lunedì 18 ottobre 2010

Le inique sanzioni


Ogni tanto le prime pagine dei giornali riportano notizie di sanzioni di importo molto elevato che vengono comminate dalla AGCM, l’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato presieduta da Antonio Catricalà, nei confronti di importanti aziende per pratiche commerciali scorrette, abuso della posizione dominante o concertazione di attività di cartello che sfuggono alle maglie dei controlli ufficiali. Normalmente queste notizie rimangono elementi di cronaca isolati i quali, sollevato lo scalpore e l’indignazione iniziale, si perdono nei ricorsi e controricorsi per ritornare ad essere argomento di lettura solo su quotidiani e riviste di economia, bollettini degli organi professionali coinvolti (avvocati, periti, consulenti,manager), ma quasi mai ripresi dalla stampa quotidiana. Normalmente si tratta di aziende che operano nel settore delle utilities come forniture di gas o energia elettrica e che operano in regimi commerciali assai simili agli oligopoli dove i beni proposti hanno le caratteristiche di commodities per le quali il costo e i suoi incrementi non sono sufficienti a determinare la rinuncia al servizio (non posso rimanere senza luce e gas) o a stimolare la ricerca di un fornitore più a buon mercato. L’entità delle sanzioni è molto elevata perché il calcolo di questa comporta la determinazione del periodo in cui la pratica incriminata è rimasta attiva e il numero di persone coinvolte come, per esempio, il totale degli abbonati attivi o il bacino potenziale della audience obiettivo di un messaggio pubblicitario.
Al di là di questi casi clamorosi, che in realtà vengono portati agli onori delle cronache abbastanza raramente, il lavoro dell’Autorità è molto più intenso, assiduo e soprattutto, molto accurato e puntiglioso. Per farsene un’idea basta andare sul sito dell’Autorità www.agcm.it e iniziare a scorrere i bollettini periodici che escono con l’elevata frequenza di uno alla settimana e che riportano pagine dense di dati, fatti e circostanze e elementi a difesa sui quali vengono poi fondate le decisioni dell’Autorità. Dalla lettura dei documenti risulta subito chiaro che le competenze a disposizione dell’organo sono molto affilate in termini di conoscenze giuridiche, economiche e contrattuali. Tuttavia, se le competenze sono affilate, sono le armi di offesa ad essere un po’ spuntate; infatti se si va a vedere l’entità delle sanzioni elevate ad aziende che hanno assunto comportamenti sfociati successivamente in pratiche commerciali scorrette e diffusione di messaggi pubblicitari artatamente destinati a confondere l’ignaro destinatario, si rimane sorpresi dell’esiguità degli importo comminati. Talmente irrisori che non fungono neppure da deterrente nel perseverare negli stessi “errori” già sanzionati.
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, per esempio, nella sua adunanza del 26 agosto 2010 (1) ha ritenuto che la società farmaceutica Bracco, che ha fatturato nel 2009 1 miliardo di euro generando utili per 49 milioni di euro, abbia calcato un po’ troppo la mano nell’ illustrare le proprietà terapeutiche di alcune specialità da lei prodotte, fornendo un quadro che, alla riprova dei fatti, ha dimostrato effetti terapeutici assai più modesti di quanto prospettato. Nella fattispecie si trattava di due integratori alimentari, Cogiton e Stenovit, rispettivamente capace, il primo, di prevenire e di contrastare le patologie neuro-degenerative cellulare e, nel caso di Stenovit, utile per pazienti a rischio di danno cardiovascolare. L’atto di censura dell’Autorità ha preso di mira il materiale informativo destinato al personale medico, reo di fornire un’informazione eccessivamente sovradimensionata rispetto alle effettive possibilità terapeutiche. E non si tratta di cosa da poco, visto che l’intento era di convincere i medici del valore di un prodotto destinato a contrastare malattie potenzialmente in grado di affliggere una consistente quota della popolazione, ormai sempre più vecchia e bisognosa di cure croniche. Ebbene, volete sapere che cosa paga di sanzione la Bracco per essere stata un po’ troppo ottimista nel comunicare i propri meriti? 70.000 euro di sanzione amministrativa per Cogiton e 80.000 per Stenovit. L’autorità ritiene congrua l’entità della sanzione, per carità, ma questa azienda fa 50 milioni di utile e si trova adesso a pagare una sanzione pari a quello che guadagnano in una settimana i suoi principali dirigenti. Se non fosse stato per la Sharper Healtcare che ha mosso un legittimo sospetto sulla veridicità delle affermazioni della società concorrente, per quanto tempo avrebbe perseguito la Bracco nella sua ottimistica campagna di promozione delle proprie specialità? E quanto avrebbe guadagnato nel frattempo? Una multa di entità così modesta può fare accusare all’azienda contraccolpi tali da mettere in atto precauzioni per evitare ulteriori “ricadute”?
Passiamo ad un altro settore, quello della telefonia mobile e più precisamente del mondo che ruota intorno alle proposte commerciali che hanno per destinatari i giovanissimi innamorati del proprio strumento di comunicazione personale e sempre desiderosi di personalizzarlo con nuovi orpelli. Nel caso specifico parliamo di Vodafone Omnitel Omntel NV che è l’ultima in ordine cronologico a finire nel mirino dell’autorità di controllo (2). La segnalazione parte da una denuncia inviata da un utente nel 2009 che sottoponeva all’autorità la presunta ingannevolezza di un messaggio promozionale volto a diffondere e promuovere una suoneria polifonica gratuita per cellulare, senza specificare che gli oneri relativi alla ricezione del messaggio che avrebbe successivamente attivato il gadget, comportava un costo di 1,58 euro addebitati direttamente dal conto telefonico dell’ignaro utente. Il comportamento è stato censurato dall’autorità che ha ritenuto il messaggio promozionale diffuso ingannevole in quanto, cito per intero la sentenza “presentando in modo ambiguo e incompleto informazioni rilevanti in merito alle caratteristiche e alle effettive condizioni economiche della promozione pubblicizzata, è idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio in relazione al servizio offerto e suscettibile di indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso”. Sanzioni? 60.000 € calcolando circa 100.000 suonerie scaricate nel periodo settembre 2007 dicembre 2009, aggravate di alti 15.000 euro perché l’azienda risulta essere già stata in passato destinataria di altri provvedimenti in violazione del Codice del Consumo. E abbiamo fondati motivi di pensare che l’entità della sanzione per un’azienda che ha prodotto nel 2009 a livello globale, 8.310 milioni di euro di utili non fornirà seri motivi per astenersi dal compiere, in futuro, comportamenti altrettanto scorretti.
L’Autorità presieduta da Catricalà si è anche occupata di Sky Italia, la rete televisiva privata che ha fondato il proprio successo sull’offerta di rivolta agli appassionati di sport, in particolare di calcio. Nel caso specifico, su segnalazione di RTI (Reti Televisive Italiane) che gestisce la piattaforma di programmazione commerciale Mediaset Premium, è stato sottoposto al parere dell’organo di controllo il contenuto di spot radio-televisivo che pubblicizzava l’offerta “Tutto Sky a 29,90 Euro al mese”. La società concorrente, sentendosi implicitamente tirata in ballo dai testi dei comunicati della società concorrente, in data 22 febbraio 2010 ha presentato una richiesta di intervento all’Autorità segnalando una presunta ingannevolezza nei messaggi pubblicizzati che non informavano adeguatamente relativamente ai vincoli contrattuali e ai costi complessivi dell’offerta come per esempio il fatto che l’utente sottoscrittore rimaneva vincolato per un anno e non per i soli tre mesi dell’offerta, e, ovviamente, del fatto che dopo il primo trimestre i costi sarebbero inesorabilmente lievitati. Il parere dell’autorità è stato nettamente in favore del ricorrente in quanto gli elementi omissivi della proposta, si parla anche di costi di attivazione non esplicitati, costi per il decoder sottaciuti, erano di natura e in quantità tale da connaturare l’offerta come in grado di fornire informazioni non corrette o ingannevoli nei confronti dell’utente medio. L’entità della sanzione? 100.000 euro che avrebbero potuto essere “solo” 85.000 se il soggetto non fosse stato recidivo. E non dubitiamo che per una società che nel bilancio del 2009 ha potuto mettere un utile di 163 milioni di euro, correre il rischio di dovere pagare un’ammenda così irrisoria sia un blando monito dal commettere altre leggerezze.
In realtà non sarebbe corretto affermare che, alla luce della lieve entità delle sanzioni elevate, le armi in mano all’Autorità siano spuntate o poco efficaci. Tutto va valutato in una prospettiva di eque sanzioni da una parte, ma anche di efficaci strumenti per muovere azioni di rivalsa nei confronti dell’operatore “maldestro” o disattento, dall’altra. Se in Italia esistesse una procedura regolamentata che desse corpo alle intenzioni della legge sulle azioni di rivalsa collettiva, la famosa “class action” le possibilità che il reo ricada nella tentazione di peccare ancora sarebbero nettamente inferiori rispetto a quello che accade nella realtà. Purtroppo sembra che ci sia ancora molta diffidenza verso questo istituto, riscontrabile in molti ambienti: nei contesti associativi con Confindustria in primis, ma anche in ambito forense poiché gli avvocati non dispongono ancora di un protocollo interno per regolamentare le singole spettanze in caso azioni che possono arrivare a coinvolgere migliaia di persone.
E intanto le pratiche ingannevoli prosperano.

(1): Bollettino n°34 del 20 Settembre 2010 Provvedimento n.° 21494 pp 29-47
(2): Bollettino n°37 dell’ 11 Ottobre 2010 – Provvedimento 21598 - pp. 61-67
(3) Bollettino n° 29 del 29 Agosto 2010 – Provvedimento 21384 pp. 111- 118

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