mercoledì 26 ottobre 2011

Il santo navigatore che scoprì l'America

Per i "Viaggi di Carta" vi propongo questo bellissimo libro, purtroppo difficile da trovare, che racconta il viaggio e i relativi preparativi di uno storico inglese che a bordo di una fragile imbarcazione di pelle, dimostrò che i monaci irlandesi del VII secolo, i famosi Santi Navigatori, avrebbero potuto raggiungere le coste del Nord America. Più che viaggi di carta, oggi parliamo di viaggi di cuoio!


Deve essere stata una vita dura quella dei monaci cristiani irlandesi del VII secolo, talmente dura e sottoposta a privazioni da contribuire a forgiare la tempra di coraggiosi e abili naviganti che a bordo di fragili imbarcazioni completamente aperte navigarono in lungo e in largo nelle zone artiche dell’Oceano Atlantico, fino a raggiungere, pare, le coste del Nord America. Molti secoli prima di Colombo.
Il trattato “Navigatio Sancti Brendani” risalente come stesure con data certa agli ultimi secoli del primo millennio, ma attribuito alla mano di San Brendano il monaco irlandese la cui fede incrollabile lo portò ad esplorare vaste zone dell’Irlanda, dell’Islanda e di altre isole a nord della penisola britannica per creare avamposti di religione cristiana, contiene molti riferimenti non solo geografici, ma anche meteorologici e climatici da interessare molti storici medioevalisti convinti che San Brendano e compagni in America ci siano proprio arrivati.
Tim Severin uno storico inglese, amante dell’avventura e del mare è stato uno di questi; con la differenza che a lui la teoria interessava fino ad un certo punto. Voleva dimostrarlo con i fatti.
Con l’aiuto di compagni accomunati più che dalla storia dall’amore per il mare e la navigazione, Severin, sulla base dell’osservazione delle tipiche imbarcazioni di tela del sud dell’Irlanda, i “curroghs”, particolarmente leggere e reattive in caso di mare agitato e con il contributo di storici specializzati in imbarcazioni del periodo medioevale costruì un’imbarcazione lungo poco più di 10 metri che, salvo qualche particolare poco significativo, rassomigliava alla barca che trasportò gli incrollabili monaci in America.
La particolarità saliente era il rivestimento dell’imbarcazione, costituito da pelli conciate secondo le usanze del tempo e cioè mediante bagni di tannino di quercia. Il cuoio, apparentemente un materiale estremamente fragile e soggetto al deterioramento, se trattato secondo opportuni accorgimenti rispettosi ovviamente delle conoscenze del tempo, si rivela essere molto più affidabile e resistente dei più comuni materiali da costruzione per usi nautici. E di questo doveva esserne intimamente convinto Tim Severin dato che anche l’intera struttura in legno dell’imbarcazione venne tenuta insieme mediante l’esclusivo uso di corregge di cuoio (si arrivò a totalizzare qualche migliaio di legature) dato che in quei tempi il costo del metallo era proibitivo e di conseguenza l’uso di chiodi di ferro era quasi impossibile.
Nel libro “Il viaggio del Brendano” scritto da Severin nel 1978 e pubblicato in Italia nello stesso anno da Mondadori, Tim Severin racconta le fasi precedenti all’impresa nautica vera e propria, e cioè dal momento in cui si insinua nella sua mente l’idea che fosse possibile ripercorrere le orme del Santo Navigatore irlandese replicandone le gesta cercando di rimanere il più fedelmente attaccati alle effettive condizioni sperimentate dai naviganti dell’epoca. E questa ricerca spasmodica del particolare Severin ce la illustra durante le fasi preliminari della ricerca della forma più corrispondente dell’imbarcazione(per buona parte replica dagli atavici “curroghs” ancora oggi usati dai pescatori irlandesi del Kerry); nella scelta del cuoio più adatto e resistente all’acqua e al salino e nella selezione delle provviste, tutte rigorosamente predisposte secondo la disponibilità dell’epoca nonché nel rispetto della regola monastica.
Nella tarda primavera del 1976 il Brendano è finalmente pronto e il gruppo di Tim, un improbabile equipaggio raffazzonato qua e là, parte per la prima parte del viaggio che si interrompe in Islanda a causa delle proibitive condizioni del tempo, ma che riparte l’anno dopo per giungere dopo quasi 7 settimane di navigazione interrotta in condizioni veramente difficili e disagiate (il 1977 è stato un anno che  evidenziò un’inusuale persistenza di ghiaccio in corrispondenza di latitudini artiche normalmente navigabili) ad avvistare le coste del Nord America e sbarcarvi sotto gli sguardi increduli di migliaia di spettatori.
Il viaggio di San Brendano era dimostrato. Nonostante l’interruzione, comunque storicamente accettabile dato che secondo le cronache San Brendano impiegò sette anni per compiere il viaggio saltabeccando qua è la, lungo quella che ancora oggi viene chiamata la “stepping stone route” la rotta che permette di arrivare attraversare l’oceano atlantico saltellando di isola in isola: isole britanniche, Ebridi, Faroe, Islanda e Groenlandia.
Il racconto di Severin è avvincente, condito da un’incrollabile volontà di raggiungere il proprio scopo e sorretto, anche durante le fasi più impegnative della navigazione da un robusto humor britannico. Sebbene l’impresa di Severin si collochi nel filone delle imprese nautiche volte a dimostrare probabili flussi migratori sfuggiti alla storiografia ufficiale (sono gli anni, per intenderci, del Kon-Tiki), è un peccato che nessuna casa editrice abbia avuto ancora l’idea di ristampare questo libro che risulta praticamente introvabile. E’ infatti un formidabile racconto di mare e di uomini fortemente attratti da esso. Un racconto di amicizia, di incontri, di volontà e di sconfinata voglia di conoscere cha ancora oggi coinvolge e ci fa sognare. Mille di queste avventure, Signor Severin!
Tim SEVERIN (1978), Il Viaggio del Brendano, Arnaldo Mondadori Editore

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L' America in bianco e bianco