mercoledì 19 settembre 2012

Considerazioni sulla mobilità sostenibile



L’evoluzione della specie.

Darwin fu messo a dura prova quando dovette fornire riscontri attendibili sulla durata del processo evolutivo della specie. Ma quantomeno  si parlava di centinaia di migliaia di anni. Oggi è possibile assistere ad un inedito processo evolutivo, o per meglio dire, assistere a come all’interno della stessa specie alcuni individui riescano a sopravvivere adattandosi al mutato contesto mentre altri, meno duttili, soccombono. Il tutto nel giro di pochi anni. Alcuni esemplari della razza umana stanno abituandosi  a muoversi riacquistando l’uso dei mezzi propri, ovvero camminano invece di andare in macchina, vanno in bicicletta, anzi in treno e in bicicletta per spostarsi nella grande città e muoversi in piena libertà senza vincoli, restrizioni e balzelli, si portano una piccola bicicletta nel baule della macchina per parcheggiare il mezzo ingombrante ai  limiti del traffico ed addentrarsi senza il delirio delle code.  Questi individui destinati una probabile futura sopravvivenza cominciano ad elaborare il concetto che spostarsi senza ausili a motore è possibile. Senza sforzi eccessivi e a bassissimo costo. Altri invece continuano imperterriti a sedersi al volante di automobili per spostamenti di pochi chilometri. E non sopravvivranno.

L’autostop 2.0

E’ ritornato in auge il sistema dell’autostop. Non si tratta più di caricare giovani barbuti con il pollice a moto oscillante, ma di digitare il proprio tragitto abituale o occasionale su una piattaforma condivisa e aspettare che qualcuno scelga di rinunciare alla sua macchina e fare il viaggio con voi. Il classico “mi dai uno strappo visto che vai da quelle parti”.
Le regole del gioco prevedono che l’autista possa chiedere un minimo di contributo rapportato alla distanza percorsa e parte delle spese sostenute (calcolate automaticamente dal sistema), ma per rimanere fedele all’etica dell’autostop dovrebbe ricambiare con un sorriso e un arrivederci. Ma coi tempi che corrono.
L’usuale e proverbiale diffidenza reciproca fonte di dubbi che attanagliavano il passeggero e il guidatore nei pochi istanti che intercorrevano tra la frenata e la salita dell’autostoppista dovrebbero essere ora dissipati dalla possibilità di vedere in anteprima la faccia del conducente e dell’occasionale passeggero, sapere chi è, cosa fa e dove abita. Il sistema non difetta di certi accorgimenti di marketing come la possibilità di sapere in anticipo se i fumatori e gli animali sono graditi, la musica che si ascolta e gli argomenti preferiti.
Bello, ma non funzionerà. Ci sono stati in passato altri sistemi simili, ma non hanno avuto successo. Il motivo? Oggi sono ancora troppi quelli che sano disposti ad offrire il passaggio e troppo pochi quelli disposti ad accettarlo. Ma l’evoluzione di cui si è parlato prima potrebbe fare cambiare le cose a breve.
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L’odio di classe

Il Corriere della Sera, all’interno della sacrosanta edizione milanese, ospita regolarmente molte lettere che illustrano la feroce guerra in atto tra pedoni e ciclisti. O meglio della guerra che i pedoni  vorrebbero muovere  ai ciclisti rei di fregarsene delle leggi del traffico ed attentare alla vita dei passanti, gli unici titolati all’uso del marciapiede.  Sarà anche vero. Non sarebbe saggio negare l’esistenza di qualche scalmanato.  Ma un fatto al quale ho assistito alcuni giorni fa in una città lombarda egualmente assillata dai problemi di un traffico caotico e una mobilità demenziale mi ha dato un pretesto per, non dico schierarmi dalla parte dei ciclisti indisciplinati, ma per invitare il pedone ad essere più comprensivo nei confronti di questi. La signora attrice nella pantomina alla quale ho assistito, ha mandato male parole all’indirizzo di uno dei rari  ciclisti in circolazione che le è sfrecciato acconto sul marciapiede, peraltro largo, ma senza minimamente sfiorarla. Purtroppo la signora non ha valutato attentamente il contesto in cui si trovava: una strada completamente intasata di macchine, camion e furgoni che avanzano incolonnati coi motori accesi. Vi lascio immaginare come saranno stati contenti i polmoni della iraconda signora. Ci pensi signora: se tutti quelli chiusi in quelle macchinette puzzolenti fossero ciclisti, come quello oggetto delle sue ire,  l’aria che respira lei, i suoi figli e i suoi nipoti sarebbe migliore di quella di adesso. Che fa pure male.