giovedì 15 dicembre 2011

I benefici (e l’urgenza) di una vera lotta all’evasione


Mai come in questo momento deve essere avvertita da chi governa il Paese l’urgenza di affilare le armi contro l’evasione fiscale. E non solo per un mero calcolo di saldi di bilancio statale, ma per la necessità di evitare un clima di tensione in grado di sovvertire gravemente l’ordine sociale.
Con la necessità di coprire un disavanzo che si sarebbe potuto agilmente contrastare con i proventi dell’economia sommersa, pari grosso modo ad un terzo della ricchezza ufficiale, lo Stato è andato nuovamente ad attingere dalle tasche dei redditi emersi. Accrescendo il senso di rabbia nei confronti di chi l’ha fatta franca per anni, il feticcio potenziale contro il quale sfogare presunti torti ed ingiustizie subite.
L’assenza di una politica che muova le risorse dello Stato a favore di una seria, assidua e inflessibile lotta all’evasione rischia di portare a maturazione i germi di quella rivolta che ha sempre avuto il sopravvento ovunque la presenza dell’autorità latitasse, sobillata dal pensiero ricorrente che nessuna giustizia è migliore di quella che dispenso a mio insindacabile giudizio.
La storia è piena di cacce a presunti nemici da stanare con forconi e vecchi moschetti: dalle streghe, ai neri, agli immigrati, ai comunisti, fascisti e altri rappresentanti di razze, ideologie e provenienze differenti. Con l’immancabile difetto di fare di ogni erba un fascio e di colpire, nell’abbondanza, anche chi passava lì per caso.
Oggi l’evasore non è più il modello segretamente ammirato in virtù della propria sfrontatezza nell’ostentare lusso e benessere a basso costo fiscale, ma è colui che ha portato il Paese al collasso e che continua a vivere nel suo limbo dorato ed inviolabile con il sardonico sorriso di chi sa di averla passata liscia ancora una volta.
Il rischio di azioni di piazza isolate e incontrollate ai danni di coloro che nell’iconografia illustrata da un certo tipo di stampa pressappochista e populista, sono identificati come proprietari di SUV, barche, abitazioni in località prestigiose può salire nei prossimi mesi allorché gli effetti delle misure del Governo Monti inizieranno ad assottigliare salari reali degli italiani.. E quando ci “scapperà il morto”, vero o metaforico che sia, lo Stato come sempre dovrà vedersela con le sue colpe.
Che sono tante, ingiustificatamente troppe.
Innanzitutto perché la lotta all’evasione è più facile che la lotta alla criminalità. Questo per il semplice motivo che il mafioso o il malavitoso latita, tende a nascondersi mente l’evasore, al contrario, ostenta. E’ lo fa in modo più eclatante di chi lavora, guadagna e paga le tasse perché chi evade ostenta non solo la propria ricchezza, ma anche la sua invulnerabilità alle leggi dello Stato, che guarda caso, sono anche promulgate per difendere i suoi interessi. Dunque stanare un evasore è più facile e meno pericoloso che cercare un delinquente che spesso gira armato. Non si può negare che le forze dell’ordine e la Magistratura non siano solerti nel fare accertamenti su patrimoni quando la provenienza o la paternità di questi non sia ben chiara,  ma non è sufficiente. Il cittadino non percepisce il lavoro di indagine che viene svolto sui grandi evasori: vuole vedere colpito il vicino che vive palesemente al di sopra dei redditi che denuncia o il pizzaiolo sotto casa che non rilascia lo scontrino. Perché un pizzaiolo per quartiere, per i quartieri di tutte le città, per le città di tutte le provincie e di tutte le regioni alla fine fanno più “nero” che un grande evasore. Questa assiduità e costanza nella caccia all’evasione non avviene in Italia perché mancano le risorse ovvero uomini sul territorio e paga poco in termini di impatto sull’opinione pubblica. Ma a tale proposito mi sento di dare un consiglio al Governo: se mancano uomini e mezzi per azioni di contrasto capillare sul territorio perché non concentrare tanti uomini e mezzi in una piccola zona? Non dico di essere esperti di tattica, ma basta avere fatto qualche partita a Risiko. Concentrando per esempio il 70% degli effettivi della Guardia di Finanza e altri corpi di polizia tributaria in poche Regioni italiane (per esempio due al nord, una al centro e una al sud) si potrebbero effettuare azioni a tappeto di controllo di piccole attività, ovvero le principali fonti di reddito sommerso. E dopo? Scegliere a caso altre Regioni? No. Io andrei a controllore le stesse attività ispezionate prima, ma con altro personale così faccio anche piazza pulita di corrotti e pusillanimi che si annidano nella polizia.
E anche sulle sanzioni mi pregio di dare alle nostre Autorità un consiglio: siate creativi anche nell’imporre sanzioni che diamo immediato beneficio alla collettività: obbligate l’evasore incallito e impenitente ad usare le risorse che per anni ha occultato in modo immorale per interventi a beneficio della collettività come il restauro delle scuole, il recupero di opere artistiche ed architettoniche, il contrasto al degrado ambientale ed urbano o iniziative, ironia della sorte, di imprenditorialità giovanile.
Un’adeguata misura di contrappasso per chi ha sempre avuto uno sfumato concetto del bene comune, e un evidente segno “coram populo” dei progressi della lotta contro l’evasione.
In caso di recidiva lo Stato potrebbe ex lege subentrare nella compagine azionaria delle società dell’evasore beneficiando di una quota di proventi fino a coprire la cifra evasa più le sanzioni e gli interessi. Questa misura è a mio giudizio più efficace, anche come deterrente, della comminazione di sanzioni elevate che rischiano di compromettere le possibilità di sopravvivenza dell’azienda stessa.
In Italia, grazie a politici coraggiosi sono state combattute tante battaglie e sono state quasi sempre vinte. Non sempre si trattava di nemici o avversari reali, ma spesse volte si trattava di atteggiamenti e comportamenti ben più pericolosi di uomini armati: mi riferisco alla piaga dell’analfabetismo del secondo dopoguerra, al clima di odio politico dei primi anni della Repubblica, ai tentativi di colpo di stato degli anni ’60, ovviamente al terrorismo degli anni ’70 e’80, e anche, doverosamente, alla grande criminalità organizzati che giudici, carabinieri e polizia hanno combattuto e combattono con risultati di straordinaria efficacia. Ma sono due le cose in cui il nostro Paese non ha mai svolto un’azione incisiva: una, che tratto spesso su questo blog ovvero la tutela dell’ambiente e la seconda che è la lotta all’evasione.
Il tempo per l’inerzia e i bizantinismi politici stanno minacciosamente cambiando.

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