte queste piccole aziende sopravvissero solo pochi anni dopo la crisi del '29. Sparirono quasi tutte. Nonostante la qualità del loro prodotto i modelli che venivano proposti al pubblico erano praticamente tutti uguali in quanto i progettisti riprendevano soluzioni tecniche già adottate dai concorrenti o al massimo, costruivano su licenza di affermati marchi italiani, francesi e tedeschi. Tutte queste piccole aziende non ebbero però possibilità di crescere e prosperare. Il motivo l'aveva ben compreso Vincenzo Lancia fondatore dell'omonima Casa che attraverso molteplici passaggi di mano è arrivata sino ad oggi. Agli inizi del secolo scorso l'automobile era un oggetto che suscitava intense emozioni. La possibilità di dominare la forza, di controllare la velocità e padroneggiare un mezzo che sviluppava potenze sino ad allora inaudite, colpiva l'immaginario collettivo. Chi poteva comprava, chi non aveva i mezzi guardava. Ma tutti, sia dalla parte di chi poteva e di chi no, erano affascinati dalla tecnica e dalla novità. Fare buone auto che duravano non bastava. Il pubblico voleva saggiare la novità, l'innovazione, il primato tecnologico. Vincenzo Lancia lo capì da subito e oltre a fare ottime automobili fu sempre impegnato nella ricerca del nuovo e nell'introduzione della novità tecnica e meccanica. La Lancia Lambda introdotta sul mercato nel 1923 e rimasta in produzione fino al 1931 presentava ben cinque innovazioni tecniche destinate a diventare uno standard in tutti i modelli successivi. Tra queste vi erano le sospensioni a ruote indipendenti, il baule integrato nella carrozzeria e, più importante di tutte, la scocca portante che eliminava la costruzione tradizionale che prevedeva l'abbinamento di telaio e carrozzeria. Il risultato fu quello di un'automobile con una linea molto filante grazie alla minore altezza dal suolo (il telaio comportava una maggiore altezza in quanto gli assali dovevano stare sotto il pianale) che fece impazzire tutto il mondo e che con il contributo delle innovative sospensioni permetteva stabilità e tenuta di strada impensabili fino ad allora. Ma il genio di Vincenzo non si fermava alla componente meccanica. Anche l'occhio voleva la sua parte. La collaborazione con importanti disegnatori contribuì alla creazione di modelli eleganti e all'avanguardia destinati a durare anche nel dopoguerra come l'Aprilia e la Aurelia, che venne concepita quando il fondatore della casa era ormai scomparso. Per l'Aurelia - splendida la versione spider disegnata da Pininfarina - era stato progettato dall'ingegner De Virgilio il primo motore a 6 cilindri a V stretto prodotto in serie. Un primato che ancora oggi inorgoglisce l'industria automobilistica italiana. Per quel poco che ne è rimasto.

giovedì 29 febbraio 2024

Bello Figo Gu

Si vuole che dall'Africa vengano tutti, ma proprio tutti in Italia perché li invita Mattarella che promette una casa a tutti, telefonini gratis, trentacinque euro al giorno da spendere come si crede. Se poi qualcuno volesse prendersi pure il disturbo di lavorare è benvenuto, ma dato che non è obbligatorio, perché ammazzarsi nelle fabbriche, nei cantieri, sulle strade quando hai diritto a tutto? Soprattutto quando sai che sono gli italiani che devono lavorare per mantenerti. Per non parlare dei favori che fa il PD e i suoi elettori buonisti; belle e comode case agli africani prima che agli italiani. E loro non pagano l'affitto. Perché? Oh bella, perché sono neri africani, soprattutto immigrati e tanto bisognosi di aiuto. E che dire dei servizi sanitari? Gli africani non devono fare la fila per le visite. Hanno la corsia preferenziale. Prima loro, poi gli italiani. Pare addirittura che abbiano avuto il vaccino anticovid prima degli italiani. Anche le donne gli vengono messe a disposizione. Donne bianche mica nere, come dovrebbe essere, ma chi sia che le mette a disposizione non ci è dato da capire. Poi mica devono rispettare le leggi e le regole. I neri africani hanno un salvacondotto per guidare senza patente, sfrecciare a centotrenta all'ora in città e trecento in autostrada, tanto mica li fermano. E se li fermano li lasciano subito andare, con tante scuse.  Loro sono neri africani. La multa la faranno al primo italiano che gli capiterà a tiro. Arrivati in Italia diventano subito tutti belli, ricchi e famosi. A spese nostre. Ma a noi sta bene così perché qualcuno (Mattarella, Renzi, Bersani, il Papa, ecc) è ben disposto nei loro confronti. A costo di sacrificare i diritti degli italiani. In fondo siamo tutti buonisti. Aiutiamoli a casa loro? E perché? Ci vadano gli italiani in Africa e poi vediamo che se qualcuno li aiuta. 

Non è così? Non ci potete credere? E' fantasia? No, no! Tutto vero. Parola di Bello Figo Gu, che queste cose le dice senza peli sulla lingua. Anzi ce lo dice cantando. Per facilitare la comprensione da parte di quelli che a queste cose non credano mica poi tanto (vedi Lega, Fratelli d'Italia e cospirazionisti della sostituzione etnica). Bello Figo vi dice le cose come stanno: siamo neri e possiamo fare quello che vogliamo. Alla faccia di voi italiani che ancora pensate di accoglierci e integrarci. Duro da credere, ma è così. Non era così difficile immaginarlo, ma ci è voluto un genio come Bello Figo per farcelo capire.

giovedì 22 febbraio 2024

Radio Nacional de Argentina

Erano appena scesi dai loro taxi in quella via trafficata di Buenos Aires, sotto la sede della Radio Nazionale Argentina. Un sabato pomeriggio dell'ottobre del 1952. Ogni componente della piccola orchestra di Juan d'Arienzo sembrava preso da altri pensieri. Era la musica che passava per le loro teste. Si salutavano stringendosi la mano senza guardarsi in faccia non per disinteresse, ma per la consuetudine di chi ha una frequentazione abituale. Per loro trovarsi in una milonga, un locale notturno o negli studi della Radio Nazionale Argentina era sempre la stessa cosa. Si spostarono tutti nei locali messi a loro disposizione e iniziarono a disporsi. Parlavano tra di loro senza enfasi. Discorsi di circostanza mentre accordavano gli strumenti. Poi la musica iniziò. Dal grosso microfono appeso al centro della stanza il segnale radio si svolse verso l'alto, fino alla cima dell'enorme antenna e da lì un fascio di elettroni iniziò a volare. Sopra le case della Boca dove la radio accesa nella casa rimasta vuota di Alfonso Perasso portava le note della Cumparsita. Per lui fu naturale guardare la foto di sua moglie morta pochi anni prima, prenderla in mano e scuotere la testa. Da Chiavari all'Argentina, il lavoro e i figli lontani, la vita dura, ma felice che aveva avuto con lei non tornerà più. Ma la musica lo portava ad altri pensieri. Appoggiò la foto sul tavolo vicino alle foto dei figli e ai ninnoli portati dall'Italia e si voltò per guardare fuori dalla finestra: l'immensa primavera australe si affacciava sulla città. Sul mare gli elettroni lanciati dall'antenna si incontrarono con l'antenna del mercantile Aqualonga. Il comandante e il resto dell'equipaggio erano intorno alla radio per cercare di captare qualche stazione che trasmettesse musica. Arrivò il segnale e portava le note della Cumparsita. Il comandante Hèlenio ascoltò. I suoi marinai lo guardarono preoccupati. Lui fece un gesto distratto, indifferente, ma uscì dalla sala di comando, si appoggiò alla battagliola dando le spalle all'equipaggio e guardò lontano a est, verso il mare aperto. Nessuno disse nulla. Non c'era niente da chiedere. Dietro il vetro i tecnici della radio controllavano la qualità e la potenza del segnale. Dentro la sala di audizione l'orchestra suonava. I due fisarmonicisti seguivano il pianoforte. Il maestro dirigeva con l'usuale compostezza. Sulla cordigliera in un piccolo rifugio dove si radunavano i gauchos in libera uscita, la musica accompagnava i movimenti di uomini induriti che ballavano tra di loro. Sguardi che non si incrociano mai, ma non è vergogna. E' la vita che ha fatto un callo a tutto. Enrique ascoltò per un po', ma poi uscì dalla porta. L'aria fredda lo colpì. Si volto verso la montagna che sovrastava il rifugio e iniziò a fissare la vetta. Ormai quella era la sua vita, ma non voleva che finisse lì in mezzo a quelle montagne. Vedeva ancora le strade larghe di Buenos Aires, i negozi e i locali, la gente per strada e la stazione della Radio da dove proveniva quella musica. Vedeva le teste calve dei violinisti che suonavano apparentemente senza trasporto. Sembrava che non badassero a quel microfono che pendeva sopra di loro che catturava un sogno che per lui e per molti altri non si sarebbe mai avverato. Camminava sul marciapiede con un passo lungo, che accentuava la sua flessuosità. Entrò nella più rinomata merceria di Buenos Aires e si guardò intorno. Ekzel, il piccolo armeno la vide, abbandonò con una scusa le due clienti che stava seguendo e si portò dietro il bancone per farsi notare, facendo capire a Lucen che era a sua completa disposizione. Ekzel la guardava. Era furiosamente innamorato di lei. Le fece vedere le calze. Il piccolo armeno prese una calza finissima e ci infilò la mano per farle apprezzare la trasparenza. Lucen tastò la calza con la sua mano. Il piccolo armeno la prese e attraverso la seta si sfiorarono. Lucen prese il pacchetto e come se volesse scappare, si diresse alla cassa. Ekzel non vedeva più le due donne che si lamentavano di essere state abbandonate. I maestri continuavano a suonare. In un locale da ballo semivuoto con la radio accesa, una coppia ballava il tango. Lui era bellissimo. Lei si notava anche per quelle gambe fasciate in calze di seta. L'antenna intanto continuava a trasmettere un fascio di elettroni.    

martedì 20 febbraio 2024

Signori della Corte

Signori della Corte, c'è il pericolo che questo processo finisca per essere inconsciamente e involontariamente un processo alle idee di Braibanti. Signori, vi ricordo che l'articolo 21 della nostra Costituzione consente a tutti i Cittadini la piena libertà di espressione e di comunicazione del proprio pensiero. Nel pensiero di Braibanti non vi è dunque nulla che possa essere condannato. In quest'aula, Signori, si è usata a pretesto l'omosessualità per dare l'immagine negativa dell'imputato, per cercare di giustificare emotivamente una condanna che giuridicamente non è motivabile. Signori, dovete decidere; o mettete fuori legge la capacità di influire sugli altri e allora dovete evitare alla gente di seguire un maestro, di innamorarsi, dovete evitare il cinema, la pubblicità, la televisione... Oppure ammettete come normale la possibilità di influenzare gli altri e non potete colpire questa capacità in Braibanti. Quest'uomo che viene descritto come ossessionato dal sesso è pervenuto a risultati più che dignitosi in tutte le attività di arte e di studio alle quali si è dedicato. Il momento più grave in cui il Paese si trovava durante la guerra civile ha preso la posizione che comportava rischi. Ha subito il carcere. Per tre giorni le SS lo hanno torturato per strappargli dei nomi che non ha fatto. Questa è la tempra morale di Braibanti...

Arringa difensiva dell'avvocato Giuseppe Sotgiu durante il processo ad Aldo Braibanti (1968) unica persona in Italia a venire condannata per il reato di plagio previsto da codice penale all'articolo 603 e abrogato dalla Corte Costituzionale nel 1981. 

lunedì 19 febbraio 2024

Là, dove crescevano gli ulivi...

La natura umana non cambia così rapidamente come le mode, gli orientamenti politici, le idee e il tipo di automobile che andremo a scegliere per i prossimi anni. La percezione della bellezza, l'amore per la pace e la tranquillità, l'ambizione di vivere in un posto bello, incontaminato che sappia solo donarci serenità e predisposizione verso la natura sono orientamenti naturali nell'uomo. In una piana dove crescevano innumerevoli ulivi, su una superfice sterminata che finiva in un mare di smeraldo, dove perdersi era caro a bestie e uomini qualcuno decise di costruire e di mettere in funzione una delle più micidiali invenzioni del progresso industriale: la fonderia. Quel qualcuno, terribilmente simile all'uomo, ha estirpato centinaia di migliaia di alberi, scavato buchi neri, canali di scolo per liquami fetenti, costruito enormi contenitori pieni di carbone e catrame, eretto enormi ciminiere con pennacchi perenni di fumi mortali. E il paese idilliaco è diventato un paesaggio di morte e desolazione.
A Taranto la morte inizia nel 1960 quando un politico pose la prima pietra per la costruzione di un insediamento che avrebbe dovuto fare invidia al mondo. L'invidia la suscitò certamente, ma da parte di chi avrebbe voluto vivere e lavorare da un'altra parte, non certo nel quartiere Tamburi dove sin dal 1965, l'anno in cui entro in funzione a pieno regine lo stabilimento, la gente cominciava a morire, anche se la malattia valeva sempre meno di un lavoro a stipendio fisso e garantito. 
Esplode dunque la micidiale bomba a duplice effetto che da una parte vorrebbe inibire l'iniziativa industriale che raccoglie consenso e il posto di lavoro che porta voti e dall'altra la vita intesa come vita biologica di donne, uomini e bambini che di questo lavoro ci moriranno per decenni. 
L'obiettivo era l'occupazione, il contenimento dell'emigrazione verso le fabbriche del Nord, lo sviluppo graduale per induzione dell'indotto che avrebbe fatto da volano per ulteriore occupazione. I risultati purtroppo sono sempre stati modesti e le conseguenze infauste: prima la privatizzazione, poi la cessione e l'acquisto da parte di gruppi stranieri, la contrazione della produzione, della manodopera, le malattie, le morti e le cause in tribunale. 
Non resta che qualche foto di come era la piana di Taranto prima dello scempio, o meglio, prima della  corsa alla morte. 

giovedì 8 febbraio 2024

Discussione archiviata

Sinner in inglese vuol dire peccatore, ma il nome è di origine tedesca e si pronuncia "zinner" con la S che assomiglia più ad una Z. Comunque il peccato al povero Jannik glielo abbiamo voluto attribuire a tutti i costi addossandogli la colpa di avere trasferito la residenza a Montecarlo, per evidenti motivi fiscali. Subito la questione è diventata di interesse generale e per giorni si è discusso se dovesse prevalere l'onere delle tasse al Paese natio oppure se fosse tollerato concorrere per il tricolore ma andare a beneficiare di tassazione agevolata sotto altre bandiere. Accusatori e conciliatori, come al solito. Stride però che la questione dell'elusione fiscale se non vera e propria evasione (ma non è certo il caso di Sinner) continui a tenere banco in Italia quando la memoria ci dovrebbe rammentare che per ben tre volte gli italiani hanno espresso il proprio consenso verso un personaggio che di evasione, elusione, giri di bonifici, trasferimenti all'estero, società all'estero e versamenti sospetti ad avvocati reticenti ne ha fatto una vera e propria arte. Consenso espresso dunque da una buona parte degli elettori che non ritenevano per niente sconveniente farsi governare da un siffatto personaggio. E' la democrazia bellezza e il voto è sacrosanto. Ma allora evitiamo di aprire questioni ormai archiviate negli armadi della coscienza nazionale.  

mercoledì 31 gennaio 2024

Il Cervello di Elon

Chissà se quel genio strampalato di Elon Musk avrà ricevuto qualche suggestione dai film di fantascienza americani degli anni '50 che, a differenza di quanto si sia portati a credere, non parlavano solo di marziani e di sbarchi di dischi volanti, ma affrontavano anche temi che oggi definiremmo "etici". E' il caso del cult movie "Il cervello di Donovan" uscito nel '53, ma ancora oggi in grado di fare riflettere in merito alle frontiere che la scienza deve o non deve oltrepassare. La storia è questa: il talentuoso dottor Patrick J.Cory per sfuggire alla monotona vita del medico condotto di provincia, si diletta in sfortunati tentativi di innesto di cervelli di scimmie in ambienti favorevoli ad una vita autonoma in vitro per studiare future applicazioni su appartenenti al genere umano. In queste imprese casalinghe è coadiuvato dalla moglie Janice (interpretata da Nancy Davis che poi diverrà Nancy Reagan first lady americana) e il loro amico Frank Schratt, un altro valoroso medico, ma minato dall'alcolismo che gli ha procurato numerosi guai e diffide. Capita che in un incidente aereo avvenuto poco lontano dall'abitazione/laboratorio rimanga gravemente ferito un milionario spregiudicato e avido, tale signor Donovan, il quale portato d'urgenza a casa del dottor Cory perisca sotto in ferri durante un disperato tentativo di salvarlo. Tutto finito? Per il povero malcapitato Donovan la vita corporale finisce davvero, ma non per il suo cervello, che prontamente e fraudolentemente innestato in vitro mantiene parametri vitali e una autonoma capacità di sentire, vedere e in un certo senso, di parlare. A farne le spese sarà proprio il geniale medico che influenzato dalla materia cerebrale di Donovan, sempre più attiva e pulsante, lo obbligherà a trasmutarsi in uno spregiudicato e insolente uomo d'affari, come era stato Donovan in vita, e portare avanti azzardate speculazioni finanziarie e clamorosi ricatti nei confronti di soci e uomini politici da lui blanditi in vita. Il tranquillo medico condotto di una città di provincia diventa, contro la sua volontà, una persona perfida, spregevole e avida arrivando a ripudiare la moglie devota e umiliare l'amico Franck, compagno di mille avventure. Fortunatamente un fulmine provvidenziale manda in fumo il laboratorio dove il cervello è conservato e il dottor Cory ritorna in se, pronto a ripagare per le sue malefatte. 

Il primo tentativo di innesto di un microchip in un cervello umano è stato ufficializzato da Musk in persona, ma non sappiamo molto su quali siamo i reali intendimenti dell'esperimento. C'è chi parla di finalità terapeutiche e riabilitative, ma anche di potenziamento delle facoltà intellettive. Oppure semplicemente per finalità ludiche. Al momento nessuna pubblicazione in merito all'argomento è apparsa sulle principali di divulgazione scientifica e medica e questo equivale ad un nulla di fatto. Poi non sappiamo nulla sul paziente che si è sottoposto volontariamente al trapianto. Potrebbe essere anche lui, Elon Musk. E chissà che cosa inventerà di nuovo stavolta, con la sua mente potenziata. Su chi vorrà influire o da chi si vorrà farsi influenzare? Non è dato a sapersi. Nel frattempo guardiamo i danni causati dal cervello di Donovan.