martedì 8 febbraio 2011

Senatores boni viri


Una mia recensione di un film che mi ha molto colpito. Si tratta di un film che Frank Capra girò nel 1939 interpretato da un grande "Jimmy" Stewart. Una lezione di democrazia e di amore per il proprio Paese (d'adozione) più per quello che rappresenta che per quello che effettivamente è. Con tutti i rischi che derivano quando si tocca la suscettibilità dei politici.

Ci sono tanti modi per dimostrare amore verso il proprio Paese. Anche girando un film di denuncia come fece Frank Capra nel 1939 quando propose al pubblico Mr. Smith va a Washington uno dei primi film a mettere in luce lo sporco gioco della politica asservita agli interessi particolari e alla speculazione. Tuttavia il regista italo-americano commise una grossa ingenuità decidendo di gratificare il pubblico della capitale americana con la prima del film. La preferenza si rivelò funesta: la platea iniziò a mormorare e gridare allo scandalo. Quelli che non si erano allontanati dalla sala prima del termine della proiezione iniziarono ad insultare attori e registi. Si era attentato al cuore dell’America mettendo in una situazione di forte imbarazzo l'immagine di chi rappresentava il Senato Americano. Fu anche una grande delusione per Frank Capra, siciliano d’origine, innamorato del sogno americano: l’Establishment politico della più grande democrazia del mondo non aveva compreso che la bellezza, la grandezza della nazione che rappresentava non risiedeva negli spiriti malanimi dei senatori corrotti e mendaci, ma nella possenza delle istituzioni, nelle leggi che le regolano e nella solidità morale degli uomini superpartes che le amministrano.
La trama: il senatore di un indefinito Stato del Nord degli Stati (potrebbe essere il Montana o il Wyoming) muore improvvisamente. La cricca di affaristi interessati ad operazioni speculative attraverso la costruzione di una grande diga in una zona di bellezza incontaminata, decide di rimpiazzare lo scomparso con un tal Signor Jefferson Smith, all’apparenza un sempliciotto tutto pervaso dai precetti di Baden Powell e campeggi formativi con la gioventù del luogo. L’ambiente tentacolare e perverso della Capitale avrebbe, nel giro di poco, fatto capire al frescone degli Altopiani a quale più mondane attività si sarebbe potuto intrattenere lasciando campo libero alle manovre clandestine degli affaristi. Il disegno disgraziatamente incontra un ostacolo imprevisto allorché il giovane senatore, in occasione della presentazione del suo progetto di legge mirante ad istituire campi estivi per temprare gli spiriti dei giovani americani, scopre che l’area da lui prescelta per la costruzione del campo è la stessa individuata dalla banda di affaristi senza scrupoli per la costruzione della diga. A quel punto la vita diventa dura per il povero Jefferson Smith: gli stessi compagni di partito sferreranno micidiali attacchi alla sua integrità accusandolo di manovre subdole ed interessate con prove false e artefatte. Egli non è più il simpatico campagnolo venuto in gita nella Capitale, ma viene dipinto all’opinione pubblica come abile uomo di potere capace di sfruttare la delega popolare per perseguire fini personali. Il Senatore Smith è alle strette; ormai deciso a lasciare viene consigliato dall’abile assistente che ha abbandonato il cinismo di donna avvezza a ogni nefandezza e, ravveduta dall'onesta di Smith, lo consiglia ad usare l’unica arma che fino a quando non verrà formalmente destituito sarà suo diritto usare: la parola. E il senatore Jefferson Smith manterrà la parola per ventiquattrore di seguito sostenuto dal Regolamento del Senato, dal Presidente che fino in fondo eserciterà le sue funzioni di superpartes e dal pubblico che inizia a capire. Alla fine i malvagi di fronte a tanta onestà e zelante amore per il proprio Paese e per l’espressione di democrazia che rappresenta, capitoleranno ammettendo le proprie colpe e scagionando il giovane senatore da ogni accusa.
Il film ebbe un grave strascico sulla vita politica del Paese. Il senatore Kennedy da Londra ammonì la casa di produzione di Capra, la Columbia, dal proporre la distribuzione in sale d’oltreoceano e così fecero anche molti altri rappresentanti degli Stati Uniti all’estero. La pellicola sarebbe stata una minaccia per la credibilità delle istituzioni politiche americane, una minaccia che avrebbe potuto avere serie ripercussioni per l’equilibrio mondiale a due passi da una nuova guerra mondiale.
Nessuno però, se non dopo diversi anni (il film è stato inserito dall'American Film Institute al ventiseiesimo posto tra i migliori film americani di tutti i tempi) ravvide la grande dimostrazione di libertà che il film di Capra voleva rappresentare: la vita di un Paese non sono le persone, ma la solidità e la garanzia di funzionamento delle sue istituzioni. Senatores boni viri, Senatus autem mala bestia

Mr Smith va a Washington (Mr Smith goes to Washington) di Frank Capra, 1939, con James Stewart e Jean Arthur

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L' America in bianco e bianco