martedì 28 agosto 2012

Lassù qualcuno ci ama (e ci tassa)





Dovrebbe destare sospetti questo improvviso interesse dello Stato nei confronti della nostra salute. L’idea di tassare le bibite gassate per contenerne il consumo, soprattutto da parte dei più giovani, è l’ultima trovata per estorcere quattrini accampando scuse che hanno solo un flebile fondamento.
Cominciamo a parlare delle priorità: se la nostra salute fosse così importante da imporre delle rinunce perché non si stabiliscono delle regole per contenere l’uso di veicoli a motore che ammorbano l’aria? L’inquinamento da traffico in Italia ha punte elevatissime nelle nostre città, soprattutto presso scuole, ospedali e centri urbani. Eppure non vi è stata una, dico una, legge nazionale che abbia definito delle linee chiare per il contenimento del traffico a motore nelle città a favore di mezzi meno inquinanti.
Questo il ministro non lo mette tra le priorità. E’ molto più pericoloso ed insidioso il pericolo che si cela dietro le bottiglie delle bibite gassate ad una festicciola di compleanno. Sia chiaro: un eccesso di zuccheri è sicuramente nocivo per la salute, soprattutto durante la fase della crescita. Un bambino sovrappeso oggi è un adulto obeso domani con tutte le patologie che ne deriveranno: ipertensione, scompensi cardiocircolatori e malattie invalidanti come il diabete. Ma non è sicuramente una tassa sul consumo che incoraggia a comportamenti virtuosi. Vogliamo infatti parlare del fumo, del gioco, delle scommesse tutte attività sulle quali lo stato lucra in modo sconsiderato. E non si può dire che siano attività che non lascino segni sul fisico e sulla psiche. Il gioco, poi, è una piaga che non compromette solo l’equilibrio di chi vi si dedica in modo compulsivo, ma anche di quelli che gli stanno attorno. E lo stato che fa? Si lava la coscienza ammonendoci di giocare in modo responsabile. Come dire ad un pilota di formula uno di non superare i limiti di velocità.
E il consumo smodato di alcolici, peraltro già gravato da balzelli ed imposte, oltre che regolato da leggi spesso disattese, che sta dilagando tra i giovani? Anche questo è meno importante?
Gli introiti andranno a sostenere campagne ed iniziative per contrastare l’obesità infantile. Come fanno in Francia, dice il ministro Balduzzi. Già. Peccato che la Francia abbia una lunghissima esperienza di politiche di lotta all’obesità e al sovrappeso. Il programma Epode, partito in Francia circa 15 anni fa e che si è esteso ad altri Paesi europei come la Spagna, la Grecia e il Belgio, ha contribuito ad una significativa riduzione dell’indice di massa corporea di migliaia di bambini residenti in comuni campione scelti in tutto il paese. L’esperienza di Epode, che è stata possibile grazie alla collaborazione congiunta di genitori, medici scolastici, insegnanti ed allenatori (Epode è l’acronimo di Ensemble, Prévenons L’Obésité des Enfants) ha raccolto un’elevata partecipazione da parte dei bambini che sono oggi molto più consapevoli delle proprie scelte alimentari. Non a caso uno degli spot televisivi che fungevano da supporto alla campagna rappresentava la mano di un bimbo che davanti al frigo indugiava sulla confezione di yogurt alla frutta per poi scegliere senza esitazione quello naturale, molto più salutare. Ma non servono solo gli spot televisivi lava-coscienza come vorrebbe fare il nostro ministro: serve un vero impegno, costante assiduo e duraturo. E soprattutto molti investimenti e non solo finanziari. A proposito di coerenza: l’Italia che vanta una percentuale record di bambini obesi o sovrappeso non ha mai voluto aderire al programma Epode.
Sarà curioso vedere come se la caverà il ministro di fronte alle rimostranze dei colossi della ristorazione commerciale come MacDonald, Autogrill per non parlare dei produttori di merendine e bevande zuccherate come Coca Cola, Ferrero e Bacardi che non vedranno di buon occhio un’ulteriore contrazione dei consumi. In Francia, la Danone ha avuto parecchio da ridire sullo spot del bambino salutista che sceglieva lo yogurt magro. Ne aveva chiesto addirittura il ritiro. Ma il governo francese ha tirato dritto. Riusciranno anche i nostri paladini della salute pubblica?

Vai al sito del progetto Epode


giovedì 16 agosto 2012

Le Gardaland inesplorate

Prendete un piccolo borgo sperduto tra gli appennini a cavallo tra Liguria e Piemonte, desolato per undici mesi all'anno, ma che si ripopola ad Agosto quando i discendenti degli antichi abitanti ritornano per passare un po' di giorni di vacanza lontano dall'afa. Portatevi poche cose: lo stretto necessario per sopravvivere: vettovaglie, pochi vestiti, pochi soldi dato che non ci sono negozi e non si può spendere. Portatevi soprattutto, i vostri figli e lasciate che si organizzino la giornata con gli altri bambini. Pericoli tanto non ce ne sono visto che per le strette viuzze del bordo non passano le macchine. E scoprite come un gruppo di ragazzini di età diversa nel giro di poche ora possa toccare una libertà e una felicità mai assaporata prima, senza chiedervi nulla: nessun gelato, nessun gettone per il biliardino, nessun biglietto d'ingresso per il parco acquatico. Farete anche fatica a portarli via. 
E questo è toccato a me quando ero piccolo, ai miei cugini a mia madre e a mia nonna. Oggi, per fortuna, tocca alle mie figlie e sono contento che questo ambiente incontaminato riesca a trasformare pochi giorni di vacanza in uno dei ricordi più belli dell'infanzia. Come è possibile? La formula è semplice: la ricchezza che porta la scoperta della vita fatta di poche cose: una gallina e la sua nidiata di pulcini e un anziano che spiega che cosa succederà in seguito a quegli esseri implumi, i racconti sulle vipere, i tempi dei vecchi che non torneranno, l'acqua da andare a prendere alla fontana. Questo interessa ai ragazzi di oggi, come interessava a noi perché percepiscono la genuinità e la spontaneità del conteso: non è la scuola dove l'insegnamento è codificato, non è la televisione che non permette un confronto, non è museo o la riserva naturale dove la natura è sotto un cellophane. E non è il parco avventure dove tutto ha un limite che prima o poi vorremo superare. Qui tutto è vero è senza veli, senza sistemi di ritenuta, senza gettoni che scadono o tempi di durata della giostra. Tutto può andare avanti all'infinito quanto potrà essere illimitata la fantasia dei bambini e la pazienza dei vecchi. 
Per la cronaca, la località è Cerendero, frazione di Mongiardino Ligure in provincia di Alessandria, ma di posti così è piena l'Italia. Se avete lontane radici o lontane discendenze in un paesello sperduto, tornateci. Farà bene anche a voi.  

lunedì 6 agosto 2012

Da Rapallo a Santa Margherita, aspettando i Cavalieri di Malta

Via Ponte Annibale
L’aggiudicazione della sentenza da parte della società che gestisce il parcheggio privato in centro a Milano e la messa in bando dell’area “C” di Milano è una sconfitta ai punti di un match tra la morbosa debolezza degli interessi privati e il bene comune.  La salute, ovvero il diritto ad un ambiente più sicuro e salubre, soccombe di fronte alla rivendicazione del diritto di continuare a produrre profitti sulla pelle di tanti e per la pigrizia e l’indolenza di pochi. Su questioni come queste potrebbero nascere lotte con un’elevata valenza ideologica, ma nessun attore è disponibile a calcare il palcoscenico di una rappresentazione che potrebbe avere esiti incerti, soprattutto quando in ballo di sono forti interessi economici. Vedremo che atteggiamento assumerà il comune di Milano, ma il solo fatto che una questione di interesse pubblico abbia trovato il proprio terreno di scontro nell’aula di un tribunale civile dovrebbe dirla lunga sulla dimensione degli interessi in ballo e sulla inconsistenza degli strumenti a difesa degli interessi della collettività.Vedremo come andrà a finire con l’autunno e le consuete polemiche sul traffico e sui livelli di smog. Ma Milano non è il solo caso di interesse privato prevalente sul bene comune. Nel Golfo del Tigullio le amministrazioni municipali di Rapallo e Santa Margherita Ligure stanno discutendo da decenni sulla opportunità di costruire percorso pedonale tra Rapallo e Santa Margherita, un percorso di strada che sempre più spesso turisti, bagnanti, jogger e ciclisti sono costretti a percorrere affrontando il rischio di venire arrotati dal traffico automobilistico soprattutto nel tratto che da San Michele di Pagana porta a Santa Margherita. E pensare che i due comuni, di solito abbastanza litigiosi, sarebbero anche d’accordo. Il punto è che la proprietà che costeggia il tratto di strada pericoloso non vuole cedere un millimetro del proprio parco per permettere la costruzione di un passerella aerea che metterebbe in sicurezza i pedoni. E quando la proprietà appartiene ad un organismo sovranazionale come il Sovrano Ordine Militare di Malta (Smom) le cose si complicano. Si complicano al punto che nel corso di almeno tre decenni non si è mosso un granello di polvere senza il volere degli antichi rappresentanti della tutela della cristianità e dei valori cavallereschi. Con l’incongruenza di due municipi litigiosi e il sussiego nei confronti di un proprietario molto influente le cose sono destinate a rimanere immutate per secoli. O fino a quando non ci scappa il morto.
Fra l’altro una strada pedonale che collega i due centri rivieraschi esiste già. Ma nessuno si è preso la briga di segnalarla. Non sarà scenografica come la strada costiera, ma sicuramente più sicura e più salubre. Se volete approfittare della vostra prossima visita nel golfo Tigullio per percorrerla, di seguito troverete le indicazioni per raggiungerla e seguirne il percorso.
Buona passeggiata!
Il "Ponte di Annibale"
Partenza: da Rapallo percorrete la strada che porta a Santa Margherita e Portofino fino ad incontrare il cosiddetto “ponte di Annibale” che pare avesse visto il transito delle truppe del condottiero cartaginese (in verità il ponte è di epoca successiva anche se il tracciato dell’originaria via Aurelia è ancora evidente).
La scalinata prima dell'Aurelia

La croesa di Via Donega
In corrispondenza della via Ponte di Annibale prendete la strada pedonale lastricata (Via Ponte Annibale, appunto) e percorretela tenendo la sinistra (non salite cioè sulla salita San Gervasio e Protasio). La strada, che verosimilmente segue in parte il tracciato dell’antica Aurelia, ha un andamento in lieve salita per poi impennarsi verso la metà e diventare un’erta scalinata nel tratto finale. In cima alla scalinata vi trovate in corrispondenza di un tornante dell’Aurelia stradale che porta a Rapallo. Proseguite dritti seguendo la tangente del curvone e imboccate via San Nicola che punta verso il basso. Camminate per circa 10 minuti lungo un sentiero lastricato in pietra e contornato da ulivi e villini di recente ristrutturazione. Al termine del sentiero trovate una strada asfaltata. Siete arrivati nella frazione di San Michele di Pagana.  Prendete subito la scalinata alla vostra sinistra (via degli Aranci) e scendete.  In fondo alla scalinata girate a sinistra, passate davanti alla dismessa stazione ferroviaria di San Michele e seguendo le rotaie scendete in paese. Arrivati in via Meucci girate a destra e poi subito a sinistra, verso il mare, fino ad incontrare Via Donega. Dopo pochi metri, facendo attenzione, incontrate un piccolo sentiero che sale e che nel primissimo tratto corre parallelo ad una scalinata che porta ad un’abitazione privata. Siete adesso nel tratto più caratteristico del percorso. Una “croesa” che corre tra muri a secco ravvicinati, alcuni punti sono veramente molto stretti ed incombenti. Purtroppo è anche il tracciato più trascurato e meno curato, ma se non desisterete in pochissimi minuti vi troverete in cima alla collina di Pagana, praticamente pronti a scendere verso Santa Margherita.  Continuate a percorrerlo in salita tenendo la destra e ad un certo punto trovate alla vostra sinistra una stretta scalinata che passa di fianco a due belle ville con
La scalinata "nascosta"
giardini curati. Fate attenzione perché questa scalinata è praticamente invisibile fino a quando non si arriva al suo traverso. Arrivati in fondo alla scalinata siete obbligati a girare a destra e costeggiare alcune proprietà. Ad un certo punto dovete prendere la via Gimelli, in salita, e seguire percorso attraversando i vari quadrivi che incontrate. Ad un certo punto il sentiero diventa una scalinata che punta verso il basso. Dopo averla percorsa vi trovate dietro la stazione ferroviaria di Santa Margherita Ligure. Prendete il sottopassaggio che incontrerete alla vostra destra e sbucate a Santa in corrispondenza della passeggiata di Ghiaia.
Il sottopassaggio della Stazione di Santa Margherita

Tempo di percorrenza: circa 45 minuti.



giovedì 2 agosto 2012

Il sonno delle istituzioni genera la 'ndrangheta


Quando gli stranieri parlano di mafia scadono spesso nei luoghi comuni che inevitabilmente assimilano gli italiani alle prodezze di padrini, picciotti, killer e madri coraggio.
Dopo avere letto “Fratelli di Sangue” che contiene i minuziosi resoconti redatti da Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, rispettivamente un magistrato calabrese che da anni indaga sulla ‘ndrangheta e uno studioso che ha impostato la più ingente ricerca sui fenomeni mafiosi della Calabria, è possibile affermare che anche gli italiani sono spesso facile preda di cliché preconfezionati che sebbene non ci tocchino da un punto di vista di integrità morale, se siamo persone oneste, dall’altro non ci permettono di valutare appieno l’immane dimensione raggiunta oggi dalla ‘ndrangheta, la più potente mafia del mondo.
Oggi la ‘ndrangheta ha raggiunto proporzioni tali che un singolo stato, sebbene fermamente intenzionato a combatterla, non potrebbe fare molto per estirparla alla radice. Le proliferazioni, le interessenze, le collaborazioni e le dislocazioni sono talmente diffuse e consolidate che solo l’azione congiunta di singoli stati, altrettanto fermamente convinti di combatterla, potrebbero scalfire la sua tracotanza. Ma questo è ancora là da venire.
La forza della mafia calabrese poggia su alcuni fondamentali pilastri che nonostante l’azione della magistratura e delle forze dell’ordine, sono ancora solidi ed inattaccabili. Il primo è la capacità di questa organizzazione di riproporre i propri modelli organizzativi  ovunque nel mondo: “in un casolare in Calabria, in un bar di Cinisello Balsamo o in un fattoria in Australia”, scrivono gli autori, il modello di affiliazione delle nuove leve, i  metodi di governo dei “locali” del posto, la somministrazione di gratifiche o punizioni come la decisione di eliminare un infame, rispecchia, salvo qualche minimo adattamento, le vecchissime tradizioni risalenti alla seconda metà dell’Ottocento che orecchiano modalità associative di stampo massonico e dogmi paganizzati della cristianità interpretati a proprio uso e consumo.
Poi c’è la prerogativa dei mafiosi calabresi di non prestarsi a fenomeni di pentitismo. La mafia calabrese è un meandro buio e poco esplorato anche perché pochi, pochissimi, decidono di parlare e collaborare. E su questo silenzio ostinato e invalicabile la mafia calabrese è riuscita a guadagnare la fiducia dei narco produttori sudamericani che hanno praticamente affidato alla ‘ndrangheta lo smercio di enormi quantitativi di cocaina in Europa.
In ultimo, e questa è la conseguenza dei primi due punti, la spaventosa mole di denaro che la mafia calabrese ha accumulato e che sta reinvestendo in attività legali localizzate nel nord Italia, in Germania, Australia, Canada e Sud America. Una rete fitta di collegamenti che svia le indagini, edulcora il colore del confine tra losco e pulito, richiede collaborazioni tra più organismi internazionali con tempi di reazione non sempre appropriati alla capacità di adattamento di un’organizzazione camaleontica.
Eppure su questa massa intricata di relazioni Gratteri e Nicaso hanno messo mano restituendo una mappa  di nomi di famiglie abbinate ai luoghi d’origine della ‘ndrangheta e alle rotte dell’immigrazione oltreoceano  specificando le attività principali di profitto e le cause scatenanti di faide che si trascinano da anni.
Un lavoro di ricerca destinato a colpire l’immaginazione di chi vive ancora di luoghi comuni: i due autori non pongono domande, non fanno inchiesta d’assalto. Si limitano semplicemente a snocciolare un rosario di nomi, di paesi che costituiscono l’ossatura di un sistema criminoso che sta attirando l’interesse delle principali organizzazioni anticrimine mondiale tra cui la FBI. Ed è su questo elenco minuzioso che descrive il fenomeno in modo quasi “anagrafico” che ci invitano a riflettere il magistrato e lo studioso:  la mafia calabrese è cresciuta, si è ramificata, ha intessuto alleanze dettando le regole sull’utilizzo di alcune voci importanti di spesa per lo sviluppo del Sud (due esempi su tutti: la Salerno-Reggio Calabria e il porto di Gioia Tauro) praticamente quando era tutto risaputo. Lo Stato semplicemente si è voltato dall’altra parte, salvo girare ogni tanto lo sguardo quando gli spari delle faide e dei regolamenti di conti diventavano troppo assordanti per essere ignorati.
Gli episodi di violenza, di crudeltà e omicidi di innocenti gettano ogni tanto una luce che illumina la realtà di una regione, la Calabria, con il più elevato indice di penetrazione mafiosa in Italia e ben rappresentano il senso di impunità che gli affiliati percepiscono nei confronti dei surrettizi impedimenti che lo Stato ha, fino a poco tempo fa, esercitato nei confronti del fenomeno.
Oggi l’azione della Magistratura e delle forze dell’ordine è più ingente, ma il tempo delle scelte drastiche, purtroppo, è passato da tempo. La ‘ndrangheta è adesso una realtà multinazionale con appoggi in tutto il mondo e un rating, se vogliamo metterla in termini finanziari, molto elevato e un “outlook” sempre positivo, in grado di controllare i flussi di droga in mezzo mondo, traffici di armi e rifiuti ad alto potenziale di tossicità come scorie radioattive e rifiuti di lavorazioni pericolose. Che vanno a contaminare un mare di struggente bellezza.
Ben vengano libri come quello di Gratteri e Nicasio. Informazioni , dati, nomi e località. Gli stessi sui quali lavora la magistratura per cercare di fare luce sul buoi per lunghi anni ha oscurato la vista di occhi compiacenti.   

Nicola GRATTERI, Antonio NICASIO (2012) "Fratelli di Sangue - Storie, boss e affari della 'ndrangheta, la mafia più potente del mondo" - Mondadori - ISBN 97-88-80458-4322