E' una notizia che è passata un po' in sordina,
ma dato che oggi ricorre il 61° l'anniversario della tragedia del Vajont vale
la pena informare che è stata digitalizzata e resa consultabile da tutti l’intera
documentazione processuale relativa alla catastrofe della diga. Si tratta di
una mole enorme di documenti raccolti in circa duemila faldoni contenenti atti
processuali, memorie difensive, piantine, rilievi, perizie e immagini, che
grazie alla buona qualità della digitalizzazione, sono anche di ottima
definizione. Tutta la documentazione è consultabile su un sito che fa
riferimento ai Beni Culturali e che attinge dall'Archivio di Stato di Belluno.
Questa notizia l'ho appresa dal curatore e animatore del canale YouTube Lost
Structures che da molti anni si occupa di recuperare la memoria storica delle
opere che un tempo fecero crescere il nostro Paese e che oggi vedono solo
crescere le erbacce. Tornando al Vajont e ai materiali oggi consultabili è
probabile che possa ancora esserci un ultimo sussulto vitale del desiderio di memoria
e che nel giro di qualche anno possano vedere la luce opere che portino alla
scoperta di realtà ancora inesplorate sulla tragedia. Paolini potrebbe scrivere
una delle sue memorabili pièce teatrali sullo sviluppo dei processi giudiziari e mettere in scena la vergognosa strategia di spostare i processi in centro
Italia, all'Aquila per la precisione, per scoraggiare l'assieparsi di parenti
desiderosi di conoscere la verità e vedere i colpevoli condannati. Avvocati,
storici, giornalisti, ricercatori o semplici appassionati potranno mettere le
mani su un patrimonio di informazioni che, attraverso una strada piuttosto che
un'altra, porterà sempre allo stesso traguardo: quanto è grande e vasta l'insipienza umana. Ma che
senso ha oggi recuperare la memoria di fatti che oggi potrebbero essere finiti
tranquillamente nel dimenticatoio? Un senso lo può dare il lavoro che sta
facendo il canale YouTube Lost Structures che partendo da evidenze come
complessi industriali e militari abbandonati, impianti, anche di svago e
divertimento, diventati cumuli di macerie e rifiuti, luoghi di intenso
sfruttamento economico quali miniere, linee ferroviarie, cremagliere,
funicolari e impianti di risalita propone interessanti riflessioni circa le
ragioni che hanno contribuito a concepire opere grandiose destinate sfidare il
tempo, ma che si sono dovute accontentare di pochi decenni di attività. Gli
interessanti commenti del curatore del canale, la documentazione a compendio
delle riprese derivante delle sue ricerche personali, fortuiti ritrovamenti di
evidenze trascurate per anni unite ad una robusta competenza nel settore delle
tecnologie costruttive e impiantistiche ci portano a fare valutazioni sulle
circostanze che contribuirono a investimenti di miliardi di lire (di allora) di
cui oggi rimane solo ruggine e rovina. La guerra, innanzitutto, che fosse
combattuta, difensiva o fredda ha disseminato il nostro Paese di fortificazioni,
tunnel scavati nelle montagne, impianti per telecomunicazioni segrete, basi per
antenne e segnalazioni altrettanto segrete. Poi l'economia, il boom con la fame
di energia elettrica. Ecco, dunque, gli invasi e le turbine che sconvolsero la
morfologia di montagne spettacolari e in alcuni casi, vedi Vajont appunto,
anche la vita di intere comunità, ma che fornivano le energie per fare crescere
l'Italia industriale, moderna e proiettata nel futuro. E infine il divertimento
che spesso si esaurisce in impianti sciistici abbandonati, funivie mai rimesse
in funzione, discoteche diventate palestra per vandalismi di ogni sorta. Ma non
si pensi alla denuncia dello scempio perpetrato in ragione dell'interesse di
pochi. Per esempio, gli impianti idroelettrici che Lost Structures ha fatto
conoscere sono stati costruiti ai tempi delle prime ferrovie che attraversavano
le valli che declinavano verso la pianura Padana. Con l'energia prodotta si
muovevano i treni, i primi insediamenti produttivi nel settore tessile,
meccanico e cartario attingevano forza motrice e le comunità circostanti
beneficiavano di luce e energia elettrica. Gli impianti, prima del gigantismo
della SADE ovviamente, erano relativamente piccoli, ben costruiti e concepiti
con ridondanze in modo da potere essere potenziati a fronte di un incremento
della richiesta di energia. Le strade di collegamento sono ancora oggi in uso e
vengono percorse anche per escursioni su panorami fantastici. Oggi tutto questo
non è più recuperabile. Niente potrà essere messo in funzione. L'obsolescenza,
l'inattività qualche calamità come alluvioni e terremoti hanno fatto il resto.
Non da ultimo lo spopolamento delle valli che non giustifica più investimenti
di tale portata. Oggi è solo la memoria che ci porta a visitare questi posti,
una memoria non storica o ideologica, ma materiale derivante proprio da quello
che posso toccare e vedere. Se poi qualcuno, bravo, preparato e competente ci da
una mano a capire, è meglio.
Attraverso le nostre scelte consapevoli è possibile diminuire i consumi per l'affermazione di un'economia sostenibile ed equa. Dai modelli di comportamento, ai trasporti e alle letture tutto è materia per un approfondimento che porti a discriminare tra l'utile e il vacuo, tra la sostanza e l'effimero, tra il modello virtuoso e il pedissequo seguito a richiami di inconsistente benessere.
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