Quando gli stranieri parlano di
mafia scadono spesso nei luoghi comuni che inevitabilmente assimilano gli
italiani alle prodezze di padrini, picciotti, killer e madri coraggio.
Dopo avere letto “Fratelli di
Sangue” che contiene i minuziosi resoconti redatti da Nicola Gratteri e Antonio
Nicaso, rispettivamente un magistrato calabrese che da anni indaga sulla ‘ndrangheta
e uno studioso che ha impostato la più ingente ricerca sui fenomeni mafiosi
della Calabria, è possibile affermare che anche gli italiani sono spesso facile
preda di cliché preconfezionati che sebbene non ci tocchino da un punto di
vista di integrità morale, se siamo persone oneste, dall’altro non ci
permettono di valutare appieno l’immane dimensione raggiunta oggi dalla
‘ndrangheta, la più potente mafia del mondo.
Oggi la ‘ndrangheta ha raggiunto
proporzioni tali che un singolo stato, sebbene fermamente intenzionato a
combatterla, non potrebbe fare molto per estirparla alla radice. Le
proliferazioni, le interessenze, le collaborazioni e le dislocazioni sono talmente
diffuse e consolidate che solo l’azione congiunta di singoli stati, altrettanto
fermamente convinti di combatterla, potrebbero scalfire la sua tracotanza. Ma
questo è ancora là da venire.
La forza della mafia calabrese
poggia su alcuni fondamentali pilastri che nonostante l’azione della
magistratura e delle forze dell’ordine, sono ancora solidi ed inattaccabili. Il
primo è la capacità di questa organizzazione di riproporre i propri modelli
organizzativi ovunque nel mondo: “in un
casolare in Calabria, in un bar di Cinisello Balsamo o in un fattoria in
Australia”, scrivono gli autori, il modello di affiliazione delle nuove leve,
i metodi di governo dei “locali” del posto,
la somministrazione di gratifiche o punizioni come la decisione di eliminare un
infame, rispecchia, salvo qualche minimo adattamento, le vecchissime tradizioni
risalenti alla seconda metà dell’Ottocento che orecchiano modalità
associative di stampo massonico e dogmi paganizzati della cristianità
interpretati a proprio uso e consumo.
Poi c’è la prerogativa dei
mafiosi calabresi di non prestarsi a fenomeni di pentitismo. La mafia calabrese
è un meandro buio e poco esplorato anche perché pochi, pochissimi, decidono di
parlare e collaborare. E su questo silenzio ostinato e invalicabile la mafia calabrese è
riuscita a guadagnare la fiducia dei narco produttori sudamericani che hanno
praticamente affidato alla ‘ndrangheta lo smercio di enormi quantitativi di
cocaina in Europa.
In ultimo, e questa è la
conseguenza dei primi due punti, la spaventosa mole di denaro che la mafia
calabrese ha accumulato e che sta reinvestendo in attività legali localizzate
nel nord Italia, in Germania, Australia, Canada e Sud America. Una rete fitta
di collegamenti che svia le indagini, edulcora il colore del confine tra losco
e pulito, richiede collaborazioni tra più organismi internazionali con tempi di
reazione non sempre appropriati alla capacità di adattamento di
un’organizzazione camaleontica.
Eppure su questa massa intricata
di relazioni Gratteri e Nicaso hanno messo mano restituendo una mappa di nomi di famiglie abbinate ai luoghi
d’origine della ‘ndrangheta e alle rotte dell’immigrazione oltreoceano specificando le attività principali di
profitto e le cause scatenanti di faide che si trascinano da anni.
Un lavoro di ricerca destinato a
colpire l’immaginazione di chi vive ancora di luoghi comuni: i due autori non
pongono domande, non fanno inchiesta d’assalto. Si limitano semplicemente a
snocciolare un rosario di nomi, di paesi che costituiscono l’ossatura di un sistema
criminoso che sta attirando l’interesse delle principali organizzazioni
anticrimine mondiale tra cui la FBI. Ed è su questo elenco minuzioso che
descrive il fenomeno in modo quasi “anagrafico” che ci invitano a riflettere il
magistrato e lo studioso: la mafia
calabrese è cresciuta, si è ramificata, ha intessuto alleanze dettando le
regole sull’utilizzo di alcune voci importanti di spesa per lo sviluppo del Sud
(due esempi su tutti: la Salerno-Reggio Calabria e il porto di Gioia Tauro)
praticamente quando era tutto risaputo. Lo Stato semplicemente si è voltato
dall’altra parte, salvo girare ogni tanto lo sguardo quando gli spari delle
faide e dei regolamenti di conti diventavano troppo assordanti per essere
ignorati.
Gli episodi di violenza, di crudeltà
e omicidi di innocenti gettano ogni tanto una luce che illumina la realtà di
una regione, la Calabria, con il più elevato indice di penetrazione mafiosa in
Italia e ben rappresentano il senso di impunità che gli affiliati percepiscono
nei confronti dei surrettizi impedimenti che lo Stato ha, fino a poco tempo fa,
esercitato nei confronti del fenomeno.
Oggi l’azione della Magistratura
e delle forze dell’ordine è più ingente, ma il tempo delle scelte drastiche, purtroppo,
è passato da tempo. La ‘ndrangheta è adesso una realtà multinazionale con
appoggi in tutto il mondo e un rating, se vogliamo metterla in termini
finanziari, molto elevato e un “outlook” sempre positivo, in grado di
controllare i flussi di droga in mezzo mondo, traffici di armi e rifiuti ad
alto potenziale di tossicità come scorie radioattive e rifiuti di lavorazioni
pericolose. Che vanno a contaminare un mare di struggente bellezza.
Ben vengano libri come quello di
Gratteri e Nicasio. Informazioni , dati, nomi e località. Gli stessi sui quali
lavora la magistratura per cercare di fare luce sul buoi per lunghi anni ha
oscurato la vista di occhi compiacenti.
Nicola GRATTERI, Antonio NICASIO (2012) "Fratelli di Sangue - Storie, boss e affari della 'ndrangheta, la mafia più potente del mondo" - Mondadori - ISBN 97-88-80458-4322
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