La vicenda della suora madre che
sta tenendo banco sulla stampa in questi giorni alimenta gli inevitabili
sprazzi di ilarità dall’antico sapore boccaccesco sia da parte dei più beceri
commentatori di fatti di vita quotidiana da parte di quotati comici
televisivi (vedi la Littizzetto durante la trasmissione di domenica scorsa). In
fondo nulla è successo se non quello che capita da secoli a questa parte: le
suore che figliano, i frati che copulano, i preti che si spretano e si sposano
o, peggio ancora che non si privano della tonaca e abusano del proprio
status e soddisfare illecite voglie. Quanta letteratura ad alto peso specifico ha ricamato sulle
tentazioni secolari di uomini e donne di fede. La forza comica della situazione
sta proprio nella banalità di un fatto che non dovrebbe succedere. Il tabù che si infrange ha sempre suscitato
le risa tanto più grasse e fragorose quanto più alta è la voglia di infrangere le regole e di deridere l’autorità costituita
che le impone.
Eppure oggi le cose sono diverse.
Sebbene si voglia continuare a dare al fatto la solita gravità morbosa, ci sono
molti aspetti che, al contrario, contornano la vicenda di un luce nuova ed
inedita, almeno mass-mediaticamente parlando. Innanzitutto la libera scelta
della madre che ha scelto di tenersi il figlio, di onorarlo con il nome del
Papa abbandonando la vita monastica per la più prosaica carriera di madre e
compagna. Tutto questo con il pieno appoggio delle istituzioni ecclesiastiche
che stanno proteggendo la ragazza difendendola dagli assalti della curiosità
becera di chi riduce tutto all’icona grossolana e volgare della suora incinta. Infine l'assenza di qualunque atto di accusa: nessuno, superiora, consorella, monsignore et similia,
ha giudicato la condotta della ragazza. Certamente ha infranto una regola che le
comporterà l’esclusione da una vita che sicuramente non le si addiceva, ma non c'è stato accanimento sulle sue doti morali. L'atteggiamento
della Chiesa è cambiato. E di molto: ha decisamente preso la strada difficile che porta a privilegiare la libera scelta piuttosto che alimentare lo scandalo, che ridimensiona la vergogna per fare prevalere la
bellezza di una vita da vivere, che toglie un'infelice da una vita disgraziata nel buio di una
sagrestia per restituirla alla luce e alla libertà e che, soprattutto, al silenzio renitente
preferisce la presa di coscienza della realtà. La Chiesa sta cambiamo. Molto velocemente. Più
in fretta di quanto si pensasse, ma soprattutto più in fretta di quanto siamo
disposti a credere.
E’ sorprendente scoprire che per
quanto invocato, reclamato, pubblicizzato in tutte le salse, il cambiamento
quando arriva veramente, ci metta a disagio. Non siamo pronti. Non siamo
attrezzati a misurarci con lui. Preferiamo, piuttosto che una riflessione
aperta e sincera le armi spuntate della derisione e del pettegolezzo.