La rinuncia all’organizzazione delle Olimpiadi del 2020 a Roma non ha lasciato, a differenza di quanto sembrava preannunciarsi, un particolare strascico di polemiche. Dopo qualche moto di orgoglio che non superava il tenore del campanilismo, tutto sembra essersi sopito. Meglio così, d’altra parte. Tutti sapevano come sarebbe andata a finire e ci si è messi l’animo in pace. Tanto un’altra occasione per abbuffarsi prima o poi arriva.
Eppure è stata una decisione del tutto nuova per il nostro Paese, ma anche per l’Europa. Con una portata di aspetti positivi che sarebbe valsa la pena di approfondire, anche per scomodare qualche coscienza. Come quella degli ambientalisti, per esempio, che non hanno adeguatamente “elogiato” questa saggia decisione che presa da sola, vale almeno tre anni di politiche di difesa del territorio. Se qualcuno tanto attento a soppesare il danno ambientale di opere infrastrutturali, magari anche utili alla collettività (non mi riferisco certo alla TAV), si fosse anche preso la briga di valutare il mancato impatto devastante delle opere necessarie ad un evento come le Olimpiadi in termini di consumo di territorio, impiego di risorse naturali, brutture varie, opere incompiute e congestione, avrebbe fatto un favore a questo Governo, ma al tempo stesso avrebbe messo in luce i limiti di queste imprese anacronistiche.
E non solo in conseguenza dei tempi di crisi che attraversiamo, ma per mere ragioni di opportunismo politico economico. In passato, quando le variabili macroeconomiche di stampo keynesiano dettavano legge, le grandi economie occidentali di concerto con le nazioni che fuoriuscivano dalle distruzioni belliche e i cosiddetti “Paesi in via di Sviluppo” si erano posti ambizioni obiettivi di crescita e eventi come un’Olimpiade avevano il duplice motivo di costruire efficaci leve alla sviluppo grazie alle grandi opere e di ostentare al mondo le proprie capacità finanziarie ed organizzative. Così è stato per le Olimpiadi di Roma del 1960, ma anche per altri eventi minori come le celebrazioni di Italia ’61 di Torino. Poi il sistema si è disgregato sotto il peso delle corruttele e delle speculazioni che ha raggiunto l’apice con i Mondiali del ’90 che hanno lasciato un'eredità non gradita che pesa ancora oggi.
Il nuovo scenario di cambiamento dell’economie evolute obbliga oggi i Governi a volgere gli occhi verso diversi obiettivi primari, molto meno tangibili di un mega stadio o un villaggio olimpico, ma assai più utili e graditi alla collettività: la creazione di posti di lavoro, il mantenimento del potere d’acquisto delle famiglie, la crescita e evitare il rischio di fenomeni di recessione.Alcuni Paesi li stanno raggiungendo con politiche concrete di aiuti e efficaci armi per il sostegno alla crescita come Germania, Francia e Stati Uniti.
Con la decisione del Governo Monti di rinunciare ad organizzare le olimpiadi non si è voluto oltraggiare, come ha scritto qualcuno, le nostre capacità di impegnarci in opere grandiose. Semplicemente si è voluto sottolineare che il nostro impegno può essere indirizzato in altre opere. Più urgenti e utili. E il fatto che l’eco delle polemiche si stia assopendo da tutti i fronti in lizza, parrebbe sembrare che questa volta, lo si sia capito.
Attraverso le nostre scelte consapevoli è possibile diminuire i consumi per l'affermazione di un'economia sostenibile ed equa. Dai modelli di comportamento, ai trasporti e alle letture tutto è materia per un approfondimento che porti a discriminare tra l'utile e il vacuo, tra la sostanza e l'effimero, tra il modello virtuoso e il pedissequo seguito a richiami di inconsistente benessere.
venerdì 24 febbraio 2012
martedì 14 febbraio 2012
Evasore parassita? Solo se mi conviene
Chi è l’evasore?
Un parassita? Come vorrebbe farci passare un certo di tipo di pubblicità progresso?
Un essere infame che si beffa dei destini del Paese e pensa solo ai suoi turpi affari per ingrassare le sue sudice finanze?
Sia ben lungi da me ogni intenzione di giustificare i ripetuti crimini commessi da chi ha costruito le proprie fortune sull’occultamento sistematico dei propri redditi allo Stato, ma il nostro sentimento nei confronti di questi “parassiti della società” non è poi cosi malevolo. Non per malcelata invidia, ma per un mero calcolo di opportunismo. L’evasore mi fa risparmiare, mi fa spendere meno. Insomma mi aiuta a mantenere un tenore di vita accettabile. e in tempi di crisi non è poi così male.
Suvvia, ma che pensavate: che la guerra all’evasore fomentasse gli animi sdegnati degli italiani impegnati in una guerra all’ultimo sangue senza compromessi?
La delazione fiscale non avrà colpito che qualche barista particolarmente antipatico o sgarbato che ha avuto la sfortuna di incappare nel zelante cittadino che ha denunciato (anonimamente) il mancato rilascio delle scontrino al centralino della guardia di finanza. O la comitiva di studenti universitari impregnati di civismo e animo non ancora corrotto dalle brutture della vita che mette nei guai l’oste incauto che non ha rilasciato la ricevuta ammiccando al solito sconticino. Tutto si ferma qui. Si perché alla riprova degli oneri che non sono voluttuari, ma spese che ci servono veramente per stare bene, per vivere meglio e per dare benessere a chi ci è caro, la delazione cala sottozero.
Pensiamoci: il dentista che non mi fa pagare l’iva, il medico che non mi rilascia la ricevuta se pago in contanti, il tappezziere che mi fa il lavoro in nero. Difficilmente incappano nelle reazioni sdegnate del buon cittadino che sa fare bene i conti nelle proprie tasche. E che di risorse ne ha sempre di meno.
Ebbene, allora se evadere le tasse crea un reciproco beneficio personale, poco propizio però alla ricchezza dello Stato, come si può immaginare di estirparla senza interventi strutturali, contando solo sul senso civico della cittadinanza e sui rarefatti interventi da palcoscenico della guardia di finanza?
Semplice. Non si può. O peggio, non si vuole.
Se si volesse veramente creare una mentalità che ripudia l’evasione non la si combatterebbe con spot che fomentano rancore e biasimo verso una figura che di fatto non esiste e che stentiamo a riconoscere nel nostro barbiere, nel pizzaiolo sotto casa, nel dentista amico, bensì con un sistema di benefici vicendevoli che implichino un apprezzabile vantaggio per entrambe le controparti della transazione. Se questo sistema venisse applicato per il maggior numero possibile di transazioni la tentazione di evadere svanirebbe come neve al sole, perché si creerebbe una rete di vantaggi che andrebbe a beneficiare tutte le categorie di percettori di reddito: autonomi, statali, dipendenti, precari, flessibili e meno flessibili.
Si tratta della tanto invocata proposta di rendere detraibile ai fini fiscali tutte le transazioni economiche che una persona fa nella vita quotidiana. Non solo il medico o il dentista, ma anche la pizza o la cena la domenica con la famiglia, il viaggio di piacere, l’ingresso al museo, al cinema, l’acquisto di capi di vestiario, di apparecchiature elettroniche, le spese di manutenzione della casa e dell’auto.
Ovviamente dovranno ricorrere determinati pre-requisiti di reddito, carichi familiari, plafond mensili, ma l’idea è quella di rendere detraibile tutto, ma proprio tutto.
In molti Paesi è già così benché non si arrivi alla quasi totalità delle spese. In Italia un’applicazione estensiva di questo regime sarebbe giustificato dalle condizioni di partenza, e cioè un tasso di economia sommersa che non ha eguali nell’Europa dell’Euro.
Il sistema può funzionare per un duplice semplice motivo dato dalla constatazione che se posso portare tutte le mie spese in detrazione ho sicuramente interesse a chiedere l’opportuna documentazione che attesta le mie spese e che, d’altro canto, anche “l’evasore” ha una vita come tutti noi: mangia la pizza, va in vacanza, rompe la macchina e cambia i mobili ottenendo in contropartita gli stessi vantaggi dei suoi clienti ai quali chiede di farsi pagare in “nero”
I vantaggi per lo Stato sarebbero immediati: ripresa dei consumi e conseguente maggiore gettito di imposizione diretta, emersione del sommerso e incremento dei cespiti tassabili. Il vantaggio acquisito a seguito delle maggiori entrate dovrà andare, ovviamente, a finanziare il sistema a fronte dell’entità degli sgravi di cui beneficeranno i contribuenti che porteranno le spese in detrazione e, non da meno, sostenere il poderoso apparato di controlli che dovrà verificare l’effettiva sussistenza dei requisiti per potere accedere ai benefici. Ma sono sacrifici che un governo serio sarebbe ben lieto di affrontare sapendo di riportare il Paese nel binario di una convivenza impositiva degna di un Paese moderno.
Questo sistema, semplice e immediato per la sua efficacia, è spesso tacciato di non essere compatibile con il nostro regime fiscale. Non ne vedo le ragioni, ma ammettendo che sia così, perché non dovrebbe essere possibile modificarlo? Guarda caso tra coloro che si oppongono all’instaurazione di un sistema di tale fatta è spesso facile annoverare convinti sostenitori della riforma del mercato del lavoro che molto spesso a difesa delle proprie argomentazioni si peritano di attaccare i capisaldi della dottrina gius-lavoristica asserendo che nulla è immutabile.
Un gioco basato sull'accumulo di piccoli grandi vantaggi a favore di tutti i giocatori, piuttosto che un grande vantaggio a favore di uno solo, l'evasore. In questo caso quadagnerebbero tutti, compreso lo Stato che sino ad oggi ha sempre e solo perso.
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