domenica 12 settembre 2010

Lungo le coste del Canada con Raban e Vancouver.

Un viaggio per mare, su una piccola barca a vela, inseguendo una grande impresa del passato alla scoperta di uno dei tratti di costa più tormentati del mondo. Ancora una volta grazie alla penna veloce e scattante di Jonathan Raban.


Jonathan Raban, autore di Bad Land di cui ho già parlato in un precedente post, ci propone il resoconto della sua navigazione a vela in solitario, da Seattle a Juneau, lungo il Passaggio Interno la rotta meno insidiosa per raggiungere, risalendo la costa occidentale del Nord America, le prime avvisaglie di terre alaskane.
Il Passaggio Interno, un dedalo di canali, isole e stretti tormentato da correnti di marea di facile prevedibilità, ma quasi sempre di pessimo umore, è la rotta relativamente più facile e sicura per risalire il Canada e anche la più ricca di storia, fenomeni naturali e tracce del passato prossimo delle popolazioni indigene per molti versi ormai dimenticato o banalizzato, ma ancora in grado di mostrare l'antico rapporto vitale con l'acqua e le sue misteriose creature abissali. Raban si lascia guidare dai diari del viaggio effettuato duecento anni prima da Vancouver, che su incarico dell’Ammiragliato Britannico si cimentò nella dettagliata rilevazione geografica di un mondo non più così nuovo (gli spagnoli contendevano agli inglesi con signorile ostilità il possesso di quelle terre), ma estremamente interessante fintantoché non avesse mostrato la definitiva chiusura di ogni passaggio verso est.
La narrazione di Raban, incisiva e suggestiva, si intreccia con le note malinconiche che ondeggiavano in capo al comandante della spedizione, ormai da tutti chiamato con disprezzo “Van” a cagione della sua origine olandese e della sua ancora più modesta origine di stato, ma soprattutto in ragione della sua totale assenza di trasporto verso il “sublime” che l’incrocio tra terra e mare di quei luoghi selvaggi rivelava ai giovani e nobili gentlemen imbarcati nella loro crociera d’iniziazione.
Anche Raban, inglese di nascita, trapiantato negli Stati Uniti, ci ripropone numerosi accostamenti con la terra d'origine, ma a distanza di secoli la Madre Patria perde l'immagine di quel Paese dai paesaggi ordinati e prevedibili che Vancouver nei suoi semplificati disegni di conquista, avrebbe traslato sulle coste Canadesi e diviene l'origine di misere e malinconiche vicende umane: prima tra tutte la dolorosa perdita del padre, ma anche la vecchia rock-star venerata in gioventù e incontrata ormai demente nel piccolo villaggio canadese, l'odio tra cattolici e protestanti che continua a propagarsi in sperduti approdi della Columbia Britannica, le vocali scozzesi rintracciate nella parlata dei nativi educati alle missioni degli evangelizzatori.
Un libro unico, toccante, scritto con l'odore di sentina e gasolio del piccolo ketch dell'autore e la puzza dei salmoni ammassati nel corso di una stagione di pesca particolarmente propizia, ma anche lasciati marcire nel canale di scolo di Juneau, l’avito corso d’acqua ormai troppo cementificato e verticalizzato per essere risalito per l'ultimo viaggio prima di morire.
Una piccola critica alla traduzione che evidenza notevoli carenze lessicali della traduzione che è caduta in imperdonabili sostituzioni di termini nautici con parole di natura cittadina e stradale. Ma questo non toglie l’emozione di uno dei più bei viaggi di carta che abbia mai fatto.
Jonathan Raban (2003), Passaggio in Alaska. Da Seattle a Juneau, Einaudi ISBN 88-06-16585-2

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