venerdì 24 febbraio 2012

Olimpiadi di Roma 2020. Le polemiche troppo presto sopite.

La rinuncia all’organizzazione delle Olimpiadi del 2020 a Roma non ha lasciato, a differenza di quanto sembrava preannunciarsi, un particolare strascico di polemiche. Dopo qualche moto di orgoglio che non superava il tenore del campanilismo, tutto sembra essersi sopito. Meglio così, d’altra parte. Tutti sapevano come sarebbe andata a finire e ci si è messi l’animo in pace. Tanto un’altra occasione per abbuffarsi prima o poi arriva.
Eppure è stata una decisione del tutto nuova per il nostro Paese, ma anche per l’Europa. Con una portata di aspetti positivi che sarebbe valsa la pena di approfondire, anche per scomodare qualche coscienza. Come quella degli ambientalisti, per esempio, che non hanno adeguatamente “elogiato” questa saggia decisione che presa da sola, vale almeno tre anni di politiche di difesa del territorio. Se qualcuno tanto attento a soppesare il danno ambientale di opere infrastrutturali, magari anche utili alla collettività (non mi riferisco certo alla TAV), si fosse anche preso la briga di valutare il mancato impatto devastante delle opere necessarie ad un evento come le Olimpiadi in termini di consumo di territorio, impiego di risorse naturali, brutture varie, opere incompiute e congestione, avrebbe fatto un favore a questo Governo, ma al tempo stesso avrebbe messo in luce i limiti di queste imprese anacronistiche.
E non solo in conseguenza dei tempi di crisi che attraversiamo, ma per mere ragioni di opportunismo politico economico. In passato, quando le variabili macroeconomiche di stampo keynesiano dettavano legge,  le grandi economie occidentali di concerto con le nazioni che fuoriuscivano dalle distruzioni belliche e i cosiddetti “Paesi in via di Sviluppo” si erano posti ambizioni obiettivi di crescita e eventi come un’Olimpiade avevano il duplice motivo di costruire efficaci leve alla sviluppo grazie alle grandi opere e di ostentare al mondo le proprie capacità finanziarie ed organizzative. Così è stato per le Olimpiadi di Roma del 1960, ma anche per altri eventi minori come le celebrazioni di Italia ’61 di Torino. Poi il sistema si è disgregato sotto il peso delle corruttele e delle speculazioni  che ha raggiunto l’apice con i Mondiali del ’90 che hanno lasciato un'eredità non gradita che pesa ancora oggi.
Il nuovo scenario di cambiamento dell’economie evolute obbliga oggi i Governi a volgere gli occhi verso diversi obiettivi primari, molto meno tangibili di un mega stadio o un villaggio olimpico, ma assai più utili e graditi alla collettività: la creazione di posti di lavoro, il mantenimento del potere d’acquisto delle famiglie, la crescita e evitare il rischio di fenomeni di recessione.Alcuni Paesi li stanno raggiungendo con politiche concrete di aiuti e efficaci armi per il sostegno alla crescita come Germania, Francia e Stati Uniti.
Con la decisione del Governo Monti di rinunciare ad organizzare le olimpiadi non si è voluto oltraggiare, come ha scritto qualcuno, le nostre capacità di impegnarci in opere grandiose. Semplicemente si è voluto sottolineare che il nostro impegno può essere indirizzato in altre opere. Più urgenti e utili. E il fatto che l’eco delle polemiche si stia assopendo da tutti i fronti in lizza, parrebbe sembrare che questa volta, lo si sia capito.

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