Ci sono molti modi per decidere come spendere meglio i soldi. La regione Piemonte ha deciso di
optare per la soluzione più facile e banale e cioè non spendere.
La Regione Piemonte
con il consenso della divisione del trasporto locale di Trenitalia ha decretato di
procedere alla soppressione di ben 14 linee ferroviarie locali. Motivo: non
sono redditizie. Bella scoperta e da quando lo sono? O meglio, come potrebbero
essere visto che non si spende un centesimo per promuovere l’uso del treno come
mezzo di trasporto, svago e acculturamento?
Questa decisione spiazza definitivamente le illusioni di
alcuni comitati di cittadini riuniti sotto gli auspici democratici di Agenda21
che avevano proposto di riattare almeno le tratte più prossime ai principali
centri urbani per un utilizzo del treno come metropolitana leggera per dare un minimo di sollievo al traffico in entrata dai piccoli centri o frazioni limitrofe.
Molto probabilmente a Cota non interessa sapere che Asti è una della città con
la qualità dell’aria peggiore di tutta Italia per colpa dei gas di scarico di
un traffico demenziale.
Alcune delle linee dismesse attraversavano territori di
particolare valore storico, artistico, enologico e gastronomico. Guarda caso le
leve sulle quali la Regione Piemonte sta investendo per la propria promozione. Le
ferrovie stesse sono, in alcuni casi, opere di valore architettonico
particolare. La Asti-Chivasso realizzata già nel secolo scorso dispone di un unico patrimonio di stazioni arricchite di elementi liberty, stile
imperante ai tempi della costruzione. Ovviamente oggi sono tutte in abbandono.
Fra l’altro la ferrovia Asti-Chivasso transita a pochissimi metri
dall'insediamento proto romano di Industria, un sito archeologico
di grandissimo interesse. Che il treno potrebbe valorizzare. Lo stesso vale per
il territorio e quello che potrebbe offrire ad un turismo sempre più attento a
evitare le proposte becere e banali: le Langhe, il Monferrato con la loro
storie e le loro particolari ed uniche espressioni di cultura.
Bella decisione quella di Cota. Ha deciso di rimpiazzare il
mezzo ferroviario con corse di corriere aumentando il traffico e l’inquinamento
sulle strade. Una decisione che ha i suoi
epigoni nelle scellerate politiche di chiusura delle linee locali
praticate dalla fine degli anni ’50 per buona parte degli anni ’60 e ’70. Ma
allora si voleva (e si doveva) fare largo all’incursione dell’automobile che
avrebbe dotato tutti di un mezzo proprio per muoversi. Con le conseguenze che
ben sappiamo. Ma che molti continuano a fingere di non conoscere. Ma Cota, si
sa, non guarda indietro, punta dritto al futuro.
Strano bifrontismo quello della regione Piemonte che
rivendica l’utilità di linee poco utili e dispendiose come la TAV Torino-Lione
in ragione delle emergenti necessità di mobilità per poi eliminare quello che
già esiste di buono. Ma strano è anche il bi-frontismo delle associazioni
ambientaliste che si sono ben guardate dall’inscenare manifestazioni di
protesta contro una così evidente dimostrazione di incapacità di
pianificazione. Probabilmente il palcoscenico della Valsusa porta più pubblico
pagante che una dimostrazione in una stazioncina frequentati da 4 pendolari
emigrati.
Il nodo della questione è sempre lo stesso: in Italia la
Ferrovia non piace. E ai pochi che piace spetta quasi sempre trovarsi dalla
parte soccombente. Lo spregio per il treno, ma vale in generale per il mezzo di
trasporto pubblico, ha sempre comportato finanziamenti con contagocce che hanno
contribuito al peggioramento del servizio e di conseguenza alla disaffezione
dell’utenza che ha optato per mezzi alternativi, quasi sempre, data la mancanza
di alternative, di tipo individuale. Il circolo vizioso non si è mai interrotto
e i recenti provvedimenti adottati dalla Regione Piemonte sono la tragica, scontata
conseguenza.
Sopprimere le ferrovie locali oggi è una scelta che non
ammette ragioni. Una società che sta sempre più abbandonando la realtà del bene
fruito individualmente per cedere il passo al bene comune, penalizzare il
trasporto collettivo è stata una scelta di una classe dirigente che ha perso di
vista l’orizzonte più ampio degli scenari futuri a furia di spulciare bilanci e
libri mastri.
Un politico al passo coi tempi dovrebbe perlomeno sapere che
la redditività di una ferrovia non è data solo dai biglietti venduti e i costi
per il suo esercizio, ma comprende anche tutto quello è un valore oggi
difficilmente computabile, ma che qualcuno domani farà pesare sul nostro
tornaconto: il degrado del paesaggio, l’imbarbarimento dei modelli di vita, la
scarsa attenzione per le necessità dei più deboli.
Ma Cota, si sa, cammina troppo svelto per stare al passo coi tempi. Per andare dove, chissà