Chissà se Marco Bruno ha origini meridionali come il carabiniere che ha sbeffeggiato sotto gli occhi delle telecamera. Sarebbe uno sberleffo della sorte che a dividere due ragazzi sia lo stesso treno che molto tempo prima aveva accompagnato le rispettive famiglie dal Sud verso il miracolo del Nord industriale.
Oggi è lo Stato che anela ad un passaggio a nord . E’ disposto a tutto per mantenere un cordone ombelicale con i corridoi di passaggio europeo, talmente disposto che sta sostenendo la ferrovia, un mezzo di trasporto sul quale, in passato, non ha mai creduto.
Attribuire la violenza ad una parte o all’altra non cambia l’interpretazione delle ragioni e delle accuse. Lo Stato ha buon gioco a mantenere un clima di tensione e l’ostinazione a non cedere alle ragioni dei manifestanti è sicuramente colpevole in considerazione che le proteste non sono fuoco di paglia, ma movimenti di resistenza spontanea ormai consolidati e con vaste frange di adesione trasversale.
I due ragazzi che si sono fronteggiati sull’autostrada, il manifestante ei il carabiniere, hanno più cose che li uniscono rispetto a quelle che li dividono: il futuro davanti, una famiglia da formare, gli amici d’oltralpe, l’università in Francia, un lavoro all’estero o i parenti emigrati da andare a trovare. Per fare questo un treno comodo, pulito e in orario è più che sufficiente. L’alta velocità non è necessaria. A loro come a noi.
Lo Stato deve prendere atto che sta portando avanti con irrazionalità le ragioni di un’opera inutile, costosa e destabilizzante. Per l’ambiente e il contesto sociale.
Trovo difficile comprendere le ragioni di tanto e diffuso sostegno bipartisan all’opera, quando nessuno è in grado di spiegare le oggettive necessità. Trovo ancora più difficile comprenderle quanto l’arretrato nel riammodernamento dei treni, quelli che viaggiano a velocità più basse, ma che rispondono ad una necessità fondamentale di trasportare persone e merci per tutto il Paese, è spaventoso.
Le pecorelle, quelle vere, sono i politici, ministri compresi, che recitano la parte di chi si indigna per le violenze e la forsennata resistenza all’avanzamento dell’opera. Non vogliono fare il più piccolo passo indietro e prendere atto dell’inutilità dell’opera.
Marco e il carabiniere sono solo due agnelli da sacrificare. Non pecorelle.
Vedi anche No Tav: il morto che ancora non si vede
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