Il paese era molto piccolo e non si poteva considerare una rinomata località di villeggiatura estiva. Di quelle che le altolocate famiglie genovesi eleggevano come destinazione mondana per le vacanze. Era comunque in una bella posizione: aria e acqua buona, gente tranquilla molto affezionata e riguardosa nei contronti della famiglia Peregalli anche perchè la signora Letizia aveva parenti originari di lì. Puntuali come ogni anno arrivavano verso la fine di giugno per stabilirsi nella bella casa acquistata e di recente ristrutturata dall'ingegnere. La famiglia arrivava in carrozza seguita da tre o quattro carri con i bagagli, dei mobili nuovi, stovigliame, bottiglie di vino e regali quasi per tutti. La signora Peregalli, a scignua, come era chiamata cominciava a diramare ordini, indicazioni e raccomandazioni affinchè tutto venisse sistemato in fretta nella grande casa. Allora le vacanze potevano iniziare. Il giovane Giovanni Battista, per tutti Giobatta, guardava con curiosità quel movimento. Si ricordava che l'anno prima aveva conosciuto la figlia piccola della coppia, Emanuela, chiamata in casa Molly, una bambina molto delicata che veniva sorvegliata senza sosta dalle due bambinaie che si portavano dietro. La rivide. Pensò che doveva essersi sbagliato con un'altra persona. La figura che vide era diversa da quella bambina allegra e vivace che ricordava; pallida e magra. Solo gli occhi restituivano la vitalità che lui ricordava. Cercò subito di farsi avanti per salutarla, ma la sorveglianza delle governanti non gli permise di avvicinarsi. Allora la chiamò, ma lei fece finta di non averlo sentito continuando a giocare con i fratelli. La sera a tavola suo padre commentò l'arrivo della famiglia Peregalli senza particolare interesse a differenza degli altri anni quando l'insediamento della famiglia per le vacanze significava per lui un notevole incremento di lavoro. Augusto, infatti, buon carpentiere riusciva sempre a farsi commissionare qualche lavoro dall'ingegnere. Ma durante quell'estate per suo padre era diverso. Aspettava delle risposte da alcuni compaesani parttiti per gli Stati Uniti per fare fortuna. Aspettava che si aprisse una porta anche per lui. Ma la risposta tardava ad arrivare. Le occasioni per vedere Molly erano molto poche. Eppure l'anno prima era facile incontrarsi per strada, fare anche una corsa o un gioco tutti insieme. Quell'anno no. Dicevano che l'ingegnere era diventato un uomo d'affari molto importante a Genova e addirittura pareva che volesse entrare in politica. E allora la gente del paese sosteneva che come tutte le famiglie benestanti ci tenessero a mantenere le distanze. Giobatta non capiva molto di quei discorsi. Però Molly la guardava solo di sfuggita e lei continuava ad ignorarlo. Solo di domenica a messa riusciva almeno ad incrociare i suoi occhi; aspettava che lei gli passasse davanti per andare verso i banchi in prima fila per poi alzarsi di scatto fingendo di dovere andare a prendere qualche cosa fuori dalla chiesa. Notava che la governante interveniva subito per allontanare la bambina che si faceva docilmente trascinare. Una domenica in chiesa decise che doveva fare un passo avanti: alle fine della messa rimase seduto sulla panca, aspettò Molly che passava e le prese la mano. Lei la strinse debolmente, portandosela dietro per pochi passi, poi mollemente la lasciò andare. Era morbida, ma fredda. Camminava senza guardarlo, ma lui sapeva che erano vicini come non sarebbero stati mai più. La notizia arrivò pochi giorni dopo. Tutta la famiglia di Giobatta sarebbe andata in America. La partenza era molto vicina. Il carro che li avrebbe portati alla stazione e poi col treno a Genova era già pronto con i bagagli e con tutti quegli averi che è possibile portarsi dietro in un viaggio in nave così lungo. Sua madre piangeva. Suo padre era nervoso mentre controllava che tutto fosse assicurato al carro. Giobatta guardava le facce di tutti quelli che erano venuti per salutare e augurare buona fortuna. Vide anche Molly. Scese dal carro e corse vero quella bambina così indifferente. La guardò negli occhi e le diede il suo regalo, un burattino di legno fatto con semplici listelli di legno tenuti assieme da ganci di metallo per poterlo muovere e fargli assumere buffe posizioni. Era molto bello e lui ne era molto fiero. Glielo offrì e lei lo prese e lo guardò finalmente. Subito arrivarono la governante che liberò Molly da quella situazione imbarazzante strappandole dalle mani il gioco e suo padre che gli disse di tornare subito sul carro.
Ormai la nave era lontana dalla costa. Suo padre lo teneva in braccio e guardava la costa. Vedeva ancora le luci della città, la lanterna. Sentiva che piangeva. Lui guardava dalla parte opposta, verso il mare aperto è già vedeva la fiaccola della statua della Libertà.
Un anziano signore cammina lungo i viali del cimitero monumentale di Staglieno. Lo precede muovendosi a passo d'uomo una lucente macchina americana guidata da un autista in livrea. L'uomo cammina e tiene un bastone in mano. E' molto elegante e nonostante il viso invecchiato e il fisico incurvato ha un incedere deciso e sicuro. Ogni tanto si ferma a guardare qualche tomba. Cerca di ricordare nomi, volti e storie, ma gli è molto difficile. Un groviglio di rovi, erbacce e piante rampicanti che coprono una cappella attira la sua attenzione. Si avvicina curioso e con il bastone scosta la vegetazione per scoprire la statua funebre di una bambina che anni di incuria hanno reso ormai un rudere scrostato. Ma il volto della bambina si vede ancora; sorride e tiene in mano, appoggiato alla gonna un burattino di legno tutto snodato in una buffa posizione. Legge solo una parte dell'epitaffio, quella rimasta: Molly Peregalli che strappata ai giochi...
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