sabato 2 ottobre 2010

Le bestemmie di Berlusconi e il pragmatismo dell’Economist


In fondo hanno ragione Berlusconi e il suo entourage quando fanno quadrato intorno al fatto che una storiella volgare, offensiva e blasfema se raccontata nella cerchia degli amici buontemponi debba rimanere nell’ambito dei fatti privati e ogni estensione mediatica diventi una strumentalizzazione in mano agli oppositori.
Il punto della questione è che, se il fatto viene circoscritto al semplice fatto, non è possibile dare ragione a chi si scaglia contro l’ennesima uscita maldestra del premier, ma se viene relativizzato al contesto in cui costui opera e che rappresenta, la questione sarebbe comunque più complessa e meno difendibile. Sarebbe. Infatti anche nell’ipotesi dell’ufficialità che il capo dell’esecutivo di un Paese inevitabilmente si trascina dietro tanto da non potere discernere quello che è privato da quello che è pubblico, rimane apertissima e vulnerabilissima l’incapacità di questa persona di adottare minimi accorgimenti di buon senso per evitare scivoloni di popolarità, di immagine e di reputazione.
E nel caso della barzelletta su Rosy Bindi raccontata all’Aquila le precauzioni sarebbero state quelle di evitare di lasciarsi andare a situazioni di grassa ilarità in una terra offesa e ancora sofferente; di astenersi da profferire bestemmie e battute volgari su un avversario politico, di essere consapevole che in un contesto di multimedialità e affannata ricerca di “contenuti” da affidare a qualche social network c’è sempre in agguato una telecamerina pronta a riprendere il fatto da mettere in rete. Tutto questo, anche se stupisce che colui che ha portato il protagonismo televisivo a sventolare sopra ogni cosa, Berlusconi non lo sa, o se lo dimentica nel momento meno opportuno.
Così è stato per le Escort, per le tragicomiche uscite al Parlamento europeo, per le altre barzellette, le corna, i cucù, le sfuriate della Regina Elisabetta e mi fermo.
Nell’aprile del 2001, l’Economist, il settimanale liberale britannico pubblicò un dossier che metteva analiticamente in luce le lacune che l’allora esponente capo dell’opposizione evidenziava e che lo avrebbero reso inadatto a guidare il Paese, il nostro Paese. Penso che la politica italiana dovrebbe andare a rileggersi quell’articolo e imparare dal pragmatismo anglosassone. Soprattutto l’opposizione dovrebbe smetterla di criticare Berlusconi, tout court, e iniziare ad apprezzare i suoi meriti oggettivi: è un abile imprenditore, generoso a modo suo, fascinoso col gentil sesso, fine oratore, simpatico, un compagnone con cui andare a mangiare una pizza e bere una birra. Tanti meriti, ma una pecca: incapace a governare l’Italia.

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