Attraverso le nostre scelte consapevoli è possibile diminuire i consumi per l'affermazione di un'economia sostenibile ed equa. Dai modelli di comportamento, ai trasporti e alle letture tutto è materia per un approfondimento che porti a discriminare tra l'utile e il vacuo, tra la sostanza e l'effimero, tra il modello virtuoso e il pedissequo seguito a richiami di inconsistente benessere.
martedì 10 agosto 2010
Tempo di partenze intelligenti. Ma l'intelligenza è altrove.
Arriva. l’estate, arriva il tempo delle vacanze e arrivano puntuali le raccomandazioni e gli ammonimenti dei famigerati “bollini neri” funesti indicatori di disgrazie autostradali quali le interminabili code ai caselli e gli inestricabili intasamenti agli svincoli, gli agognati portali oltrepassati i quali ci sentiamo veramente in vacanza.
Le cosiddette partenze intelligenti, il vero, purtroppo immutabile, tormentone di ogni estate sono, senza tanto spreco di ingegno e di arrovellamenti cerebrali, i consigli forniti dalla Società Autostrade che ci aiutano a pianificare la data e l’orario del nostro esodo vacanziero per evitare quei periodi particolari in cui si presume che si concentri la fiumana di auto dirette verso i luoghi della villeggiatura.
Perché tanta apprensione nei nostri confronti? Ovviamente il flusso ininterrotto di famiglie che si trasferiscono in vacanze a bordo della proprio auto (mezzo ormai irrinunciabile per il trasporto di quintali di bagagli e delle inutili attrezzature sportive che non utilizzeremo mai) fa gola ai bilanci delle società che gestiscono le autostrade. Per nessun motivo queste rinuncerebbero ai proventi della spensierata schiera di gitanti al punto da bombardarci con una serie di volantini, comunicati, trasmissioni per invitarci a scegliere la nostra personale partenza, senza però essere così cortesi da darci l’unico consiglio intelligente, cioè quello di partire e NON prendere l’autostrada.
Se tutte le estati milioni di automobilisti iniziano a ribollire lungo l’asfalto traslucido e drenante delle autostrade, ci sono migliaia di chilometri di strade normali, magari con l’asfalto non perfettamente livellato, ma completamente sgombre che non aspettano altro che ospitare qualche malcapitato per dimostrargli che al prezzo di qualche mezz’oretta in più, qualche “fattoria” o “positano” in meno, a destinazione si arriva lo stesso.
Certo, un minimo di buon senso lo si deve comunque usare almeno per evitare di partire durante le ore più calde ovvero dopo avere mangiato quattro bistecche alla milanese (cotte nel burro, mi raccomando) e essersi scolati due birre gelate, ma la scelta più intelligente è quella di tracciare la propria rotta evitando le autostrade e optando per quel patrimonio di storia, bellezza, cultura, curiosità e sorprese che sono le strade normali.
Libere, poco trafficate e, soprattutto, gratis.
Questo alle autostrade non va giù. Ci vogliano fare credere che non sia possibile partire per le vacanze senza rinunciare ai riti collettivi dell’autogrill, della coda e dei sodalizi improvvisati nati tra automobilisti che a portiera aperta e piede sul predellino commentano l’ennesimo disservizio del gestore. Ormai fa parte del rito perché nell’immaginario degli italiani è l’autostrada che conduce a lontane evasioni forse per via dell’ufficialità “dell’ora di entrata e dell’ora di uscita”, forse in ragione del pedaggio, il tributo da pagare per potere dichiarare al mondo di essere veramente liberi, o in ragione della condivisione dei patimenti collettivi che uniscono e creano spirito di corpo, le amicizie che nascono tra i sorrisi in coda e ai banconi degli autogrill…
O forse è il fatto di trovarsi in un “non luogo” indefinibile nella sua localizzazione geografica e paesaggistica che ci trasla verso i lidi delle vacanze senza la volontà di percezione del movimento spazio temporale, quasi a volere soprassedere gli interstizi di luoghi, genti, città che si frappongono tra noi e la nostra meta finale.
Come gli astronauti dei film di fantascienza che devono ibernarsi per sopravvivere ad anni di viaggi negli spazi siderali.
La strada statale è come la ferrovia, come la bicicletta, come il portapacchi sul tetto della macchina: evocano l’esistenza più modesta e impersonale dalla quale proveniamo e con la quale non vorremo mai più misurarci. L’autostrada è la velocità, è l’anonimato luccicante e ripetitivo dei viadotti e la fantastica luce all’orizzonte di un’area di sosta che occhieggia e ci invita a fermarci per prolungare ancora quel primo assaggio di vacanza. E’, infine, il cartello indicatore che ci segnala la nostra uscita, che finalmente ha un senso, perlomeno geografico. Le altre erano semplicemente pietre miliari da superare.
Personalmente, (e chi lo dubitava) cerco di non usare mai l’autostrada. Opto per le strade statali anche per trasferte di lavoro o per motivi non strettamente connessi alle vacanze. In media il risparmio di tempo è insignificante. La minore velocità a cui mi obbligano i limiti delle statali comporta un minor consumo di carburante e meno rischi.
Inoltre, la disponibilità di un dispositivo di navigazione satellitare impostato sul calcolo di tragitti che escludano autostrade e altre strade a pagamento permettono di raffinare di volta in volta il percorso per arrivare a dei veri e propri virtuosismi in termini di risparmio di chilometri, incroci, semafori e amenità paesaggistiche.
Nei prossimi post, sparsi qua e la, qualche suggerimento di strade alternative, utili per togliersi dagli impacci nei giorni del rientro.
Concludo con una domanda, che forse dovevo pormi prima: ma che senso ha correre per arrivare in vacanza quando il viaggio può essere parte della vacanza? Penso con orrore se Kerouac, Chatwin, Lapierre e tutti gli altri scrittori che hanno saputo dare un senso letterario ai propri trasferimenti fossero vissuti ai tempi della autostrade: un romanzo di viaggio ambientato in tangenziale non interesserebbe a nessuno.
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