Attraverso le nostre scelte consapevoli è possibile diminuire i consumi per l'affermazione di un'economia sostenibile ed equa. Dai modelli di comportamento, ai trasporti e alle letture tutto è materia per un approfondimento che porti a discriminare tra l'utile e il vacuo, tra la sostanza e l'effimero, tra il modello virtuoso e il pedissequo seguito a richiami di inconsistente benessere.
venerdì 17 giugno 2011
Il vicesindaco senza amici ciclisti
In un mio precedente post che avevo intitolato “La bicicletta, quanta vergogna su quelle due ruote” avevo cercato di spiegare i motivi che hanno ostato alla diffusione in Italia di questo mezzo fantastico. Escludendo i fattori esogeni quali l’orografia e il tempo meteorologico (la zona più flagellata dal traffico è la pianura Padana per sua natura piatta e con 8 mesi di clima sopportabile all’anno), mi ero concentrato sulla psico-sociologia della bicicletta e i fantasmi di povertà, sofferenze e privazioni della vita contadina e operaia che a noi italiani, per più lungo tempo rispetto agli altri Paesi europei con i quali amiamo rapportarci, hanno significato.
Ma il tempo passa e le ferite e le umiliazioni si affievoliscono, le classi si emancipano e si dovrebbe essere portati a scoprire che se le condizioni di vita di allora erano penose, la bicicletta faceva il possibile per alleviarcele. La libertà, l’indipendenza, la scoperta (a questo proposito vi consiglio di leggere le sensazioni raccontate da Pasolini in Amado mio durante la gita a Caorle) che il mezzo a due ruote ha donato avrebbero dovuto legittimare la bicicletta a riacquistare un posto di rilievo nelle politiche di mobilità dei governi che si sono succeduti negli anni. Invece no, anzi a leggere quello che succede a Brescia sembrerebbe che i fantasmi del passato siamo sempre pronti a farsi vivi. Il vicesindaco della città lombarda, infatti, il leghista Fabio Rolfi, delegato per la mobilità è l’artefice di una ordinanza che prevede che per preservare il decoro urbano (sic) tutte le biciclette che verranno trovate parcheggiate legate al classico palo o alla cancellata, siano rimosse. La norma di per sé è in pieno accordo con il codice della strada, soprattutto se, come sostiene lo zelante amministratore, ci sono rastrelliere per tutti. Sicuramente, ma la questione che hanno sollevato i suoi concittadini che usano la bicicletta e che hanno molte più occasioni di vedere quello che succede sulle strade rispetto a chi consulta i codici, è che auto, furgoni, SUV e scooteroni sono dappertutto (e non solo a Brescia) senza che nessuno si senta nel diritto di gridare all’oltraggio del pubblico decoro.
Che poi, diciamola tutta, non è la bicicletta a dare fastidio. E’l’andare in bicicletta, neppure per sport, ma semplicemente per muoversi che irrita. E’ il fatto di fare una scelta libera, naturale senza i condizionamenti della pubblicità che ci vorrebbe obbligare a comprare una macchina per ogni occasione. E’ l’immunità che il ciclista ha nei riguardi di multe da divieto di sosta (attenzione però a Brescia), è il fatto che arriva prima che è più allegro, più sano.
Ma è sicuro il vicesindaco di Brescia di non avere nessun conoscente che va in bicicletta? Non poteva chiedere prima a lui?
Vi segnalo l’articolo de “La Stampa”.
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