giovedì 29 febbraio 2024

Bello Figo Gu

Si vuole che dall'Africa vengano tutti, ma proprio tutti in Italia perché li invita Mattarella che promette una casa a tutti, telefonini gratis, trentacinque euro al giorno da spendere come si crede. Se poi qualcuno volesse prendersi pure il disturbo di lavorare è benvenuto, ma dato che non è obbligatorio, perché ammazzarsi nelle fabbriche, nei cantieri, sulle strade quando hai diritto a tutto? Soprattutto quando sai che sono gli italiani che devono lavorare per mantenerti. Per non parlare dei favori che fa il PD e i suoi elettori buonisti; belle e comode case agli africani prima che agli italiani. E loro non pagano l'affitto. Perché? Oh bella, perché sono neri africani, soprattutto immigrati e tanto bisognosi di aiuto. E che dire dei servizi sanitari? Gli africani non devono fare la fila per le visite. Hanno la corsia preferenziale. Prima loro, poi gli italiani. Pare addirittura che abbiano avuto il vaccino anticovid prima degli italiani. Anche le donne gli vengono messe a disposizione. Donne bianche mica nere, come dovrebbe essere, ma chi sia che le mette a disposizione non ci è dato da capire. Poi mica devono rispettare le leggi e le regole. I neri africani hanno un salvacondotto per guidare senza patente, sfrecciare a centotrenta all'ora in città e trecento in autostrada, tanto mica li fermano. E se li fermano li lasciano subito andare, con tante scuse.  Loro sono neri africani. La multa la faranno al primo italiano che gli capiterà a tiro. Arrivati in Italia diventano subito tutti belli, ricchi e famosi. A spese nostre. Ma a noi sta bene così perché qualcuno (Mattarella, Renzi, Bersani, il Papa, ecc) è ben disposto nei loro confronti. A costo di sacrificare i diritti degli italiani. In fondo siamo tutti buonisti. Aiutiamoli a casa loro? E perché? Ci vadano gli italiani in Africa e poi vediamo che se qualcuno li aiuta. 

Non è così? Non ci potete credere? E' fantasia? No, no! Tutto vero. Parola di Bello Figo Gu, che queste cose le dice senza peli sulla lingua. Anzi ce lo dice cantando. Per facilitare la comprensione da parte di quelli che a queste cose non credano mica poi tanto (vedi Lega, Fratelli d'Italia e cospirazionisti della sostituzione etnica). Bello Figo vi dice le cose come stanno: siamo neri e possiamo fare quello che vogliamo. Alla faccia di voi italiani che ancora pensate di accoglierci e integrarci. Duro da credere, ma è così. Non era così difficile immaginarlo, ma ci è voluto un genio come Bello Figo per farcelo capire.

giovedì 22 febbraio 2024

Radio Nacional de Argentina

Erano appena scesi dai loro taxi in quella via trafficata di Buenos Aires, sotto la sede della Radio Nazionale Argentina. Un sabato pomeriggio dell'ottobre del 1952. Ogni componente della piccola orchestra di Juan d'Arienzo sembrava preso da altri pensieri. Era la musica che passava per le loro teste. Si salutavano stringendosi la mano senza guardarsi in faccia non per disinteresse, ma per la consuetudine di chi ha una frequentazione abituale. Per loro trovarsi in una milonga, un locale notturno o negli studi della Radio Nazionale Argentina era sempre la stessa cosa. Si spostarono tutti nei locali messi a loro disposizione e iniziarono a disporsi. Parlavano tra di loro senza enfasi. Discorsi di circostanza mentre accordavano gli strumenti. Poi la musica iniziò. Dal grosso microfono appeso al centro della stanza il segnale radio si svolse verso l'alto, fino alla cima dell'enorme antenna e da lì un fascio di elettroni iniziò a volare. Sopra le case della Boca dove la radio accesa nella casa rimasta vuota di Alfonso Perasso portava le note della Cumparsita. Per lui fu naturale guardare la foto di sua moglie morta pochi anni prima, prenderla in mano e scuotere la testa. Da Chiavari all'Argentina, il lavoro e i figli lontani, la vita dura, ma felice che aveva avuto con lei non tornerà più. Ma la musica lo portava ad altri pensieri. Appoggiò la foto sul tavolo vicino alle foto dei figli e ai ninnoli portati dall'Italia e si voltò per guardare fuori dalla finestra: l'immensa primavera australe si affacciava sulla città. Sul mare gli elettroni lanciati dall'antenna si incontrarono con l'antenna del mercantile Aqualonga. Il comandante e il resto dell'equipaggio erano intorno alla radio per cercare di captare qualche stazione che trasmettesse musica. Arrivò il segnale e portava le note della Cumparsita. Il comandante Hèlenio ascoltò. I suoi marinai lo guardarono preoccupati. Lui fece un gesto distratto, indifferente, ma uscì dalla sala di comando, si appoggiò alla battagliola dando le spalle all'equipaggio e guardò lontano a est, verso il mare aperto. Nessuno disse nulla. Non c'era niente da chiedere. Dietro il vetro i tecnici della radio controllavano la qualità e la potenza del segnale. Dentro la sala di audizione l'orchestra suonava. I due fisarmonicisti seguivano il pianoforte. Il maestro dirigeva con l'usuale compostezza. Sulla cordigliera in un piccolo rifugio dove si radunavano i gauchos in libera uscita, la musica accompagnava i movimenti di uomini induriti che ballavano tra di loro. Sguardi che non si incrociano mai, ma non è vergogna. E' la vita che ha fatto un callo a tutto. Enrique ascoltò per un po', ma poi uscì dalla porta. L'aria fredda lo colpì. Si volto verso la montagna che sovrastava il rifugio e iniziò a fissare la vetta. Ormai quella era la sua vita, ma non voleva che finisse lì in mezzo a quelle montagne. Vedeva ancora le strade larghe di Buenos Aires, i negozi e i locali, la gente per strada e la stazione della Radio da dove proveniva quella musica. Vedeva le teste calve dei violinisti che suonavano apparentemente senza trasporto. Sembrava che non badassero a quel microfono che pendeva sopra di loro che catturava un sogno che per lui e per molti altri non si sarebbe mai avverato. Camminava sul marciapiede con un passo lungo, che accentuava la sua flessuosità. Entrò nella più rinomata merceria di Buenos Aires e si guardò intorno. Ekzel, il piccolo armeno la vide, abbandonò con una scusa le due clienti che stava seguendo e si portò dietro il bancone per farsi notare, facendo capire a Lucen che era a sua completa disposizione. Ekzel la guardava. Era furiosamente innamorato di lei. Le fece vedere le calze. Il piccolo armeno prese una calza finissima e ci infilò la mano per farle apprezzare la trasparenza. Lucen tastò la calza con la sua mano. Il piccolo armeno la prese e attraverso la seta si sfiorarono. Lucen prese il pacchetto e come se volesse scappare, si diresse alla cassa. Ekzel non vedeva più le due donne che si lamentavano di essere state abbandonate. I maestri continuavano a suonare. In un locale da ballo semivuoto con la radio accesa, una coppia ballava il tango. Lui era bellissimo. Lei si notava anche per quelle gambe fasciate in calze di seta. L'antenna intanto continuava a trasmettere un fascio di elettroni.    

martedì 20 febbraio 2024

Signori della Corte

Signori della Corte, c'è il pericolo che questo processo finisca per essere inconsciamente e involontariamente un processo alle idee di Braibanti. Signori, vi ricordo che l'articolo 21 della nostra Costituzione consente a tutti i Cittadini la piena libertà di espressione e di comunicazione del proprio pensiero. Nel pensiero di Braibanti non vi è dunque nulla che possa essere condannato. In quest'aula, Signori, si è usata a pretesto l'omosessualità per dare l'immagine negativa dell'imputato, per cercare di giustificare emotivamente una condanna che giuridicamente non è motivabile. Signori, dovete decidere; o mettete fuori legge la capacità di influire sugli altri e allora dovete evitare alla gente di seguire un maestro, di innamorarsi, dovete evitare il cinema, la pubblicità, la televisione... Oppure ammettete come normale la possibilità di influenzare gli altri e non potete colpire questa capacità in Braibanti. Quest'uomo che viene descritto come ossessionato dal sesso è pervenuto a risultati più che dignitosi in tutte le attività di arte e di studio alle quali si è dedicato. Il momento più grave in cui il Paese si trovava durante la guerra civile ha preso la posizione che comportava rischi. Ha subito il carcere. Per tre giorni le SS lo hanno torturato per strappargli dei nomi che non ha fatto. Questa è la tempra morale di Braibanti...

Arringa difensiva dell'avvocato Giuseppe Sotgiu durante il processo ad Aldo Braibanti (1968) unica persona in Italia a venire condannata per il reato di plagio previsto da codice penale all'articolo 603 e abrogato dalla Corte Costituzionale nel 1981. 

lunedì 19 febbraio 2024

Là, dove crescevano gli ulivi...

La natura umana non cambia così rapidamente come le mode, gli orientamenti politici, le idee e il tipo di automobile che andremo a scegliere per i prossimi anni. La percezione della bellezza, l'amore per la pace e la tranquillità, l'ambizione di vivere in un posto bello, incontaminato che sappia solo donarci serenità e predisposizione verso la natura sono orientamenti naturali nell'uomo. In una piana dove crescevano innumerevoli ulivi, su una superfice sterminata che finiva in un mare di smeraldo, dove perdersi era caro a bestie e uomini qualcuno decise di costruire e di mettere in funzione una delle più micidiali invenzioni del progresso industriale: la fonderia. Quel qualcuno, terribilmente simile all'uomo, ha estirpato centinaia di migliaia di alberi, scavato buchi neri, canali di scolo per liquami fetenti, costruito enormi contenitori pieni di carbone e catrame, eretto enormi ciminiere con pennacchi perenni di fumi mortali. E il paese idilliaco è diventato un paesaggio di morte e desolazione.
A Taranto la morte inizia nel 1960 quando un politico pose la prima pietra per la costruzione di un insediamento che avrebbe dovuto fare invidia al mondo. L'invidia la suscitò certamente, ma da parte di chi avrebbe voluto vivere e lavorare da un'altra parte, non certo nel quartiere Tamburi dove sin dal 1965, l'anno in cui entro in funzione a pieno regine lo stabilimento, la gente cominciava a morire, anche se la malattia valeva sempre meno di un lavoro a stipendio fisso e garantito. 
Esplode dunque la micidiale bomba a duplice effetto che da una parte vorrebbe inibire l'iniziativa industriale che raccoglie consenso e il posto di lavoro che porta voti e dall'altra la vita intesa come vita biologica di donne, uomini e bambini che di questo lavoro ci moriranno per decenni. 
L'obiettivo era l'occupazione, il contenimento dell'emigrazione verso le fabbriche del Nord, lo sviluppo graduale per induzione dell'indotto che avrebbe fatto da volano per ulteriore occupazione. I risultati purtroppo sono sempre stati modesti e le conseguenze infauste: prima la privatizzazione, poi la cessione e l'acquisto da parte di gruppi stranieri, la contrazione della produzione, della manodopera, le malattie, le morti e le cause in tribunale. 
Non resta che qualche foto di come era la piana di Taranto prima dello scempio, o meglio, prima della  corsa alla morte. 

giovedì 8 febbraio 2024

Discussione archiviata

Sinner in inglese vuol dire peccatore, ma il nome è di origine tedesca e si pronuncia "zinner" con la S che assomiglia più ad una Z. Comunque il peccato al povero Jannik glielo abbiamo voluto attribuire a tutti i costi addossandogli la colpa di avere trasferito la residenza a Montecarlo, per evidenti motivi fiscali. Subito la questione è diventata di interesse generale e per giorni si è discusso se dovesse prevalere l'onere delle tasse al Paese natio oppure se fosse tollerato concorrere per il tricolore ma andare a beneficiare di tassazione agevolata sotto altre bandiere. Accusatori e conciliatori, come al solito. Stride però che la questione dell'elusione fiscale se non vera e propria evasione (ma non è certo il caso di Sinner) continui a tenere banco in Italia quando la memoria ci dovrebbe rammentare che per ben tre volte gli italiani hanno espresso il proprio consenso verso un personaggio che di evasione, elusione, giri di bonifici, trasferimenti all'estero, società all'estero e versamenti sospetti ad avvocati reticenti ne ha fatto una vera e propria arte. Consenso espresso dunque da una buona parte degli elettori che non ritenevano per niente sconveniente farsi governare da un siffatto personaggio. E' la democrazia bellezza e il voto è sacrosanto. Ma allora evitiamo di aprire questioni ormai archiviate negli armadi della coscienza nazionale.  

La forza della reazione