I tassisti sbraitano e invocano il rispetto delle leggi tirando per la giacchetta quel governo di cui si fanno spesso beffe nel corso delle chiacchierate con gli occasionali clienti. Il governo gli dà ragione, ma li invita anche a darsi da fare per rendersi un po' più reperibili visto che la loro "app" più aggiornata si ferma al telefono nero di bachelite vicino al parcheggio. Loro ci provano, ma i risultati non sono incoraggianti. Dovranno minacciare ancora scioperi e agitazioni per farsi ascoltare e, probabilmente, farsi foraggiare lautamente invocando uno stato di crisi.
Paradossale che una categoria professionale di fronte alle minacce di estinzione debba appellarsi al diritto costituito. Ovvio se pensiamo che cosa significa per un'economia moderna essere assoggettata al cappio delle corporazioni: incapacità di rinnovamento, logiche ricattatorie, investimenti ridotti al minimo e spesse volte a carico della collettività.
Uber è nato negli Stati Uniti dove leggi e norme regolano in modo quasi asfissiante i settori di interesse pubblico. Ma non offrono tutele di fronte all'inerzia e all'incapacità di reagire alla sfide del mercato. In Italia e in buona parte dell'Europa sono i Governi che non sanno raccogliere le sfide, preferendo assoggettarsi a logiche di interesse spicciolo e orizzonti imprenditoriali di piccolissimo cabotaggio.
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