giovedì 2 agosto 2012

Il sonno delle istituzioni genera la 'ndrangheta


Quando gli stranieri parlano di mafia scadono spesso nei luoghi comuni che inevitabilmente assimilano gli italiani alle prodezze di padrini, picciotti, killer e madri coraggio.
Dopo avere letto “Fratelli di Sangue” che contiene i minuziosi resoconti redatti da Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, rispettivamente un magistrato calabrese che da anni indaga sulla ‘ndrangheta e uno studioso che ha impostato la più ingente ricerca sui fenomeni mafiosi della Calabria, è possibile affermare che anche gli italiani sono spesso facile preda di cliché preconfezionati che sebbene non ci tocchino da un punto di vista di integrità morale, se siamo persone oneste, dall’altro non ci permettono di valutare appieno l’immane dimensione raggiunta oggi dalla ‘ndrangheta, la più potente mafia del mondo.
Oggi la ‘ndrangheta ha raggiunto proporzioni tali che un singolo stato, sebbene fermamente intenzionato a combatterla, non potrebbe fare molto per estirparla alla radice. Le proliferazioni, le interessenze, le collaborazioni e le dislocazioni sono talmente diffuse e consolidate che solo l’azione congiunta di singoli stati, altrettanto fermamente convinti di combatterla, potrebbero scalfire la sua tracotanza. Ma questo è ancora là da venire.
La forza della mafia calabrese poggia su alcuni fondamentali pilastri che nonostante l’azione della magistratura e delle forze dell’ordine, sono ancora solidi ed inattaccabili. Il primo è la capacità di questa organizzazione di riproporre i propri modelli organizzativi  ovunque nel mondo: “in un casolare in Calabria, in un bar di Cinisello Balsamo o in un fattoria in Australia”, scrivono gli autori, il modello di affiliazione delle nuove leve, i  metodi di governo dei “locali” del posto, la somministrazione di gratifiche o punizioni come la decisione di eliminare un infame, rispecchia, salvo qualche minimo adattamento, le vecchissime tradizioni risalenti alla seconda metà dell’Ottocento che orecchiano modalità associative di stampo massonico e dogmi paganizzati della cristianità interpretati a proprio uso e consumo.
Poi c’è la prerogativa dei mafiosi calabresi di non prestarsi a fenomeni di pentitismo. La mafia calabrese è un meandro buio e poco esplorato anche perché pochi, pochissimi, decidono di parlare e collaborare. E su questo silenzio ostinato e invalicabile la mafia calabrese è riuscita a guadagnare la fiducia dei narco produttori sudamericani che hanno praticamente affidato alla ‘ndrangheta lo smercio di enormi quantitativi di cocaina in Europa.
In ultimo, e questa è la conseguenza dei primi due punti, la spaventosa mole di denaro che la mafia calabrese ha accumulato e che sta reinvestendo in attività legali localizzate nel nord Italia, in Germania, Australia, Canada e Sud America. Una rete fitta di collegamenti che svia le indagini, edulcora il colore del confine tra losco e pulito, richiede collaborazioni tra più organismi internazionali con tempi di reazione non sempre appropriati alla capacità di adattamento di un’organizzazione camaleontica.
Eppure su questa massa intricata di relazioni Gratteri e Nicaso hanno messo mano restituendo una mappa  di nomi di famiglie abbinate ai luoghi d’origine della ‘ndrangheta e alle rotte dell’immigrazione oltreoceano  specificando le attività principali di profitto e le cause scatenanti di faide che si trascinano da anni.
Un lavoro di ricerca destinato a colpire l’immaginazione di chi vive ancora di luoghi comuni: i due autori non pongono domande, non fanno inchiesta d’assalto. Si limitano semplicemente a snocciolare un rosario di nomi, di paesi che costituiscono l’ossatura di un sistema criminoso che sta attirando l’interesse delle principali organizzazioni anticrimine mondiale tra cui la FBI. Ed è su questo elenco minuzioso che descrive il fenomeno in modo quasi “anagrafico” che ci invitano a riflettere il magistrato e lo studioso:  la mafia calabrese è cresciuta, si è ramificata, ha intessuto alleanze dettando le regole sull’utilizzo di alcune voci importanti di spesa per lo sviluppo del Sud (due esempi su tutti: la Salerno-Reggio Calabria e il porto di Gioia Tauro) praticamente quando era tutto risaputo. Lo Stato semplicemente si è voltato dall’altra parte, salvo girare ogni tanto lo sguardo quando gli spari delle faide e dei regolamenti di conti diventavano troppo assordanti per essere ignorati.
Gli episodi di violenza, di crudeltà e omicidi di innocenti gettano ogni tanto una luce che illumina la realtà di una regione, la Calabria, con il più elevato indice di penetrazione mafiosa in Italia e ben rappresentano il senso di impunità che gli affiliati percepiscono nei confronti dei surrettizi impedimenti che lo Stato ha, fino a poco tempo fa, esercitato nei confronti del fenomeno.
Oggi l’azione della Magistratura e delle forze dell’ordine è più ingente, ma il tempo delle scelte drastiche, purtroppo, è passato da tempo. La ‘ndrangheta è adesso una realtà multinazionale con appoggi in tutto il mondo e un rating, se vogliamo metterla in termini finanziari, molto elevato e un “outlook” sempre positivo, in grado di controllare i flussi di droga in mezzo mondo, traffici di armi e rifiuti ad alto potenziale di tossicità come scorie radioattive e rifiuti di lavorazioni pericolose. Che vanno a contaminare un mare di struggente bellezza.
Ben vengano libri come quello di Gratteri e Nicasio. Informazioni , dati, nomi e località. Gli stessi sui quali lavora la magistratura per cercare di fare luce sul buoi per lunghi anni ha oscurato la vista di occhi compiacenti.   

Nicola GRATTERI, Antonio NICASIO (2012) "Fratelli di Sangue - Storie, boss e affari della 'ndrangheta, la mafia più potente del mondo" - Mondadori - ISBN 97-88-80458-4322

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