martedì 21 gennaio 2014

Boccaccio 2014

La vicenda della suora madre che sta tenendo banco sulla stampa in questi giorni alimenta gli inevitabili sprazzi di ilarità dall’antico sapore boccaccesco sia da parte dei più beceri commentatori di fatti di vita quotidiana da parte di quotati comici televisivi (vedi la Littizzetto durante la trasmissione di domenica scorsa). In fondo nulla è successo se non quello che capita da secoli a questa parte: le suore che figliano, i frati che copulano, i preti che si spretano e si sposano o, peggio ancora che non si privano della tonaca e abusano del proprio status e soddisfare illecite voglie. Quanta letteratura  ad alto peso specifico ha ricamato sulle tentazioni secolari di uomini e donne di fede. La forza comica della situazione sta proprio nella banalità di un fatto che non dovrebbe succedere.  Il tabù che si infrange ha sempre suscitato le risa tanto più grasse e fragorose quanto più alta è la voglia di infrangere le regole  e di deridere l’autorità costituita che le impone.
Eppure oggi le cose sono diverse. Sebbene si voglia continuare a dare al fatto la solita gravità morbosa, ci sono molti aspetti che, al contrario, contornano la vicenda di un luce nuova ed inedita, almeno mass-mediaticamente parlando. Innanzitutto la libera scelta della madre che ha scelto di tenersi il figlio, di onorarlo con il nome del Papa abbandonando la vita monastica per la più prosaica carriera di madre e compagna. Tutto questo con il pieno appoggio delle istituzioni ecclesiastiche che stanno proteggendo la ragazza difendendola dagli assalti della curiosità becera di chi riduce tutto all’icona grossolana e volgare della suora incinta. Infine l'assenza di qualunque atto di accusa: nessuno, superiora, consorella, monsignore et similia, ha giudicato la condotta della ragazza. Certamente ha infranto una regola che le comporterà l’esclusione da una vita che sicuramente non le si addiceva, ma non c'è stato accanimento sulle sue doti morali. L'atteggiamento della Chiesa è cambiato. E di molto: ha decisamente preso la strada difficile che porta a privilegiare la libera scelta piuttosto che alimentare lo scandalo, che ridimensiona la vergogna per fare prevalere la bellezza di una vita da vivere, che toglie un'infelice da una vita disgraziata nel buio di una sagrestia per restituirla alla luce e alla libertà e che, soprattutto, al silenzio renitente preferisce la presa di coscienza della realtà.  La Chiesa sta cambiamo. Molto velocemente. Più in fretta di quanto si pensasse, ma soprattutto più in fretta di quanto siamo disposti a credere.
E’ sorprendente scoprire che per quanto invocato, reclamato, pubblicizzato in tutte le salse, il cambiamento quando arriva veramente, ci metta a disagio. Non siamo pronti. Non siamo attrezzati a misurarci con lui. Preferiamo, piuttosto che una riflessione aperta e sincera le armi spuntate della derisione e del pettegolezzo.  

giovedì 9 gennaio 2014

Le vite meravigliose che non vogliamo


Il nostro Paese deve ripartire da una rinnovata fede verso i valori della Costituzione. L’Italia ha bisogno di bruciare nuove energie per potere ripartire. La nostra pulsione verso i principi fondanti della Democrazia e delle sue istituzioni si stanno affievolendo a causa di un naturale processo di assuefazione e di un, meno naturale, senso di scoramento scaturito dalle penose condizioni della nostra politica. Ma la forza della Carta della nostra Repubblica è ancora in grado di trascinare chi la abita verso azioni di valore finalizzate al bene comune? La domanda non dobbiamo farla a noi stessi, ma a chi tra i precetti della nostra Costituzione riesce ancora a ravvisare la possibilità di una nuova vita e di una nuova speranza. Chi viene da zone di povertà, di guerra e di prevaricazione non può non trovare conforto nelle parole scritte dai costituenti che, allora, coltivavano la stessa utopia per se stessi e per le generazioni a venire. Quello slancio e quel fervore hanno prodotto, nel corso di molti decenni, grandi risultati a beneficio di tutti. Oggi la spinta si sta esaurendo. E' necessaria ricaricarla. Noi non possiamo farlo, ma chi arriva disperato si. E' necessario che l'Italia sappia gestire in modo più propizio a se stessa, l'accoglienza verso chi sbarca come profugo, rifugiato e reietto. Il nostro non è solo un Paese con tanta costa per permettere sbarchi clandestini, ma è soprattutto una Costituzione ad elevatissimo senso civico, calibrata sulle pari opportunità, livellata sull’uguaglianza, sull’equità e sulla visione sociale dell’azione collettiva; un insieme che se ben recepito può garantire ottime opportunità di giustizia, senso civico e uguaglianza. Basta solo saperlo. E crederci. Noi lo sappiamo, ma ormai, ci crediamo poco. Chi arriva disperato non lo sa, ma è pronto a scommetterci.
Frank Capra, nella sua autobiografia “Il nome sopra il titolo” ha saputo raccontare bene il senso di forza e coraggio generato dalla comprensione dei chiari, potenti e riconosciuti precetti fondanti degli Stati Uniti. Lui, arrivato bambino dalla Sicilia, senza un soldo, senza istruzione, senza nulla, figlio di braccianti agricoli sbarcati in California per raccogliere le arance, diventerà il regista per eccellenza del sogno americano. Nessuno più di lui, né prima né tanto meno dopo, è riuscito a trasmettere i valori dell'America vera: libertà, solidarietà, forza della legge e rispetto delle Istituzioni. Nei suoi innumerevoli film Capra ha rappresentato i drammi personali di chi pensa di essere arrivato alla fine e decide di buttarsi nel fiume proprio la notte di Natale; ha celebrato il senso dell’onestà dell’uomo che crede nelle parole di uno dei Padri della Patria scritte nel marmo e a queste darà seguito per fare trionfare verità e giustizia. Lui, con quella faccia da uomo del Sud ha fatto tornare a credere nei valori fondamentali gli americani con gli occhi azzurri e le bocche sottili, riuscendo anche a diventare il più fidato cineasta di guerra durante il conflitto per convincere,  con i cortometraggi commissionati dal Governo, il suo popolo che stavano preparandosi per  una guerra giusta. Frank Capra ricorda spesso nel suo libro che è stato grazie al fatto che ha potuto studiare, frequentare persone al di fuori dalla cerchia della dannata povertà dentro la quale la sua estrazione lo avrebbe costretto, che ha potuto prendere coscienza delle opportunità che gli avrebbe potuto offrire il grande Paese dove era venuto a vivere. E il commosso ringraziamento che traspira da ogni pagina del racconto della sua vita è quello di gratitudine nei confronti di un Paese che lo ha accolto senza emarginarlo perché la sua legge avrebbe punito la discriminazione, la disonestà e le diseguaglianze.
Nel nostro Paese i governi che si sono succeduti negli ultimi due decenni non hanno saputo cogliere, al pari di persone come Frank Capra, questa grande opportunità di cambiamento. Un vero cambiamento che avrebbe portato dei risvolti epocali di cui però continuiamo ad avere paura. Non ci fidiamo di chi viene da fuori per un atavico senso di possesso e di difesa, scordandoci che i capitoli della nostra costituzione sono stati concepiti per permettere l’esercizio delle nostre libertà anche in presenza di elementi esterni, estranei e differenti. Eppure nessun Governo, nessuna legge ha affrontato il problema dell’immigrazione con la mente aperta di chi vede solo il bene, con la sicurezza e la serenità di potere contare su un ordinamento che tutela e che protegge, ma allo stesso tempo incoraggia e rincuora chi di diritti ne ha sempre avuti pochi. Questo slancio vitale, questa sete di rivalsa, questa energia nuova per il nostro Paese spesso si spegne sui fondali del Canale di Sicilia, si smorza dentro i centri di accoglienza e lo si umilia per le strade delle nostre città. Eppure la speranza e la volontà di emergere dalla dramma può portare tutti a immaginare una vita meravigliosa.
Un invito e un augurio per il nuovo anno a politici impauriti, cittadini disillusi, studenti demotivati, imprenditori rassegnati: apriamo le porte ai nuovi italiani. La loro felicità di oggi sarà la nostra serenità domani.


Frank Capra (1989) - Il nome sopra il titolo. Autobiografia - Ed. Lucarini - 88-7033-368-X

La forza della reazione