Attraversare
l’America e scrivere un libro non è proprio il massimo dell’originalità visto
che la moda del diario di viaggio americano è una pratica diffusa da almeno tre
secoli. Ma se chi attraversa il continente lo fa navigando, allora forse il
diritto di scriverlo spetta sicuramente. Anche perché al momento non risultano
altri tentativi simili. Andati a buon fine, perlomeno. Da oceano a oceano.
Dall’Atlantico al Pacifico. Dalla baia dell’Hudson, sotto il traffico di
Manhattan, alle foci del Columbia, nell’Oregon navigando attraverso il sistema
fluviale e lacustre degli Stati Uniti percorrendo solo un manciata di chilometri su strada per
ovviare all’impraticabilità delle Montagne Rocciose. La fatidica catena, lo
spartiacque, il “divide” che decide da quale parte andranno le gocce di pioggia
che cadono su di esse: a sinistra, verso Ovest per percorrere il breve, ma
tumultuoso tratto che le porterà verso il Pacifico o a sinistra per
congiungersi all’incredibile sistema fluviale che gira intorno al Missouri, il
vero fiume per gli americani, che attraverso chiuse, laghi artificiali,
sbarramenti e rovine industriali mette in comunicazione le più importanti città
degli stati centrali degli Stati Uniti con l’Oceano Atlantico.
La palma
dell’impresa spetta ad uno scrittore che ha fatto del viaggio la propria
ragione di vita. Dopo milioni di chilometri che lo hanno portato a conoscere
ogni angolo recondito del proprio Paese, molto spesso seguendo le “strade blu”,
l’equivalente delle provinciali che una volta, sulle vecchie cartine
autostradali americane venivano tracciate proprio in quel colore. William Least
Heat-Moon, lasciati da parte, questa volta, i tormenti privati, decide di
partire su una piccola barca a chiglia piatta - Nikawa, cavallina di fiume in lingua nativa - per risalire per migliaia di
chilometri i fiumi americani con il precipuo intento di arrivare dall’altra
parte dei continente. Facile a dirsi, ma difficile spiegarlo a quelle diverse
centinaia di persone che incontrerà nel corso della sua navigazione e
accuratamente ritratti nel suo diario di bordo. Perché, tolta l’eccezionalità
dell’impresa e riconosciuta la tenacia
dell’autore deciso a non sprecare un miglio di acqua navigabile, il bello di
questo libro sono le descrizioni dei personaggi conosciuti durante
l’incredibile viaggio. Uomini e donne, gestori di pub, contadini, addetti alle
chiuse, vagabondi, uomini di legge decisi a fare rispettare le leggi sullo
sfruttamento delle acque interne, ognuno ripreso in un contesto specifico, ma
tutti uniti dalla forza evocativa che quel viaggio sapeva dare: dal suo punto
di partenza, New York al suo punto di arrivo, il Pacifico che per molti
americani dell’interno restano sempre dei miraggi irraggiungibili.
Anche Least
Heat-Moon però non sfugge alla regola consolidata che stabilisce che ciò che
giustifica un viaggio è seguire le orme di qualcuno che ha visitato quei luoghi
in tempi remoti. E nel suo caso le anime ricorrenti sono quelle dei capitani dell’Esercito Americano Meriwether Lewis e William Clark mandati in
avanscoperta agli inizi del XIX secolo per scoprire le origini dei grandi fiumi
americani e iniziare a costruire quel grande sistema di vie d’acqua solcate da
battelli leggendari che da San Louis portavano ricchezze, bellezze, vizi e
alcool in tutti gli avanposti del West. Dagli stralci dei diari dei due
militari le descrizioni dei luoghi rivisitati quasi due secoli dopo sono di una
struggente bellezza. Anche i due rudi uomini d’armi capitolano di fronte agli
spettacoli di gole, canyon e valli ammettendo la loro pochezza di narratori e
auspicando la penna di un Salvator Rosa (un nostro connazionale, a malapena
ricordato come eroe risorgimentale e ancora meno come scrittore).
Bellezze, che
salvo alcuni tratti ben poco concedono al visitatore attuale. I genieri del
Governo federale, in nome dello sfruttamento commerciale delle acque interne,
navigazione, pascoli e, soprattutto, energia elettrica, non hanno dimostrato animo
sensibile come i due militari. L’opera dell’uomo è sempre visibile per quanto
riguarda alvei ristretti per aumentare la profondità, deviazioni,
canalizzazioni, chiuse, dighe e canali. Un sistema efficiente che permette oggi
un discreto ricorso alle vie d’acqua per finalità di trasporto commerciale
anche grazie ad una ferrea regolamentazione degli afflussi delle acque per
contenere i rischi di alluvioni o contrastare i periodi di magra.
Buona parte del viaggio si dipana lungo il tortuoso itinerario del Missouri, il fiume per definizione per chi è veramente americano. Al punto che molti lo considerano ancora più importante del Mississippi che ha strappato il primato di fiume più lungo degli Stati Uniti a danno del Missouri solo in ragione di una svista dei cartografi in merito alla effettiva attribuzione del primo tratto fluviale che in realtà sarebbe stato metodologicamente corretto attribuire al Missouri. Di certo l’errata attribuzione non ha tolto a Least Heat-Moon il fremito primordiale verso questo fiume e la volontà quasi ferrea di risalirlo quasi fino quasi alle sue sorgenti. Un libro che si legge con entusiasmo, lo stesso che ha mosso l’autore nel raggiungere il Pacifico, grazie a dialoghi secchi, costruiti con sagacia e ironia. Una continua rincorsa tra l’autore e i suoi compagni di viaggio, i “pilotis” del momento che si avvicendano nel corso del viaggio, ma che nella narrazione pare essere sempre la stessa persona. Di notevole impatto emotivo le perle di saggezza raccolte durante gli incontri. Una su tutte degne di nota (e di stimolo alla riflessione per molti): nella lingua degli indiani d'America la parola inondazione non esiste. I fiumi hanno iniziato a straripare solo dopo l'arrivo dei bianchi. Prima seguivano solo il loro destino.
Buona parte del viaggio si dipana lungo il tortuoso itinerario del Missouri, il fiume per definizione per chi è veramente americano. Al punto che molti lo considerano ancora più importante del Mississippi che ha strappato il primato di fiume più lungo degli Stati Uniti a danno del Missouri solo in ragione di una svista dei cartografi in merito alla effettiva attribuzione del primo tratto fluviale che in realtà sarebbe stato metodologicamente corretto attribuire al Missouri. Di certo l’errata attribuzione non ha tolto a Least Heat-Moon il fremito primordiale verso questo fiume e la volontà quasi ferrea di risalirlo quasi fino quasi alle sue sorgenti. Un libro che si legge con entusiasmo, lo stesso che ha mosso l’autore nel raggiungere il Pacifico, grazie a dialoghi secchi, costruiti con sagacia e ironia. Una continua rincorsa tra l’autore e i suoi compagni di viaggio, i “pilotis” del momento che si avvicendano nel corso del viaggio, ma che nella narrazione pare essere sempre la stessa persona. Di notevole impatto emotivo le perle di saggezza raccolte durante gli incontri. Una su tutte degne di nota (e di stimolo alla riflessione per molti): nella lingua degli indiani d'America la parola inondazione non esiste. I fiumi hanno iniziato a straripare solo dopo l'arrivo dei bianchi. Prima seguivano solo il loro destino.
William LEAST HEAT-MOON (2000), Nikawa - Diario di Bordo di una Navigazione attraverso L'America, Einaudi - ISBN 88-06-15496-6
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