mercoledì 28 settembre 2011

La Luna? Dobbiamo ancora guadagnarcela.


Mi è capitato per le mani un libretto scritto da Oriana Fallaci e pubblicato da Rizzoli nel 1972 nell’ambito di una collana per la scuola. La giornalista fiorentina racconta ai ragazzi dell’epoca la sua esperienza di giornalista inserita (embedded si direbbe oggi) nella vita degli astronauti, nei preparativi per la partenza e durante le emozionanti fasi del lancio, dell’allunaggio e del ritorno. Ne viene fuori una lettura gradevole ed interessante con molti aspetti che sono sempre rimasti tagliati fuori dai resoconti ufficiali e dall’agiografia che ormai circonda l’impresa e gli uomini che contribuirono a compierla.
Mi ha colpito molto un’osservazione della Fallaci a proposito della decisione presa dalla Nasa, già nel 1965, quattro anni prima della missione, avente come obiettivo quello di assegnare a 150 gruppi di scienziati non americani campioni di rocce lunari per attività di ricerca su progetti di approvati dalla stessa Nasa. Il gruppo di scienziati chiamato “Principal Investigators”, comprendeva studiosi di varie discipline provenienti da Gran Bretagna, Svizzera, Giappone, Australia, Canada e Francia, ovvero quei Paesi che fossero stati nella condizione di dimostrare di avere scienziati di grande merito e attrezzatura di ricerca adeguata.
E l’Italia? Sentite che cosa scriveva agli studenti italiani dei primi anni ’70 la Fallaci: L’Italia, la cui attrezzatura scientifica è vergognosamente inadeguata, è stata esclusa dal gruppo dei Principal Investigators, e pertanto non potrà mai studiare un campione di roccia lunare”.
Cosa è stato fatto nel frattempo per meritarci la luna?

Oriana FALLACI (1972), Quel Giorno Sulla Luna, Rizzoli

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