giovedì 30 maggio 2024

Do you laic?

Forse è bene che qualcuno spieghi a Giorgia Meloni che uno stato laico non è quel posto meraviglioso dove non solo la religione non influenza la vita civile, ma anche dove una  comunità che forma un Paese con le proprie idee, e convinzioni religiose è in grado di esprimerle e praticarle senza  ingerenenze o limitazioni. Tutte le religioni, nessuna esclusa. Tenuto conto però dei molti impedimenti che vengono posti in essere quando si tratta di concedere spazi per la preghiera e le liturgie musulmane, sembra che la laicità vada, è il caso di dirlo, a farsi benedire. 

L'invocazione beffarda di Meloni ai magistrati spronati a indagare sull'Imam di Torino suona male in un Paese che invoca la laicità dimenticandosi che l'opera della Magistratura è indipendente e non ascolta richiami o direttive da nessuno, tanto meno dalla politica. Un altro bello scivolone sulla laicità. 

La nostra premier invoca l'intervento della Magistratura sull'Imam per supposta propoganda jihadista avvenuta in occasione dell'occupazione dell'università di Torino. E' doveroso certamente nel caso in cui si approfittasse di una sede istituzionale per diffondere proclami violenti indagare i facinorosi, processarli e condannarli. Ma se si fosse trattato di un'opinione politica espressa da un una persona sentimentalmente vicina ad un popolo che sta subendo un assurdo martirio per accusare gli autori di questa sciagurata carneficina, allora, forse è meglio parlare di libera espressione di un'idea e non si può accusare una persona di terrorismo solo perchè parla arabo. 

La presidente del consiglio richiama i principi della reciprocità asserendo che gli islamici pretendono di fare proseliti "a casa nostra" e poi impongono di togliere il crocefisso dalle aule. A parte il fatto che il crocefisso andrebbe subito tolto da tutti i locali pubblici, non per imposizione altrui, ma per intelligenza e spirito laico dello Stato che deve evitare tutto quanto può essere divisivo. Come capita spesso con l'avvento del populismo al potere si tende spesso (e malignamente) a confondere fede e tradizione. Il simbolo della cristianità appeso ad un muro come la pizza e il parmigiano e guai a chi ce li toglie. 

La nostra premier dovrebbe fare molta attenzione prima di lanciare strali contro gli esponenti di altre religioni, in primis musulmani, trincerandosi dietro le supposte attività di terrorismo o di radicalizzazione di giovani universitari. Il processo di integrazione del nostro Paese, è lungo e complesso, ma soprattutto delicato e la consapevolezza che centinaia di migliaia di uomini e donne di buona volontà lavorano quotidianamente per formare gli italiani di domani dovrebbe fare pensare prima di parlare. 

giovedì 9 maggio 2024

L' America in bianco e bianco


"Gli italiani sono solo quelli con la pelle bianca", ha dichiarato quel tale che dismessa la divisa da militare si sta prodigando per raccogliere consensi e portare le sue belle idee nel cuore dell'Europa. "Quelli che hanno la pelle nera li rispetto, ma non sono italiani" ha rintuzzato il generale, giusto per ribadire il concetto. Peccato perchè il vero punto della questione non è la nazionalità concessa per supposte virtù cromatiche, ma un senso più alto di "nazione" (in questo caso si può dire) che abbia solidi presupposti di apertura e disponibilità nei confronti di chi, venedo da fuori, ci porta diversità di vedute, ovvero ricchezza culturale. Sicuramente Vannacci non è il primo a vedere con una scala cromatica ridotta la società in cui vive. Gli Stati Uniti degli anni '50 nel periodo del boom economico seguito al dopoguerra sognavano ancora una società di soli bianchi, possibilmente biondi, protestanti e di origini anglosassoni. I neri semplicemente non esistevano; gli era preclusa ogni presenza nei quadretti idilliaci che rappresentavano il più alto standard di vita dell'occidente. Le prove schiaccianti sono le pubblicità che campeggiavano sui giornali e sulle riviste rivolte alla classe media americana alla ricerca dei simboli del benessere: automobili, elettrodomestici, viaggi. Non c'è una faccia nera, non una. Solo bianchi, belli, sani e felici. Li trovi su lucenti automobili cariche di cromature, soddisfatti davanti all'apertura di un frigorifero pieno di prelibatezze e estasiati durante il decollo dell'aereo che li porterà in Florida per le vacanze di Natale. Non si considera che all'autolavaggio che ha reso brillante la macchina nuova ci lavori un ragazzo di colore, che il latte, la birra che riempiono il frigorifero siano stati consegnati da un fattorino nero e che l'addetto ai bagagli dell'aeroporto di partenza sia un uomo con la pelle nera che in vita sua ha fatto solo lavori di fatica. Eppure c'era già stato Lincoln, l'esercito sudista e schiavista era stato battuto, i soldati afroamericani avevano combattuto in Europa, erano sbarcati in Normandia per liberarci dalle dittature. Ma questo non sembrava interessare a chi insisteva in una rappresentazione di un'America mono razza, mono colore, mono religiosa. Bisognerà aspettare la fine degli anni '60 per vedere finalmente su una pubblicità una famiglia di neri che sceglie un'automobile in una concessionaria. Nel frattempo avevano anche ammazzato un leader afroamericano e un probabile presidente che si batteva per i pari diritti di tutte le minoranze. Poi, molto dopo, è arrivato Vannacci che ci crede veramente, ma soprattutto ciecamente considerato che il mondo, anche quello delle pubblicità specchio dei tempi, è rappresentato con tutti i colori del mondo.