La storia della fuga di Eugenio De Franceschi rientra tra le migliaia di casi di diserzione registrati durante la Prima Guerra Mondiale. La diserzione era vista come atto di estrema viltà, tradimento della causa dello Stato e la codardia davanti al nemico veniva punita severamente, spesso con la pena di morte decretata sommariamente da ufficiali rancorosi, frustrati spesso impreparati al disagio della guerra e del tutto inadeguati all'esercizio del comando.
Il tenente De Franceschi sin dall'inizio della guerra si distingue per azioni di combattimento particolarmente ardimentose e beneficia in poco tempo della compiacenza dei ranghi più elevati del suo reggimento; capitani e colonnelli vedono nel giovane tenente l'esemplare più rappresentativo dell'entusiastica partecipazione interventista al conflitto, il campione dell'arrogante gioventù sprezzante del pericolo e amante della causa irredentista. Il tenente De Franceschi è l'eroe giovane e leale che si vorrebbe morto per poterne celebrare le gesta e l'ardimento in qualche cerimonia ufficiale. Ma De Franceschi non vuole morire e la guerra, adesso, gli fa orrore. Non vuole che una mina o una granata metta fine ai suoi giorni e non vedendo il conflitto finire decide di terminare la sua inutile parte di soldato complice di una inutile strage. Decide di scappare, di disertare. Di passare per un vigliacco, un codardo. Riuscirà nel suo intento grazie al coraggio, allo spirito di adattamento. Viaggerà con mezzi di fortuna lungo le coste della Croazia, della Dalmazia passando per le città e i paese della costa che conosceva grazie ai viaggi d'affari del padre, commerciante anconetano di frutta secca, che con serbi, montenegrini, albanesi e greci manteneva rapporti d'affari. Arriverà agli inizi del settembre 1916 in una sperduta isola greca di fronte alla Turchia e durante il suo soggiorno prenderà coscienza del suo atto di ribellione che apparirà più grande e immane di un semplice atto di insubordinazione.
Ma la Guerra non è finita e sulle sue tracce di fuggiasco sta fiutando un abile funzionario dell'Esercito che riuscirà a trovare Eugenio grazie all'empatia di una condivisione di un desiderio di una nuova vita piuttosto che grazie alle delazioni di comandanti di carrette o violenti contrabbandieri. La guerra di Eugenio riprenderà ad essere combattuta su altre navi clandestine e mezzi di fortuna per concludersi, questa volta a Gibilterra, una terra di confine dove il tenente De Franceschi incontrerà il suo silente inseguitore che lo lascerà andare con una motivazione che lo sorprenderà.