mercoledì 6 novembre 2024

Pietro Cavallero, il primo brigatista.

E' difficile immaginare che possa nascere qualche cosa di buono da un carcere, o meglio, che possa scaturire un sentimento di altissimo valore spirituale dall'esistenza di un uomo chiuso per moltissimo tempo in una prigione. Per dei reati gravi e pesanti che ha commesso in una vita precedente, una vita da criminale spregiudicato, violento e disinteressato alla vita degli altri, se non della propria. Un passato da rivoluzionario che voleva cambiare il mondo rapinando banche e uffici postali per finanziare una delirante rivoluzione del popolo contro gli imperi capitalistici dell'Occidente. Pietro Cavallero da Torino da molti considerato il primo vero brigatista della storia italiana. Pietro Cavallero, capo dell'omonima banda accusato di sparare rispondeva che anche gli americani in Viet-Nam sparavano e uccidevano; impuniti ammazzavano anche vecchi e bambini. La sua duplice storia di rivoluzionario e criminale finisce a Milano nel 1967 nel corso di una rapina iniziata male e finita anche peggio conclusasi con tre morti incolpevoli stesi sull'asfalto e una macchina che sfreccia per le vie della città con i fuggiaschi che sparano all'impazzata seguiti dalla polizia. Che li prende e li arresta. Poi i processi. L'opinione pubblica che stranamente non si divide: tutti colpevolisti. Pena di morte, impiccateli! Hanno ucciso degli innocenti che passavano di lì per caso. E invece no! Immagino con grande rammarico dei nostalgici dei bei tempi della forca Pietro Cavallero e complici finiscono in un carcere di cui tanti continuano a sperare che si butti via la chiave. In tanti, ma non tutti. Tra questi c'è Ernesto Olivero, il missionario laico fondatore del Sermig che stringe un patto con Cavallero. Entrambi vedono riflessi negli occhi una promessa di aiuto e di redenzione e così è. Pietro Cavallero completa un lungo cammino di penitenza. redenzione e sincero pentimento donandosi agli altri senza riserve e senza distinzioni come quei malcapitati che aveva falciato durante la fuga. Olivero si fida della sua promessa e gli tende la mano in verità una volta sola perché il detenuto Cavallero, ormai in regime di semi-libertà non verrà mai meno alla promessa. Morirà nel 1997 consapevole che un'altra vita non gli sarebbe bastata per pentirsi di tutto il male fatto. La difficoltà nell'immaginare cose buone e giuste da vicende come queste sta nella differenza tra chi quelle persone le avrebbe impiccate subito o sepolte nelle segrete per sempre e chi invece conosce il dolore fatto, commesso e subito e si impegna per redimersi. Come ha fatto Pietro Cavallero e come fanno quelli che scrivono e raccontano della sua vita che rimane comunque, per il suo epilogo, esemplare. Vivere in un Paese che ha sancito la funzione riabilitativa della pena per tutti i reati anche il più grave dovrebbe aiutarci a capire il senso che dà alla Giustizia la nostra Costituzione. Peccato che ancora tante persone, quando si tratta di punire, abbiano sempre una dannata fretta di chiudere la questione. 

lunedì 4 novembre 2024

Vecchi reati e nuove polemiche: il valore di una magistratura indipendente

La recente riesumazione di vecchi casi di cronaca risalenti agli angosciosi anni '70 quale la coda del processo a carico di alcuni partecipanti al rapimento che costò la vita ad una povera e incolpevole ragazza e l'emergere dalle nebbie del passato della figura che per anni aveva tenuto in conti in sospeso con la giustizia a fronte del rapimento di Vittorio Vallarino Gancia (siamo nel 1975) dovrebbe aiutare a capire quale fondamentale importanza abbia una magistratura autonoma ed indipendente. Anche se la domanda che verrebbe spontaneo porsi è quella di come collocare in una scala di priorità la riapertura di processi per fatti risalenti a più di mezzo secolo sarebbe anche opportuno considerare che nel periodo intercorso le indagini possono avere preso un nuovo corso anche a fronte di inedite testimonianze o confessioni; indizi allora ritenuti di poco conto, analizzati alla luce delle nuove e più moderne tecniche di indagine potrebbero avere aperto nuovi scenari o corroborato ipotesi investigative alle quali non si riusciva a dare un riscontro. Ma perché la riapertura di questi processi sono da considerarsi come una grande risultato per l'opera della magistratura e un punto a sfavore di chi della magistratura cerca di limitarne il potere, ma soprattutto l'autonomia? Chi accusa i magistrati di schierarsi apertamente su posizioni di sinistra o comunque contrarie all'azione di governo dovrebbe riflettere sull'assunto che l'azione della Magistratura penale è sempre obbligatoria qualora emerga un elemento che assuma valenza di reato: l'emergere di un dettaglio importante legato ad un crimine, per esempio o una nuova luce su alcuni elementi considerati di poco conto in precedenza. Nel caso del rapimento di Gancia gli imputati sono stati, benché ormai ultraottantenni, pericolosi esponenti delle Brigate Rosse che seminarono terrore e lutti lungo una buona quindici di anni. Nel corso dello scontro a fuoco ingaggiato con i rapitori per liberare l’ostaggio, venne uccisa la compagna di Renato Curcio e ferito gravemente un carabiniere. Un componente della banda riuscì a fuggire e non venne mai identificato. Oggi sono emersi nuovi elementi e si va a processo. Inizio il 25 febbraio 2025 ad Alessandria. L'altro importante caso di cronaca che sta tenendo banco in questi giorni nelle aule del tribunale di Como, è quello relativo al rapimento di Cristina Mazzotti, allora diciottenne mai tornata a casa viva. Un rapimento rocambolesco con trasferimenti tra il nord, la Calabria e ritorno, viaggi in treno e in auto che hanno implicato la collaborazione di molte persone che allora riuscirono a farla franca. Oggi, grazie al lavoro di giudici scrupolosi, si apriranno nuove ipotesi sul rapimento, sulle ragioni di quel periodo di violenza che non risparmiava nessuno fosse per puro e semplice bramosia di denaro o false ideologie aberranti. La riapertura di questi processi con i nuovi lampi di luce che comporteranno per la comprensione di fatti lontani nel tempo sono emblematici degli importanti e irrinunciabili risultati di una Magistratura indipendente che non soppesa l'influenza dei poteri, non determina scale di valori e priorità sulle indagini da svolgere e opera solo per auspicare che la fiducia dei cittadini nei confronti della giustizia non venga mai meno. Molto difficile invero nel clima arroventato di questi giorni dove le forze politiche di governo stanno gettando discredito su giudici e magistrati, colpendo inconsapevolmente un delicato strumento che opera per il progresso della democrazia.