Impiegare un’ora e mezza per fare
poco più di trenta chilometri imbottigliato in un flusso di automobili che si
muovono a passo d’uomo tutte nella stessa direzione. Un’occasione unica per
fare un po’ di sociologia spicciola e tirare qualche considerazione su che tipo
di soluzione si potrebbe escogitare per rendere la vita migliore. Guardandosi
intorno è facile arguire che si tratta
di persone che si stanno spostando per andare a lavorare in un grande centro
urbano, probabilmente legate ad un
orario di inizio che potrebbe essere flessibilmente impostato per le 9 di mattina.
Da come sono vestite di direbbe che sono tutte persone che svolgono lavori di
una certa levatura. Di certo non sono legati ad una pressa o ad un tornio. Ma
neppure ad una scopa o una chiave inglese. Dispongono di una buona conoscenza
di strumenti informativi a vedere con quale frenesia utilizzino dispositivi
wireless come tablet e smartphone. Dal tono
animato delle conversazioni telefoniche che intrattengono si può arguire che
siano già attivi, “sul pezzo”, a discutere con i colleghi, trattare con clienti
o a spettegolare su qualcuno, dato che anche questa pratica costituisce quel
valore fondante che è la socialità del lavoro. E sebbene interconnesse con l’ufficio,
la famiglia e il resto del mondo, sono sole, nel senso di assenza di altri
passeggeri che condividano i tre o quattro comodi sedili che lo circondano.
Migliaia di auto incolonnate che procedono a passo di lumaca che trasportano una
sola persona che per altre 10 ore si siederà su una sedia o poltrona che si
voglia, che abbonderà per una mezz'oretta per andare a mangiare un boccone, se
ci va. E tornare a casa, facendo la strada inversa, sempre alla stessa ora.
Dopo avere assistito alla morte
per consunzione della figura del mobility manager, quel ruolo volutamente
inconsistente che avrebbe dovuto apportare qualche elemento di razionalità
negli spostamenti casa ufficio dei
dipendenti di medie e grandi aziende, dopo avere verificato che i timidi
tentativi di incentivare un uso meno individualista dello spostamento privato
proponendo corsie preferenziali al cosiddetto autopooling non hanno sortito
nessun tipo di entusiasmo, dopo la constatazione che il treno pendolare
metropolitano è un’esperienza che tende a disinnamorare anche il più convinto
de sostenitori dei mezzi pubblici e avere, infine, decretato che nonostante i
costi, la crisi e i rischi gli italiani non rinunceranno mai a privilegiare lo
spostamento con il mezzo proprio, sarebbe opportuno pensare a delle soluzioni in grado di attuare un
deciso cambiamento di rotta.
Il telelavoro sembrava una parola
ormai destinata a finire nello sgabuzzino delle profezie del futuro prossimo
venturo, un po’ come i panorami dell’anno 2000 pieno di macchine volanti e
gente in tuta da astronauta che va a lavorare con la valigetta 24 ore. Qui da
noi è così, forse. Ma non in altri Paesi che hanno capito da un bel pezzo che
una buona fetta di migliore qualità di vita passa proprio dalla possibilità di
gestire in modo autonomo il proprio lavoro decidendo quali sono le occasioni in
cui è necessario interagire fisicamente (sempre meno funzionalmente necessarie)
e quelle in cui la tecnologia digitale può sopperire alla condivisione dello
spazio fisico (sempre più caro). Negli Stati Uniti sono stati fatti pesanti
investimenti per rendere possibile una maggiore disarticolazione dei processi
lavorativi e produttivi al fine di creare una maggiore autonomia gestionale del
proprio contributo agli obiettivi aziendali. L’investimento in tecnologia dell’America
di Steve Jobs mostra il suo lato migliore. Il miglioramento del benessere passa
anche da qui: una società maggiormente evoluta da un punto di vista informatico
può gettare le fondamenta per un’organizzazione del lavoro migliore. Bisogna
saperla cavalcare come stanno facendo le principali aziende del settore
informatico con l’aiuto di alcuni Stati, in primis la California. Sapere usare
un tablet oggi non è solo una moda, ma potrebbe essere un passo concreto verso
un mondo diverso.
E’ un aspetto importante, ma in
Italia non siamo preparati. Per una serie di ragioni, alcune banali come la mancanza di programmazione e di riferimenti normativi certi, resistenze a vari
livelli, ma anche per l’assenza di una “Ragioneria” in grado di soppesare il
dare e l’avere di valori intangibili come la serenità, la maggiore efficienza lavorativa, il benessere
familiare, la tranquillità dei figli. Purtroppo tutto questo non esiste perché non
se ne avverte neppure il bisogno. Si sa per esempio che l’inquinamento di una
grande città come Milano dipende in larghissima misura dal numero spropositato di
auto che ogni giorno si riversa da una periferia sconfinata. Eppure non si sono
imposti effettivi limiti all'afflusso di mezzi privati approntando mezzi di trasporto efficienti in grado
escludere la necessità del ricorso all'auto. Da una città che stenta a riconoscere
l’utilità delle piste ciclabili è arduo pensare che possa arrivare a
programmare un sistema più razionale di spostamenti verso il proprio centro. Ma
il gravame dell’aria inquinata e i danni per la salute non rientrano tra i
conti della Ragioneria del Benessere che ogni Stato oggi dovrebbe avere.
Riformulare un sistema di
organizzazione del lavoro dovrebbe rientrare nei compiti principali di un
Governo di un Paese avanzato. Almeno tanto quanto trovare per tutti un’opportunità
di impiego dignitoso e in grado renderci adeguate soddisfazioni. E anche su
questo sappiamo che l'Italia non è che faccia molto bene. Eppure una
migliore suddivisione degli impegni legati al lavoro potrebbe favorire la
crescita di partite contabili in grado di alleggerire il costo del lavoro
stesso aumentando allo stesso tempo la propensione all'offerta di impiego da
parte delle parti datoriali. Il beneficio di un lavoro fatto da casa potrebbe
inoltre, rendere maggiormente predisposte le frange deboli dei lavoratori ad
accettare impieghi poco allettanti soprattutto nel settore dei servizi come
addetti alle attività di call centre, personale di back office, amministrativo
e contabile. Riformulare i modelli di occupazione privilegiando l'autonomia e il lavoro distanza è un processo complesso che deve passare attraverso
lunghe stagioni di maturazione e gestazione che solo un’attenta regia può
gestire. Alleggerendo le proprie strutture direzionali le aziende potrebbero
vedere alleviati i propri costi fissi e una parte delle economie gestionali
potrebbero andare a parziale contributo per la copertura delle spese per le
spese della casa dei dipendenti come luce, gas e riscaldamento. Un gioco con che potrebbe trovare entrambe le parti vincenti in ragione del valore sempre positivo delle contropartite. Una sfida per i
Governi dei prossimi anni. Un progetto programmatico ambizioso e prestigioso
che potrebbe portare a ottimi risultati di lungo respiro a livello sociale ed economico. Ma anche di miglioramento dell'ambiente fisico in cui viviamo. Un progetto che dovrebbe già essere messo in pista a partire da oggi. Per esempio istituendo una scuola di specializzazione
per giovani ingegneri gestionali laureati o laureandi dove possano acquisire i
ferri del mestiere di una imponente task force che per conto del Governo
verrà inviata presso le aziende per studiare e predisporre dei piani di
delocalizzazione del lavoro basati sul telelavoro alle quali le stesse
dovranno, obbligatoriamente a questo punto, assoggettarsi. Tempi di realizzazione? Meno di una inutile linea ferroviaria tra Italia e Francia.
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