Expo deve essere un insuccesso. Lo sarà quasi sicuramente, ma è importante che ognuno di noi si impegni affinché di questo trionfo di regime rimanga solo il ricordo di un'enorme pagliacciata. Nessun compri biglietti, nessuno lo visiti, nessuno ne parli. Questo è giusto e doveroso da parte di cittadini che hanno idee diverse su come vadano spesi i soldi pubblici, che concepiscono la cultura in un modo diverso e che sono liberi di pensare fuori dagli schemi prefissati dalla propaganda. Expo deve essere un fallimento perché tanto a nessuno interesserà più sapere se la gente è venuta, ha visto, ha imparato e si ricorderà dell'Italia. Deve essere un fallimento perché chi deve controllare non controlla più niente visto che quello che c'era da prendere è stato preso e che quello che restava da prendere è stato messo sotto chiave all'ultimo momento, Expo deve essere ricordato come una misera messinscena perché Milano non è una città internazionale, ma un buco di periferia mondiale dove nessuno conosce l'inglese e dove a nessuno interessa conoscere l'inglese; dove a nessuno frega niente dell'alimentazione sana e il concetto di universo da sfamare si ferma al mondo delle quattro mura familiari. Soprattutto Expo non è l'immagine di un'Italia dove milioni di persone lottano per sopravvivere, combattono gli sprechi e rifuggono alla sciatteria; non è l'immagine di quel manifesto sgrammaticato opera di qualcuno che resterà, al solito, impunito. Expo deve essere boicottato, ma non illudiamoci di passare essere ricordati per la nobiltà dei nostri propositi o dei nostri ideali. Che vada bene o che vada male, di Expo a nessuno interessa più nulla.
Attraverso le nostre scelte consapevoli è possibile diminuire i consumi per l'affermazione di un'economia sostenibile ed equa. Dai modelli di comportamento, ai trasporti e alle letture tutto è materia per un approfondimento che porti a discriminare tra l'utile e il vacuo, tra la sostanza e l'effimero, tra il modello virtuoso e il pedissequo seguito a richiami di inconsistente benessere.
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