Se può avere ancora senso tornare a parlare del gesto folle di Adam Kabobo, lo squilibrato che a colpi di spranga e piccone ha ucciso tre persone, sarebbe bene parlare di una persona che ha restituito il vero significato di questo dramma. Mi riferisco al direttore dell'Ospedale Niguarda che di fronte ai giornalisti ai quali comunicava l'ultimo ferale bollettino medico sulle condizioni del povero ragazzo di 21 anni, dopo un attimo di umano sbandamento, ha detto due parole che riverberano magnificamente il pathos di questa tragedia: e' difficile. E' difficile, infatti, trovare un senso a quello che stava leggendo; è difficile per un medico giustificare le ragioni di una morte così, come è difficile per un padre giustificare la perdita di un figlio, per una comunità le ragioni della follia e della disperazione, per una città giustificare il disinteresse e l'ignavia. E' difficile, è oggettivamente difficile. Il solo vero atto di responsabilità è il silenzio di chi è sopravvissuto, il lavoro e l'impegno delle forze dell'ordine, dei giudici e degli operatori sociali che sapranno prevenire tragedie simili, le lacrime di un medico che ha fatto il possibile, ma oltre al dato clinico, non sa fornire spiegazioni. E' difficile, ma le lacrime e il dolore sincero del medico del Niguarda sono le cose più semplice da comprendere.
Attraverso le nostre scelte consapevoli è possibile diminuire i consumi per l'affermazione di un'economia sostenibile ed equa. Dai modelli di comportamento, ai trasporti e alle letture tutto è materia per un approfondimento che porti a discriminare tra l'utile e il vacuo, tra la sostanza e l'effimero, tra il modello virtuoso e il pedissequo seguito a richiami di inconsistente benessere.
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