L’evoluzione della specie.
Darwin fu messo a dura prova
quando dovette fornire riscontri attendibili sulla durata del processo
evolutivo della specie. Ma quantomeno si parlava di centinaia di migliaia di
anni. Oggi è possibile assistere ad un inedito processo evolutivo, o per meglio
dire, assistere a come all’interno della stessa specie alcuni individui
riescano a sopravvivere adattandosi al mutato contesto mentre altri, meno
duttili, soccombono. Il tutto nel giro di pochi anni. Alcuni esemplari della
razza umana stanno abituandosi a
muoversi riacquistando l’uso dei mezzi propri, ovvero camminano invece di
andare in macchina, vanno in bicicletta, anzi in treno e in bicicletta per
spostarsi nella grande città e muoversi in piena libertà senza vincoli,
restrizioni e balzelli, si portano una piccola bicicletta nel baule della
macchina per parcheggiare il mezzo ingombrante ai limiti del traffico ed addentrarsi senza il
delirio delle code. Questi individui
destinati una probabile futura sopravvivenza cominciano ad elaborare il
concetto che spostarsi senza ausili a motore è possibile. Senza sforzi
eccessivi e a bassissimo costo. Altri invece continuano imperterriti a sedersi
al volante di automobili per spostamenti di pochi chilometri. E non sopravvivranno.
L’autostop 2.0
E’ ritornato in auge il sistema
dell’autostop. Non si tratta più di caricare giovani barbuti con il pollice a moto oscillante, ma di digitare
il proprio tragitto abituale o occasionale su una piattaforma condivisa e
aspettare che qualcuno scelga di rinunciare alla sua macchina e fare il viaggio
con voi. Il classico “mi dai uno strappo visto che vai da quelle parti”.
Le regole del gioco prevedono che
l’autista possa chiedere un minimo di contributo rapportato alla distanza
percorsa e parte delle spese sostenute (calcolate automaticamente dal sistema),
ma per rimanere fedele all’etica dell’autostop dovrebbe ricambiare con un sorriso
e un arrivederci. Ma coi tempi che corrono.
L’usuale e proverbiale diffidenza
reciproca fonte di dubbi che attanagliavano il passeggero e il guidatore nei
pochi istanti che intercorrevano tra la frenata e la salita dell’autostoppista
dovrebbero essere ora dissipati dalla possibilità di vedere in anteprima la
faccia del conducente e dell’occasionale passeggero, sapere chi è, cosa fa e
dove abita. Il sistema non difetta di certi accorgimenti di marketing come la possibilità
di sapere in anticipo se i fumatori e gli animali sono graditi, la musica che
si ascolta e gli argomenti preferiti.
Bello, ma non funzionerà. Ci sono
stati in passato altri sistemi simili, ma non hanno avuto successo. Il motivo?
Oggi sono ancora troppi quelli che sano disposti ad offrire il passaggio e
troppo pochi quelli disposti ad accettarlo. Ma l’evoluzione di cui si è parlato
prima potrebbe fare cambiare le cose a breve.
L’odio di classe
Il Corriere della Sera, all’interno
della sacrosanta edizione milanese, ospita regolarmente molte lettere che
illustrano la feroce guerra in atto tra pedoni e ciclisti. O meglio della
guerra che i pedoni vorrebbero muovere ai ciclisti rei di fregarsene delle leggi del
traffico ed attentare alla vita dei passanti, gli unici titolati all’uso del
marciapiede. Sarà anche vero. Non
sarebbe saggio negare l’esistenza di qualche scalmanato. Ma un fatto al quale ho assistito alcuni
giorni fa in una città lombarda egualmente assillata dai problemi di un
traffico caotico e una mobilità demenziale mi ha dato un pretesto per, non dico
schierarmi dalla parte dei ciclisti indisciplinati, ma per invitare il pedone
ad essere più comprensivo nei confronti di questi. La signora attrice nella
pantomina alla quale ho assistito, ha mandato male parole all’indirizzo di uno
dei rari ciclisti in circolazione che le
è sfrecciato acconto sul marciapiede, peraltro largo, ma senza minimamente
sfiorarla. Purtroppo la signora non ha valutato attentamente il contesto in cui
si trovava: una strada completamente intasata di macchine, camion e furgoni che
avanzano incolonnati coi motori accesi. Vi lascio immaginare come saranno stati
contenti i polmoni della iraconda signora. Ci pensi signora: se tutti quelli
chiusi in quelle macchinette puzzolenti fossero ciclisti, come quello oggetto
delle sue ire, l’aria che respira lei, i
suoi figli e i suoi nipoti sarebbe migliore di quella di adesso. Che fa pure
male.